Genoa, una squadra senza ricambi di più non poteva fare
Mezza partita decorosa, poi il crollo. Il tabù dell'Olimpico non poteva essere scalfito da un Genoa così rimaneggiato, ma forse si poteva pretendere ugualmente una ripresa meno arrendevole.
Vieira stavolta ha dovuto fare di necessità virtù, recuperando in extremis l'acciaccato Miretti e inserendo a centrocampo – per capitan Badelj, ai box – il giovane ed emergente Masini, con Frendrup centromediano metodista.
La Roma, corroborata dalla cura Ranieri è partita forte, ma trovando pane per i suoi denti, anche se la traversa centrata da Dybala su calcio fermo è stata quasi subito un campanello d'allarme. Il Genoa ha retto con le sue solite qualità difensive: raddoppi in ogni zona del campo, attenzione massima, spirito di sacrificio. Poteva, però, durare contro la batteria di campioni schierati da Sir Claudio? Forse sì, ma senza il minimo errore. A commettere il primo ha proveduto al 25' De Winter, mai così farfallone, colpevole nel non bloccare l'iniziativa di Saelemakers, base di lancio per capitan Pellegrini, sul cui tiraccio al volo Leali si è opposto come ha potuto, ma senza intercettare il tap-in del rapace Dovbyk.
Il vantaggio ci poteva stare, pur apparendo tuttavia un castigo esagerato per un Genoa efficace e sveglio. A tal punto da capitalizzare subito dopo una delle rare chances nei pressi dell'aria romanista: corner sontuoso di Miretti (calciato a dovere da un giocatore che da fermo spicca, meno ad azione in corso) e a sorpresa inserimento in area con fucilata al volo di Masini, che ricorderà sinché campa questo suo primo sigillo, pur platonico, in serie A.
Il Grifo però aveva già perso da qualche minuto il suo perno inamovibile in terza linea, Bani, incorso nel... milionesino guaio muscolare della carriera. Sabelli inserito a destra e De Winter spostato in mezzo non avrebbero garantito nel prosieguo identica saldezza, anche se il pari registrato al fischio d'intervallo è stato un parziale più accettabile e non così illegittimo.
Nella ripresa, come sottolineerà mister Vieira in sala stampa, è emersa subito la differenza di classe tra le due formazioni. Il Genoa aveva ormai dato tutto, mentre la Roma poteva trarre nuova linfa dall'innesto di un ex, Stephan El Shaaravy, che ha da tempo un conto aperto con il club che lo svezzò. Col Faraone al posto di Pellegrini, la gara è cambiata e all'ora di gioco è arrivata la sentenza sotto forma di perfido destro a giro dell'attaccante aggiunto, sul quale Leali non poteva opporre resistenza.
Solo in termini matematici il match rimaneva aperto. Vieira, che aveva capito l'antifona e non credeva alla seconda rimonta, al 68' - dopo uno spunto felice di Zanoli senza buon fine - spediva negli spogliatoi lo stesso terzino destro e Thorsby – inutile, a quel punto – per Ekhator, logico rimpiazzo per l'attacco, e – udite udite – un altro esordiente, il diciottenne Venturino, promosso dalla Primavera. Mossa simile a quella compiuta con Kassa due partite prima: tanto per lanciare alla società, in netto ritardo sul fronte del rafforzamento, un messaggio inequivocabile. Questo Genoa vanta dodici-tredici elementi presentabili e appena si deve ricorrere ad altri giocatori mostra tutti i suoi limiti di organico. Una pecca da cancellare nelle prossime due settimane, per evitare di piangere calde lacrime nei mesi conclusivi di stagione.
A quel punto, la partita si è sgonfiata come un palloncino e la Lupa passerà ancora all'incasso sfruttando un maldestro intervento di Leali, che per opporsi a Dybala si è buttato autonomamente la palla nel sacco. E anche in quella circostanza De Winter ha dormito della grossa.
Il segno di resa da parte genoana ha dato la stura ad una girandola di sostituzioni anche sul fronte giallorosso. Accademici gli ultimi venti minuti, trascorsi col solo desiderio che trascorressero presto. Un finale di gara non certo edificante da parte del Grifone, che è sfuggito al dovere di giocarsela sino in fondo e non si è certamente meritato elogi. Nel prossimo week-end, contro il Monza fanalino di coda, non saranno ammessi né distrazioni né cali di tensione.
PIERLUIGI GAMBINO