Buon viaggio Raffaele il paradiso degli ultras ti aspetta

 “Parlando con un amico, subito dopo l’incidente, ho scritto che speravo esistesse un Paradiso per gli ultras; mi sbagliavo… il Paradiso degli ultras esiste e continuerà a esistere sino a quando anche una singola persona si ricorderà di te. Buon viaggio Raffa”.

Nella Chiesa Parrocchiale di Sant’Antonino, a dir poco gremita con centinaia di tifosi rimasti fuori, sul sagrato, venerdì si è celebrato l’ultimo saluto a Raffale Carlomagno, il 42enne tifoso della Pro Patria deceduto lunedì all’Ospedale di Novara, dove era stato trasportato lo scorso 25 gennaio a seguito della caduta nel fossato dello stadio “Silvio Piola”.

Alla celebrazione, oltre alla prima squadra biancoblù al gran completo guidata dalla vicepresidentessa Stefania Salmerigo, ha presenziato anche il vigile del fuoco di Novara – visibilmente commosso – che per primo aveva soccorso Raffaele, buttandosi nel fossato: “Ho fatto il possibile” – ha detto ancora commosso.

Una fine assurda, ingiusta, inaccettabile per un ragazzo che, quel maledetto sabato, era semplicemente uscito di casa per seguire la propria passione, per farsi una birretta con gli amici, per passare qualche ora spalla a spalla, per tifare, cantare e arrabbiarsi (“perché tanto la Pro Patria non vince mai”).

Raffa era così: simpatico, ironico, spensierato, scanzonato. Uno che sapeva fare gruppo e sapeva stare in gruppo, in maniera naturale, genuina, semplice, come era lui. A Lonate, pardon a Sant’Antonino dove per gli amici era Carletto, tutti lo conoscevo e tutti gli volevano bene. A Busto dove l’hanno conosciuto per la Pro Patria, l’hanno soprattutto vissuto (“non t’ho visto, ma t’ho vissuto“).

Ma quella coinvolgente e trasbordante voglia di vivere che Raffaele ha sempre saputo sprigionare si è tradotta, all’uscita del feretro dalla chiesa, nell’emozionante saluto con cui i suoi amici biancoblù di curva l’hanno accompagnato, fra cori e torciate, nell’ultimo viaggio.

Un saluto – sicuramente fuori dai clichè tradizionali (nonostante la presenza delle istituzioni, a cominciare dai Sindaci di Busto e di Lonate Pozzolo, autorità e politici, fra cui Paola e Marco Reguzzoni) ma decisamente autentico e vero – al quale hanno  partecipato gli ultras di tutta Italia.

Al funerale hanno infatti presenziato un’infinità di delegazioni: da Trento a Palermo, passando per Sassari (ci limitiamo ad un criterio geografico, perché mancheremmo di rispetto a chi ha macinato chilometri per esserci), le cui attestazioni di vicinanza durante i giorni dell’agonia, ieri al rosario e oggi alla cerimonia hanno abbattuto ogni confine e ogni rivalità (Legnano, Novara, Varese, Lecco), facendo capire come il mondo ultras – troppo spesso criticato per gli eccessi – abbia in realtà i suoi valori, magari diversi ma autentici e genuini.

Quello che è successo a Raffaele – “Sorridente, leale e sincero: Raffa amico e ultras vero” – non ha davvero senso, e mai lo avrà: quel silenzio surreale vissuto a Novara ci accompagnerà per sempre, quelle immagini forti e crude dei primi soccorsi, quegli interminabili momenti d’angoscia nel tunnel degli spogliatoi. No, “non si può morire nel 2025 per una partita di pallone” – in molti ci hanno detto di scriverlo – non si può morire per un fossato anacronistico e primitivo, non si può morire così, non si può.

Ma di una cosa mamma Antonietta e la sorella Nella – ammirevoli nella compostezza del dolore – possono stare certe: Raffa fino all’ultimo è stato circondato dall’affetto di tanti tantissimi amici: quelli dello stadio, quelli del lavoro, quelli d’infanzia, quelli della sua Sant’Antonino, quelli che gli hanno voluto bene, così come era.

Ciao Raffa, fai buon viaggio: ti attende il Paradiso degli ultras