ESCLUSIVA TB - Di Carlo: “Mantova, in casa hai l’uomo in più. Samp da risollevare, e che peccato per quel preliminare di Champions… Spezia, brava la società a credere in D’Angelo. Mi sbilancio: Cesena rivelazione. Frosinone, tifo per te”
Il dodicesimo uomo del Mantova, la Samp da risollevare, la cura D’Angelo a La Spezia, il Cesena possibile sorpresa e il tifo per la squadra della propria terra: di questo e altro ha parlato Mimmo Di Carlo ai microfoni di TuttoB.
Mister, trova analogie tra il Mantova attuale e quello che, sotto la sua guida, conquistò la promozione in Serie B per poi sfiorare l’anno seguente la A?
“Solo in parte, anche perché il Mantova viene dalla vittoria del campionato, noi invece salimmo in B attraverso i playoff. Ad ogni modo il presidente Piccoli ha fatto un capolavoro, insieme al ds Botturi che ha costruito un gruppo di giocatori affamati e tecnici; Possanzini, poi, è stato molto bravo a mettere in campo le proprie idee. Tutto ciò ha ridato fiducia e fiato a una tifoseria che ha risposto presente, come sempre accade quando le cose sono fatte bene da gente seria. E io che conosco bene i mantovani so che al ‘Martelli’ sono l’uomo in più”.
Malgrado l’avvio incerto, ritiene che la Sampdoria sia in grado di competere per la promozione diretta?
“Quest’anno ha fatto un mercato importante, tuttavia è vero che l’avvio non è stato all’altezza delle aspettative. Purtroppo Pirlo non ha avuto tempo e adesso tocca a Sottil risollevare una squadra che ha grande qualità e due attaccanti di spessore, capaci di spostare gli equilibri. Il nuovo tecnico dovrà trasmettere ai giocatori quell’atteggiamento che serve per vincere in Serie B”.
Un tuffo nel passato. Dove sarebbe arrivata la sua Samp se, a stagione in corso, non fossero stati ceduti Pazzini e Cassano?
“Ci saremmo sicuramente salvati. Malgrado tutto, quello fu un anno bellissimo perché disputammo i preliminari di Champions League, venendo eliminati solo ai tempi supplementari nel doppio confronto con il Werder Brema. Avessimo centrato la qualificazione sarebbero arrivati 3-4 rinforzi, invece la squadra rimase quella. E fino a un certo punto del campionato avevamo fatto anche abbastanza bene, poi è ovvio che perdendo due pesi massimi come Pazzini e Cassano, sostituiti con attaccanti che non giocavano, sarebbe andato in difficoltà chiunque… La società pensò di poter migliorare cambiando allenatore, invece, nonostante io avessi fatto 31 punti e mancassero 10 giornate al termine del campionato, chi prese il mio posto ne raggranellò solo 5, non riuscendo a evitare la retrocessione in Serie B”.
La meraviglia il primo posto, sia pure in coabitazione con altre due squadre, dello Spezia?
“L’anno scorso lo Spezia ha pagato la retrocessione e Alvini, che è un buon allenatore, ne ha fatto le spese. Quando retrocedi si vengono a creare mille problematiche, l’ambiente è impregnato di negatività, e se non si riesce a trovare subito l’incastro tra i giocatori vecchi e quelli nuovi si fa fatica. Infatti lo Spezia ha tribolato tutto l’anno. È arrivato mister D’Angelo, gran lavoratore e grande persona, che ci ha messo un po’ di tempo per raddrizzare la situazione ma è riuscito a salvare la squadra all’ultima giornata. Brava la società a dare fiducia all’allenatore, prolungandogli il contratto, e oggi i risultati sono sotto gli occhi di tutti. La continuità è fondamentale per far crescere una squadra. Adesso è tornato l’entusiasmo e io che sono stato là due anni so quanto spinge quella Curva: diventa dura per tutti giocare al Picco”.
Quale ruolo può ritagliarsi il Cesena?
“Mi sbilancio: sarà la sorpresa del campionato. Come il Catanzaro l’anno scorso e il Sudtirol due anni fa. Il Cesena dispone di due attaccanti di grande valore quali Cristian Shpendi e Kargbo, inseriti nel contesto di una squadra che ha vinto la C totalizzando più di 90 punti. Significa avere delle qualità notevolissime. Toscano ha lavorato bene e adesso Mignani sta proseguendo nel solco tracciato da chi l’ha preceduto”.
Lei è originario di Cassino, in Ciociaria: le hanno mai proposto la panchina del Frosinone?
“No, però mi sarebbe piaciuto. Per un ciociaro è sempre una cosa bella. Io tifo per il Frosinone e sono contento che il club si sia consolidato a cavallo tra la A e la B. Quella è la sua dimensione. E poi lì ci sono grandi uomini come il presidente Stirpe e il direttore Angelozzi, persone che ammiro moltissimo”.
E della squadra di Vivarini che opinione ha?
“Il Frosinone viene da una retrocessione balorda… Da ciociaro ci sono rimasto male, perché era stata fatta una squadra giovane che, salvandosi, avrebbe realizzato un capolavoro, grazie anche alla guida di mister Di Francesco. Purtroppo però i tanti gol incassati e le sconfitte sono costate una retrocessione assurda all’ultima giornata.
Quest’anno il Frosinone deve ritrovare l’equilibrio, forte di un mercato che, specie nel rush finale, ha portato in dote ottimi giocatori. C’è solo bisogno di tempo per crescere e disputare un campionato di vertice”.
Al Vicenza ha avuto alle sue dipendenze Jari Vandeputte: era già così forte?
“Assolutamente sì. Ricordo che il direttore Magalini ai tempi mi parlò benissimo del giocatore, dicendo che era rapido, tecnico e bravo nell’uno contro uno. A noi mancava proprio un elemento con quelle caratteristiche specifiche. Infatti vincemmo il campionato e Jari fu un trascinatore del Vicenza. L’anno dopo, in B, ebbe qualche problema fisico, restò fuori 2-3 mesi e quando rientrò non riuscì ad esprimersi ai suoi livelli. Io su di lui avrei puntato a occhi chiusi… Detto questo, Vandeputte è un giocatore che vuole arrivare in Serie A e prima o poi ci riuscirà perché lavora forte ed è un ragazzo serio”.
Le favorite per la promozione?
“La Cremonese non può sbagliare, era già forte l’anno scorso e quest’anno si è ulteriormente rinforzata. Deve solo infilare una striscia positiva per prendere quota. Poi il Pisa, che sta facendo molto bene con Inzaghi e sarà protagonista fino in fondo, la Samp, il Sassuolo, il Palermo e il Frosinone. Lo stesso Bari ha il dovere di tirarsi fuori da una posizione di classifica che non gli si addice”.