Tomori, Richarlison, il calcio inglese. Giraldi si racconta: "Che rimpianto Kim"
Filippo Giraldi si racconta ai microfoni di 'Tuttomercatoweb'. Otto anni nell'organigramma del Watford della famiglia Pozzo - prima come responsabile scouting, poi come direttore tecnico - Giraldi nella scorsa stagione è stato il direttore sportivo del Nottingham Forest.
L'abbiamo incrociato a Londra e con lui abbiamo parlato delle differenze che oggi ci sono tra calcio inglese e italiano, ma ci ha svelato anche diversi aneddoti di calciomercato. "In questa nuova generazione di calciatori inglesi c'è un talento particolare, anche se i difensori non hanno la stessa qualità di centrocampisti e attaccanti. Non vedo in difesa lo stesso talento dei Bellingham, dei Rice, dei Rashford. Storicamente all'Inghilterra è sempre mancato l'ultimo passo. Anche ai tempi di Gerrard e Lampard ci si chiedeva: 'Come fanno a non vincere?' E oggi la musica non è poi troppo cambiata. Questa squadra è figlia della squadra che ha vinto il Mondiale Under 20, è stato fatto un percorso e ora stanno raccogliendo un po' i frutti di quel lavoro".
Hai lavorato e vissuto tanti anni in Premier. Qual è il segreto di questa lega che ormai da tempo è la numero uno al mondo?
"Avere una visione di lunga termine. La Premier League a un certo punto ha deciso di diventare l'NBA del calcio e quindi c'è stato un lavoro sugli stadi, sulle infrastrutture. In Inghilterra ci sono squadre in Championship che hanno gli stadi sempre pieni, in terza divisione c'è il Derby County che fa tutte le partite 35-40mila spettatori. C'è una cultura dell'accoglienza dello spettatore che favorisce il fatto che lo spettacolo venga vissuto in maniera differente. Intensità, poche perdite di tempo: si vuole offrire un prodotto che possa piacere alla gente. Noi italiani abbiamo una creatività, una fantasia e un talento che il mondo ci invidia. Lo abbiamo in mille campi e anche nel calcio, ma lo stiamo un po' perdendo. Bisognerebbe ritrovarlo senza sentirsi bravi. Bisognerebbe dirci: 'Bene, siamo rimasti uno-due passi indietro. Diamoci da fare e cerchiamo di recuperare il terreno'. Vedo del talento, anche negli allenatori e De Zerbi è solo l'ultimo esempio. Abbiamo del valore, ma dobbiamo canalizzarlo nella maniera giusta. Il Viola Park è un buon segnale perché anche il dove vado a lavorare è importante. Vedo settori giovanili di squadre di Serie A che si allenano in tre-quattro campi differenti, ma ci deve essere senso di appartenenza e queste cose lo creano. Possono essere un volano per la ripartenza".
Hai trattato tantissimi giocatori in Inghilterra: qual è l'acquisto di cui vai più fiero?
"A volte sei orgoglioso di un acquisto non tanto per il talento che esprime ma per ciò rappresenta in quel momento per la tua squadra. Riuscire a trovare il pezzo mancante del puzzle ti dà una soddisfazione molto più grande di quella che può essere la ricerca del talento puro. Il direttore sportivo deve pensare alla costruzione della squadra nella globalità e a me, per esempio, ha dato grande soddisfazione l'acquisto di un calciatore come Etienne Capoue. Giocatore sottovalutato, ma per me è uno dei più grandi centrocampisti degli ultimi dieci anni. Sono contento che dopo il periodo con noi al Watford sia riuscito a vincere l'Europa League al Villarreal e a vincere il premio di miglior giocatore di quella competizione perché se lo meritava. Averlo aiutato a raggiungere questo traguardo è stato una grande soddisfazione. Poi a livello di talento puro si possono fare tanti nomi: Deulofeu, Sarr, Joao Pedro, Richarlison..."
Quest'ultimo è stato la vostra più grande plusvalenza al Watford
"E' rimasto con noi solo un anno. Siamo stati forse la prima società inglese a portare un giocatore direttamente dal Brasile senza un passaggio intermedio in altri campionati europei. Lui doveva andare all'Ajax, poi intervenimmo e arrivò da noi con un impatto subito eccezionale".
L'acquisto mancato legato alla Serie A?
"Il giocatore a cui siamo stati davvero vicinissimi e con cui abbiamo avuto contatti quotidiani sia col ragazzo che con gli agenti è stato Kim min-jae. Con lui eravamo davvero a un passo quando giocava ancora in Corea: mi fu segnalato tramite gli osservatori e mi innamorai, una capacità di recupero incredibile e una personalità di alto livello. Siamo arrivati davvero agli step per la firma, ma in quel momento il Jeonbuk decise di non disattendere un accordo che già aveva preso col Beijing Guoan: il ragazzo fu rispettoso e andò in Cina. Anche quando era lì ripresi i contatti, ma in quel momento lì noi non potevamo fare l'operazione".
Anche Tomori fu a un passo dal Watford
"Sì, lo è stato. Era reduce dal prestito al Derby County, fece un campionato normale e in quel momento lì sono stato in stretto contatto col suo procuratore per farlo. Sembrava fosse una cosa che si sarebbe fatta, ma poi in quel momento storico optammo per altre scelte".