Dal Pino: "Quella con Agnelli non fu una cena segreta. Aveva una finalità importante"
Paolo Dal Pino, ex presidente della Lega Serie A, è intervenuto a Radio Gr Parlamento durante la trasmissione La Politica nel pallone, per parlare di molti temi d'attualità. Di seguito le sue dichiarazioni:
Si è pentito di aver lasciato la carica di presidente della Lega Serie A?
"No, non ci si pente mai delle scelte ben ponderate. Va benissimo così, avevo altre cose in programma, quella è stata una bella esperienza".
Come sono stati i due anni di presidenza?
"Sono stati due anni estremamente interessanti, molto particolari. Mi sono confrontato con una realtà nuova, a cui ho cercato di applicare metodologie di lavoro aziendali, che mi hanno accompagnati nei miei anni di carriera. Purtroppo dopo un mese e mezzo che fui nominato è scoppiato il Covid e quindi sono stati momenti intensi. Abbiamo discusso più di protocolli medici, di riuscire a giocare partite di calcio, che di altro, però è stato un periodo estremamente involving da un punto di vista di risultati, di riuscire a terminare il campionato in situazioni di grande difficoltà, di riuscire a pianificare delle idee, che poi sono rimaste patrimonio della Lega, su cui provare a ragionare per un futuro diverso del calcio. Ricordo in ogni caso soltanto cose costruttive e belle".
Cosa le è rimasto maggiormente nel cuore?
"Quando ho accettato di diventare presidente della Lega Serie A mi erano chiari i temi fondamentali su cui provare a ragionare perché erano abbastanza evidenti ad occhio nudo, erano due temi di fondo: uno riguardava il sistema Serie A, fortemente indebitato, che aveva bisogno di risorse ed il secondo invece che era necessario apportare dei cambiamenti alla governance per far sì che la parte media, di valorizzazione dei diritti sportivi, riuscisse a lavorare indipententemente dalla parte sportiva. Dal mio giorno di insediamento io dissi subito: 'Trasformiamo la Serie A in una media company'. Queste parole evidentemente echeggiarono ai fondi d'investimento perché, pochissimo dopo queste mie dichiarazioni, fui contattato da fondi d'investimento, fondi di private equity che, vedendo la possibilità che si realizzasse un progetto imprenditoriale serio intorno ai diritti televisivi, iniziarono a fare proposte. E poi, come sapete, abbiamo avuto tutti i più grossi private equity al mondo che hanno iniziato a tentare di entrare in Serie A, comprandone il 10%, mettendo sul piatto circa un miliardo e 700 milioni di euro più finanziamenti per un altro miliardo al tasso 0,5. Era una valorizzazione soprattutto del sistema calcio in quel momento di circa 17 miliardi per la Serie A, che dava, per la prima volta nella storia, un valore al nostro calcio. Era una fase in cui la media company che avrebbe risolto il problema della governance e avrebbe soprattutto risolto il tema di fondo, che è quello industriale, di avere un controllo del prodotto calcio, che vuol dire fare un proprio canale e controllare il proprio contenuto. Dall'altro lato significava avere risorse disponibili per finanziare il sistema con equity, con patrimonio e non con debiti, visto che era già altamente indebitato".
Qual è la sua versione sulla cena segreta a casa Agnelli del 2021 alla quale partecipò?
