Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendariScommessePronostici
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliaricomoempolifiorentinagenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliparmaromatorinoudinesevenezia
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenafrosinonelatinalivornonocerinapalermoperugiapescarapordenonepotenzaregginasalernitanasampdoriasassuoloturris
Altri canali euro 2024serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
tmw / juventus / Editoriale
Il tabù della vittoria sfatato e l’inutile meravigliarsi del calciomercatoTUTTO mercato WEB
Oggi alle 00:01Editoriale
di Roberto De Frede
per Bianconeranews.it

Il tabù della vittoria sfatato e l’inutile meravigliarsi del calciomercato

“Tutto ciò che non è proibito è permesso.” Friedrich Schiller

Polinesia, isola di Tonga, anno 1777. L’esploratore James Cook ascolta per la prima volta la parola locale “taboo” e la registra nel suo taccuino con il significato di “inviolabile”, “proibito”, “vietato”. Proprio lui che, su commissione della Corona inglese, dopo aver battuto in nave, centimetro per centimetro, il Pacifico dall’Australia alla Nuova Zelanda fino all’Alaska diede il suo cognome alle isole Cook, oltrepassando limiti ritenuti invalicabili. Da quella spiaggia polinesiana dove il capitano approdò quasi per caso, come spesso accadeva, il termine tabù (propriamente andrebbe scritto senza accento) è entrato a far parte di tutte le nostre lingue per indicare una proibizione.

Continassa, quartiere di Torino dal nomignolo spregiativo riferito pare alla dama, ricca ma non nobile, moglie del conte, non avvenente e sfortunata, stagione calcistica 2024-2025. Alla Vecchia Signora Juventus è stato appuntato su un taccuino, si presume da uno spiritello malefico il cui nome resta al momento ignoto, il tabù di vincere. Costui però dovrà essere poco incline alla filosofia freudiana, in quanto per il padre della psicanalisi il fondamento del tabù è sì un'azione proibita ma verso la quale esiste nell'inconscio una forte inclinazione. Ieri pomeriggio contro il Milan l’attitudine alla vittoria bianconera pare abbia ripreso il sopravvento, ricominciando ad oltrepassare colonne d’Ercole che rischiavano di farsi sempre più insuperabili e perigliose.

A pensarci bene, “tàpuin polinesiano significa anche sacro. La Juventus contro il diavolo ha esorcizzato la situazione creata dallo spiritello, ribaltandola, e riprendendosi la vittoria sacra per i colori bianconeri, ha trasformato in sfida vincente ciò che per tante partite era stato solo silenzio e indifferenza. Se proprio qualcosa deve restare del significato popolare di tabù, la squadra può urlare a se stessa “ciò che non si deve più fare” e che il vero divieto per la Juventus torni ad essere quello dei pareggi e delle sconfitte. Che il trionfo sia il totem da esaltare, adorare, elevare alla massima evidenza e cercarlo in ogni partita.

Siamo alla metà di gennaio, in pieno calciomercato, quello cosiddetto di riparazione, ma con l’affaire Kolo Muani pare sia già necessario riparare burocraticamente la riparazione! Cose che capitano. Del resto, già nell’Ottocento, Carlo Dossi insigne esponente della Scapigliatura milanese, scriveva che lo scopo della burocrazia era quello di condurre gli affari dello stato nella peggior possibile maniera e nel più lungo tempo possibile. Non aveva torto. Un giorno pure ci sarà bisogno d'un visto per passare dal 31 dicembre al 1° gennaio.

Quando c’era solo il pallone, il padrone del calcio era lui. E lui, con le sue cuciture, le facce esagonali e il suo aspetto, prima marrone cuoio, poi a scacchi bianchi e neri, era il fulcro centrale di tutto il sistema. Non vi era altro all’interno del rettangolo verde che contasse di più di quella sfera. Non i calciatori, visti inizialmente solo e soltanto come interpreti, non assoluti, di quello che era già un gioco prima ancora di uno sport; non gli allenatori, insigniti della palma del controllo per quella manciata di minuti o evenienza temporale; non il pubblico, pagante o no che fosse, intento a dimenarsi sugli spalti. Così è stato, almeno finché l’ingegno umano, sospinto dall’interesse economico, non fosse utilizzato al fine ultimo di migliorare l’apprendimento e la conoscenza di una materia che si allontana dal rettangolo verde, ma che subdolamente è catalogata nel faldone “calcio”.

Nel 1981 sarebbe stato un tabù vendere o pensare di vendere ad esempio il ventiquattrenne terzino sinistro Antonio Cabrini, forse perché a cederlo sarebbe stata la Juventus Football Club, società calcistica che si interessava massimamente delle azioni in campo; oggi la vendita (probabile) del terzino sinistro ventiquattrenne Andrea Cambiaso (lungi dai paragoni col bell’Antonio, ma è quello che ci passa il convento oggi, il migliore della rosa per tecnica, duttilità e personalità) purtroppo non deve destare alcuna meraviglia, in quanto a firmare il lasciapassare è una Società per Azioni, e qui le azioni interessate purtroppo non sono quelle che fanno sognare i tifosi, quelle che grazie ad un cross di un terzino il centravanti scaraventa la palla in rete, urlando GOL!

Cara Juventus sii sempre te stessa, vincente come ieri nel tuo stadio, combattendo spiritelli e burocrazie, mercati e bancarelle, venditori ambulanti e azionisti con gemelli d’oro. James Cook nei suoi taccuini scriveva: «l'ambizione mi porta non solo più lontano di quanto qualsiasi uomo sia stato prima di me, ma tanto lontano quanto penso che un uomo possa spingersi». Ieri pomeriggio lo sei stata, ambiziosa. Ora che l’hai ritrovata, l’ambizione, non lasciarla mai più.

Roberto De Frede