
Padova, che succede? La FIGC anticipa la stretta, ma punta al taglio: forse è inevitabile, va fatta per bene
Pareggiare in casa dell’Atalanta Under 23, si può. Pareggiare dopo due sconfitte nelle precedenti, un po’ meno. Il Padova è in piena crisi da braccino e adesso è addirittura secondo in classifica nel girone A: grandi meriti al Vicenza, che non ha mai mollato neanche quando sembrava francamente solo questione di tempo per la promozione dei corregionali. Soprattutto dopo il derby, sarebbe stato comprensibile tirare i remi in barca e pensare ai playoff. E invece… Adesso il Padova rischia, perché finire secondi dopo essere stati primi per tutto il campionato potrebbe essere un contraccolpo psicologico mica da poco.
La settimana si è aperta con il primo consigliere federale dopo l’esclusione di Taranto e Turris. La novità è una via di mezzo: la stretta sui controlli per l’ammissione al campionato è anticipata di un anno rispetto al piano strategico, entrerà in vigore dal 2026. Sarà un passo in avanti, il vero tema è irrigidire ulteriori controlli: l’obiettivo, neanche celato, di Gravina è intervenire sulle compravendite in corso di stagione, il grande e grosso problema. È meritevole: in settimana abbiamo registrato l’ennesimo cambio di proprietà che lascia meno tranquilli di prima, i nomi spesso sono sempre gli stessi. Ma non sarà così semplice, codice civile alla mano.
Il tema di fondo per Gravina, per ora nemmeno troppo discusso perché tanto si arriva allo scontro, è una riduzione dei club professionistici. E la Serie C, quando si discute dell’argomento, finisce sempre per essere la grande indiziata. Con poca memoria storica, visto che è l’unico campionato che storicamente ha dato disponibilità in tal senso e le cose non sono mai cambiate. Forse è inevitabile: cento squadre professionistiche sono troppe, e oggettivamente la C di oggi mette insieme troppe situazioni diverse da loro, un mare magnum molto difficile da gestire per chiunque. Però, se proprio si deve, è da fare per bene.
Chiariamo cosa intendiamo: anzitutto, se sono tantissime 60 società in C, sono tante anche 20 in A. Non si può far finta di niente. In secondo luogo, la C negli anni ha dato disponibilità - a differenza di altri campionati - ad accogliere le seconde squadre. Il favore crediamo sia più mutuo che reciproco, perché fanno bene al calcio sul lungo periodo, però in un campionato ridotto ci sarebbe da capire dove metterle. Ultimo non ultimo, anzi prima di tutto: a riformulare i campionati ci si arriva per un confronto interno, che parte dall’idea di fare le cose insieme, per il bene di tutti. E con un progetto che parta dalla sostanza, non dalle spartizioni di poltrone o da calcoli sui complicati meccanismi elettorali. Rispettando il ruolo, sia storico sia attuale, di tutti, e la dignità di ciascun campionato. Sono le basi di partenza, un grande discorso costituente che a oggi è il principale assente nel dibattito sulla riforma. Se si inizia così, si può poi discutere di qualsiasi soluzione.