"Non fu minimamente una cena segreta, nel senso che di incontri così ce ne sono stati tanti. Quell'incontro, quella cena aveva una finalità, un obiettivo importante in quel momento storico, infatti era un incontro che poteva essere foriero di risultati positivi per la Serie A perché si inquadra quelli che erano i meccanismi di blocco della Serie A, che erano scaturiti a seguito del blocco del progetto dell'operazione fondi perché, lo sapete, è stata approvata un'operazione nelle riunioni fino a che è arrivata al punto finale nel febbraio 2021 e, quando si è arrivati alla parte contrattuale, non siamo nemmeno andati ai voti perché c'è stato uno scontro con 7 squadre, tra cui la Juventus e l'Inter che, probabilmente, causa Superlega, hanno cambiato opinione sulla validità del progetto fondi. In quello stesso periodo ci fu l'asta per i diritti televisivi, portata avanti dall'ad, in cui si contrapponevano DAZN e Sky. Ci furono mesi molto difficili, vi ricordate, in cui sostanzialmente l'Assemblea si staccò e, da una fase in cui per un anno avevamo ragionato perlomeno in 15-16 squadre molto allineate sulla progettualità strategica della Lega, quindi fare la media company, nuova governance e ingresso dei fondi di private equity, ci siamo trovati con una sorta di disintegrazione con l''asta dei diritti ha portato alla scelta DAZN che è stata conflittuale. Iniziai a fare assemblee una volta la settimana in presenza del notaio. Fu un periodo molto teso, in cui sostanzialmente si bloccarono tutti i discorsi strategici della Serie A con un clima di conflittualità molto alto".
Chi c'era a quella cena?
"Agnelli, Percassi, Scaroni, Fenucci con Saputo, Preziosi con un rappresentante di 777 Partners, che aveva appena acquistato il Genoa. Questi sono i nomi che mi ricordo. Quella era un'occasione in cui si cercava di trovare attorno a un programma di rilancio, che partiva perlomeno intorno al concetto di fare la media company, di riuscire a far ripartire all'interno della Lega un pensiero strategico costruttivo, mentre per alcuni mesi c'era stato soltanto un discorso distruttivo".
Che effetto le fa l'inchiesta Prisma?
"Sono molto sincero. Al di là della chiacchierata fatta oggi, ho seguito veramente molto poco tutto quanto. Soltanto perché si era parlato di quella cena ho seguito, ma, stando a nove ore di fuso e occupandomi di tutt'altro, ho seguito molto molto poco le vicende del calcio da quando sono uscito. Ovviamente mi dà comunque molto dispiacere perché continuo a vedere notizie 'negative', che non portano a una creazione di un percorso virtuoso. Io sono rimasto con negli occhi l'immagine, perché ci ho creduto davvero, di riuscire a trasformare il calcio italiano ed ho creduto davvero di riuscire a mettere la Serie A su un percorso virtuoso. Leggere notizie, in cui si riporta di squadre che sono nella posizione in cui è oggi la Juventus, è una cosa che evidentemente fa male, ma penso che faccia male a qualsiasi sportivo".
Che effetto le ha fatto trovarsi di fronte ad un mondo artefatto dal grande potere degli agenti?
"Gli agenti sono uno dei tanti temi perché ce ne sono molti altri, e qui mi fermo, di tematiche critiche che possono e devono essere riformate. Noi ne abbiamo discusso molte in Serie A, ma è un tema che non deve essere discusso a livello di Serie A, piuttosto a livello di sistema. Anche in FIGC abbiamo discusso varie volte di porre un tetto alle commissioni per gli agenti, ne abbiamo discusso in varie riunioni. Ma anche la FIGC non è il terreno corretto perché è un tema internazionale. Quando si parla di procuratori si parla di mercato internazionale e la regola deve essere a livello UEFA o superiore. Deve esserci un'intenzione chiara e forte di regolarlo, dopodiché è evidente che ci sono i comportamenti. Se uno gestisce un'azienda ci si aspetta che ci siano sempre dei comportamenti corretti e tesi a valorizzare la propria realtà".
Se ci fosse stato un grande dirigente del calcio italiano come Galliani, avrebbe potuto aiutarla?
"Giusta domanda perché Galliani è un presidente illuminato, ha fatto tanto per il calcio italiano. Ha vinto molto, ma soprattutto ha anche un lato media, che gli viene dal gruppo Fininvest, che è parte del proprio DNA, lato della gestione di un'azienda media. Mi sarebbe piaciuto molto averlo all'interno del gruppo dei presidenti, ma è comunque oggi in Serie A ed è un bene per la Serie A che sia lì e che sia in grado di contribuire nella realtà attuale. Spero solo che la Serie A riesca ad andare molto bene e trovare un futuro brillante. Galliani contribuirà di sicuro oggi".
