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Scintille e scuola Eriksson: la grande Inter di Inzaghi è nata dal bisticcio con Conceicao

Scintille e scuola Eriksson: la grande Inter di Inzaghi è nata dal bisticcio con ConceicaoTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
ieri alle 07:00Serie A
di Ivan Cardia
fonte Inviato a Riyadh

Sven-Goran Eriksson, se si doveva arrabbiare, diventava tutto rosso e alla fine perdonava. Alla vigilia di Inter-Milan, finale di Supercoppa italiana, il maestro buono di una Lazio da duri, è stato protagonista. Un bel modo di tenere tutto insieme. Sergio Conceiçao lo ha ricordato così: una persona buona, che faticava ad arrabbiarsi. Simone Inzaghi, non per la prima volta, ha ricordato senza che neanche fosse necessario chiederlo quanto lo svedese sia stato centrale per la crescita di tanti allenatori. È un caso di studio, considerando che c'è anche Simeone. Non era uno spogliatoio facile: non si arriva ai tempi di Maestrelli, ma era un gruppo di duri. Non tutti dolci di sale, e infatti in molti non si stanno simpatici a distanza di anni.

Inzaghi e Conceicao, per esempio: si ritroveranno abbracciandosi, ma due anni fa il portoghese rifiutò di stringere la mano al collega. E pensare che il coro più famoso della sua avventura laziale nacque proprio dopo un cross per Simone. E pensare che due dei quattro gol al Marsiglia di Inzaghi furono su assist di Sergio. Altri tempi. E quante coincidenze: nel 2023, fu di Mehdi Taremi il palo dello scandalo. L'ultimo brivido del Dragao mandò l'Inter, vincente all'andata per 1-0, ai quarti di finale di Champions, sulla strada di Istanbul.

Nacque la grande Inter di Inzaghi. Nei vari appuntamenti con i cronisti, il tecnico nerazzurro ha spesso risposto che la sua squadra nasce da lontano, dall'inizio del percorso. Vero, ma quello di Porto fu un passaggio chiave: Simone era nel mezzo della tempesta. Vi sarebbe rimasto fino ai quarti col Benfica, ma una sconfitta in terra portoghese avrebbe scritto la parola fine sulla sua avventura nerazzurra. Al tiro di Taremi, era l'allenatore di Schrödinger: esonerato e confermato allo stesso tempo. Perché a volte lavoro e meriti cedono spazio alla fortuna: il resto è storia, recente.

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