
Ecco perché Palladino merita già oggi la conferma. Classifiche alla mano: viola mai così vicini alla Champions dal 2016. Pepito day, che show
La sosta per le Nazionali - noiosa come non mai, visto anche il momento d’oro che stava vivendo la Fiorentina - è servita se non altro per fare una serie di focus su tante delle sfaccettature che riguardano la stagione viola: quale dei nove elementi in prestito riscattare, chi provare a rivalorizzare tra i calciatori rientranti che dal 1° luglio saranno di nuovo in rosa e se, soprattutto, stabilire il futuro di Palladino non per quello che è stato fin qui fatto ma solo sulla base di quello che sarà l’epilogo di questa annata (alla luce, cioè, del piazzamento finale in campionato e del percorso in Conference League). Ecco, da qui, da questo tema vogliamo ripartire. Lanciando quella che per qualcuno potrebbe sembrare una provocazione ma che, per chi vi scrive, tale non è: il tecnico viola già oggi merita la riconferma sulla panchina della Fiorentina. E per una serie di semplici motivi.
Pressioni, vittorie sulle big e talenti riscoperti
Intanto perché, a dispetto della sua giovane età, ha dimostrato di saper reggere le pressioni di una piazza complicata come quella di Firenze. Preferendo - tra l’altro - di tornare a confrontarsi con la stampa alle vigilie delle gare di A piuttosto che trincerarsi nel silenzio nei momenti difficili (una “confort zone” gradita tanto al club quanto al suo predecessore). Poi perché è riuscito nell’impresa che solo sei allenatori prima di lui - Bernardini, Hidegkuti, Pesaola, Radice, Agroppi e Trapattoni - erano stati bravi a portare a termine, ovvero quella di battere nello stesso anno Juventus, Inter e Milan peraltro nella stagione in cui sono arrivate otto vittorie di fila come non accadeva dal 1960 (allo score vanno aggiunte le vittorie su Lazio e Roma) e poi perché, è un dato di fatto, è riuscito a valorizzare al massimo buona parte dei giocatori che il tecnico ha avuto modo di allenare. È il caso di De Gea, fermo da un anno (ok, si potrebbe obiettare: qua siamo di fronte a un fenomeno per cui era fin troppo facile riportare il classe ’90 ai suoi livelli), ma anche di Kean (passato da 0 a 20 reti nel giro di pochi mesi), Dodo, Gosens e Comuzzo (il primo andato in Nazionale maggiore per la prima volta in carriera, il secondo tornato a vestire la maglia della Germania dopo tanto tempo, il terzo chiamato per la prima volta in assoluto da Spalletti) e per adesso persino Fagioli, che ha ritrovato il sorriso e sta regalando giocate di cachemire gara dopo gara.
Mai così vicini alla Champions
Ecco, sulla base di queste premesse, del piazzamento in classifica attuale della squadra mai così vicina alla zona Champions negli ultimi nove anni (tre stagioni fa, alla 29a giornata, il 4° posto era distante 10 punti, due annate fa 11, dodici mesi fa 8) e al netto dell’unico vero neo stagionale che è stata l’eliminazione agli ottavi di Coppa Italia (se pur in un contesto assai particolare, dato che la sfida fu giocata a pochi giorni dal malore di Bove), è doveroso oggi spezzare una lancia in favore di Raffaele Palladino al quale - fin da questa estate - era ingiusto chiedere di trasformarsi in una manciata di mesi o in Ancelotti o in Guardiola. Chi credeva che, al netto di una rosa indubbiamente più forte rispetto al passato, l’allenatore (con le sue appena 73 panchine tra i professionisti prima di arrivare a Firenze) sarebbe stato in grado di plasmare una Fiorentina fin da subito competitiva per i piani nobili della classifica era fuori strada. O poco onesto intellettualmente, decidete voi. Le querce, fino ad oggi, non hanno mai fatto limoni.
Rivoluzioni e infortuni
Le due rivoluzioni della rosa operate in estate (undici acquisti e altrettante cessioni) e in inverno (sei innesti e sette addii) sarebbero oltretutto state un compito duro da gestire anche per un tecnico molto più navigato dell’uomo di Mugnano. Se poi ci si aggiungono i tanti (e lunghi!) infortuni con cui Palladino ha dovuto fare i conti (Pongracic, Gudmundsson, Cataldi, Aldi, Colpani…), le attenuanti rischiano di aumentare a dismisura. Per cui sì, lo ribadiamo: Raffaele Palladino merita già oggi la conferma. Nella speranza che dopo un anno di apprendistato (ma la stagione è ancora lunga per cui vediamo cosa riserverà) certi errori commessi - e ammessi - dallo stesso tecnico non vengano più riproposti.
La notte di Pepito
Un post scriptum a questo editoriale lo merita il Pepito Day, evento che vi scrive ha potuto seguire solo alla tv per questioni personali. Il risultato però è stato il medesimo: uno spettacolo. Una straordinaria parata di stelle organizzata al meglio tanto da Giuseppe Rossi (e dall’agenzia che lo ha seguito) quanto dalla Fiorentina, che oltre a permettere all’ex attaccante di allenarsi al Viola Park ha messo a disposizione lo stadio e gli steward per la serata e ha organizzato tutta l’attività stampa, garantendo persino l’utilizzo del centro sportivo per le altre attività collegate all’evento (Rossi ha poi scelto di effettuare la cena post-gara a Coverciano perché le strutture dove soggiornavano i tanti ex campioni arrivati a Firenze erano in zona Franchi). Complimenti davvero, a tutti. Ed evviva Pepito.