Tornerebbe a fare il presidente della Lega Serie A per riportare i fondi in Italia?
"No grazie (ride, ndr). Mi sono dimesso l'1 febbraio e ho fatto una lettera. Credo che abbia riassunto tutti quelli che erano i punti principali... Mi mancano i miei colloqui con Gravina in Via Allegri, a cui sono legato da profonda amicizia, ma per il resto sono felice di quello che è successo ed auguro il meglio ai vertici. Credo che sul fronte media company sia stato fatto un grande lavoro dal nostro ad Luigi De Siervo, che è ancora oggi lì, con il centro di Lissone, il broadcasting center... Oggi ci sono tutti gli strumenti perché i vertici e gli amministratori attuali possano far andare avanti il progetto se ci credono, oppure se hanno altri progetti per la loro idea del calcio hanno comunque tutti gli strumenti per andare avanti. Sono certo che faranno bene".
Quanti soldi sarebbero arrivati in Italia con i fondi?
"Noi avremmo avuto un miliardo e 700 milioni di euro all'interno della Lega, più finanziamenti allo 0,5 circa per un altro miliardo. Questi erano i valori di cui stavamo discutendo, cedendo il 10%. Non è importante quanto vali oggi, ma quanto domani varrai se sei in grado di fare con i soldi gli investimenti giusti e dare i ritorni che il settore merita".
Il mondo dei fondi può trasportare questo tipo di meccanismo in altri paesi?
"Nel mio Brasile anche lì sono in una negoziazione esclusiva con un grosso fondo di private equity per farlo entrare nella costituenda Serie A brasiliana. Sapete in Spagna è successo poco dopo che saltò il nostro progetto. Hanno fatto un investimento sostanzialmente sullo stesso modello che avevamo lavorato noi per circa un anno, se ne parla in Francia e in Germania... Credo che portare una professionalità, una serietà di gestione all'interno di un'associazione come una Lega di A, in qualsiasi paese sia, non possa far altro che creare del valore".
L'inchiesta Prisma è analizzata negli Stati Uniti?
"Non ho visto niente. Io leggo i giornali su internet. Il tema Juventus, il tema UEFA l'ho visto da qualche parte, ma... La California è un mondo particolarmente lontano. Questo però è un mondo che può offrire moltissimo al calcio ed è molto importante che vengano organizzati qua i Mondiali perché può dare un impulso al sistema calcio senza precedenti. Sì, è vero che ci sono già stati dei Mondiali che tutti ricordano per il rigore (quello sbagliato di Baggio, ndr), ma è anche vero che oggi qui il calcio è a dei livelli totalmente diversi ed è per il sistema calcio un'opportunità unica, anche inquadrato negli investimenti. Lasciamo da parte i fondi, avete visto quanto negli ultimi anni ci siano stati investimenti da parte di investitori professionali in club, quindi l'attenzione sportiva e finanziaria con i prossimi Mondiali credo che sarà ancora più alta".
Era riuscito ad attrarre l'attenzione dei fondi per il business Serie A. Questa inchiesta quanto li allontana a livello temporare la loro attenzione per il futuro?
"Non ha un impatto, nel senso che queste sono tematiche che riguardano singole società. Il fondo d'investimento valuta altro evidentemente, ovvero il potenziale delle società che sono parte del campionato e la possibilità di creare valore con il progetto media company nella gestione dei diritti televisivi. Se ci fossero realtà diverse dall'attuale, in termini di composizione, è un conto, ma restando con la composizione attuale delle squadre non vedo un motivo per cui un fondo non debba avere interesse. Cambiano casomai le valutazioni, ma non cambiano in relazione ad una situazione specifica come questa. Se cambiano lo fanno in funzione di quelle che sono le prospettive di guadagno future con il prossimo bando dei diritti televisivi, sarà quello che andrà a determinare il nuovo valore della Serie A".