Dal funerale al -1: Inter, perché si parla sempre e solo di Inzaghi. Specie quando perde
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“Questa volta sono stato contento che si parlasse solo ed esclusivamente di me”. Simone Inzaghi al centro dell’Inter, quando vince e molto spesso quando perde. Il diretto interessato lo ha ricordato dopo il successo sulla Fiorentina, che ha rappresentato il riscatto dopo il 3-0 del Franchi e soprattutto consentito di riportarsi subito a un solo punto dal Napoli di Antonio Conte, primo in classifica ma che assicura di correre solo per l’Europa.
Perché si parla solo di Inzaghi. Onori e oneri, si direbbe. Anche senza la gestione mediatica tesa al massimo protagonismo - anzi - tipica di altri colleghi (Mourinho, ma anche lo stesso Conte tra gli esempi eccellenti), Inzaghi finisce per essere costantemente al centro del dibattito attorno all’Inter. Fisiologico, per un allenatore del calcio moderno, nel quale la figura del tecnico è diventata sempre più centrale: questione di tattica, di turnover vissuto come una costante, di prestazioni fisiche dei calciatori ormai talmente ravvicinate da rendere un dettaglio l’elemento che fa la differenza. Patologico, se si considera che Simone finisce quasi per essere spesso il parafulmine delle sconfitte, mentre nelle vittorie accade che i singoli gli rubino la scena: a Firenze ha perso lui, a Milano ha vinto Arnautovic. Non è così semplice.
È l’Inter di Inzaghi, più di tutti. Il punto sta proprio qui, e non è un caso che, proprio dopo il successo sui viola, il tecnico piacentino sia tornato a ricordare le sfide accolte quattro anni fa, quando proprio Conte è scappato e iniziava la crisi di Suning culminata col passaggio a Oaktree. Se questa sarà l’ultima stagione, come qualcuno ipotizza, lo dirà solo il tempo. I risultati, però, dicono che l’Inter dell’ultimo quadriennio è più di Inzaghi che di chiunque altro, persino di Marotta o di Ausilio che sul mercato hanno spesso fatto le nozze con i fichi secchi (buonissimi, peraltro). È suo lo scudetto buttato via, è sua la finale di Champions, è suo lo scudetto della seconda stella: è la condanna e la fortuna di un allenatore che ha in mano una fuoriserie soprattutto perché l’ha portata lui a correre a mille all’ora, e quando sbanda ormai sorprende.
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