Se Napoli e Milan sono l'emblema del coraggio sul mercato, che direzione ha la Juventus? Weah e Gonzalez o il piano Lukaku? Che bel cambio di marcia per Fiorentina e Atalanta. La Roma si fidi del suo scouting
La lezione è servita, anche se non per tutti. Però la strada che hanno tracciato a grandissimi livelli il Milan e il Napoli è diventata un solco da percorrere a testa alta, senza paura. In soldoni: è un calciomercato fatto di scommesse e coraggio. Dove in molte hanno mollato gli ormeggi della confort zone, capito che 'funzionale' è la parola chiave per costruire una squadra all'altezza dei propri sogni e delle proprie aspettative. Consegnare un progetto e il mercato chiavi in mano all'allenatore è un'arma a doppio taglio, la Juventus delle ultime due stagioni ne è il chiaro esempio in negativo, ma quando ci si muove con virtù, con chiarezza, con forza e fermezza, allora tutto torna. E ritorna. Prendete il Napoli: con Cristiano Giuntoli a supervisionare il progetto, Maurizio Micheli è andato a scovare alcuni giocatori che parevano enormi punti interrogativi e invece è andato dritto al punto. Kvicha Kvaratskhelia e Kim Min-jae erano perfettamente funzionali alle idee tattiche del proprio allenatore, Luciano Spalletti, ideali come carattere e caratteristiche per inserirsi nello spogliatoio azzurro e nell'ambiente di Napoli. Non si può far mercato, nel 2023, con improvvisazione: per questo fermarsi alle statistiche è un'opera monca, per questo sbaglia chi pensa che il nuovo ciclo del Milan sia solo freddi numeri. C'è analisi dell'uomo, del calciatore, uno studio certosino dei pro e dei contro dell'acquisto. Il mantra dei grandi direttori sportivi e dei grandi scout è uno solo: 'lo studio e l'analisi servono per ridurre i margini d'errore'.
La coerenza del mercato del Napoli e del Milan
Il mercato che sta portando avanti anche adesso il Napoli è figlio di coerenza e idee chiare. Lo scouting con Micheli e Mantovani da tempo aveva messo nel mirino dei nomi e portare a casa Jens Cajuste, puntare Gabri Veiga, pensare a Natan del Bragantino per la difesa significa aver coscienza delle proprie idee ma soprattutto non voler stravolgere una filosofia sulla scia di un successo. Nel mondo dell'imprenditoria è quanto mai vero che l'appetito vien mangiando e in un mondo di successi fugaci come quello del calcio, figuriamoci se non possa venire vincendo. Non si tratta di investire meno dello sperato ma di credere nelle proprie idee e avere una direzione ben chiara. Questo, già questo, merita stima e un riconoscimento anche se è chiaro che sperare che ogni ciambella esca fuori col buco georgiano o coreano è augurarsi un nuovo capolavoro. Coerenza anche per il Milan che ha scelto di affidarsi alla nuova triade formata da Giorgio Furlani, Hendrik Almstadt e da Geoffrey Moncada. Non è chiaramente dato sapere se Chukwueze avrà l'impatto di Leao, se Reijnders sarà all'altezza dei grandi olandesi, se, se e ancora se. Però ogni arrivo dà l'impressione d'esser stato voluto, studiato, cercato, e ogni addetto ai lavori, ogni scout e dirigente ritiene (al netto delle valutazioni positive o non sui singoli) questo lavoro affascinante. E coerente.
Il mercato coraggioso della Fiorentina e il salto di qualità dell'Atalanta
Poi ci sono due realtà che, ognuna nella sua attuale dimensione, ciascuna in una direzione specifica diversa, hanno scelto di fare un mercato coraggioso. La Fiorentina perché ha deciso di farlo 'funzionale', parola magica che finora sembrava quasi un assurdo, per il suo allenatore, Vincenzo Italiano. Il pretoriano Nzola, un giocatore come Arthur che pare disegnato per il suo stile di gioco. Poi Parisi che sembra il terzino sinistro perfetto, come Dodò dall'altra parte, per attaccare l'avversario dentro al campo. Poi c'è stato il tema Lucas Beltran, dove la Fiorentina ha peccato d'eccesso di fiducia ma dove è stata caparbia nel non mollare il colpo e nel vincere la corsa con la Roma. A prescindere da come sia finita, Beltran è la fotografia di un nuovo binario coraggioso, dove Barone, Pradè e Burdisso viaggiano in sintonia per accontentare Italiano. Anche qui, c'è un percorso, così come nell'Atalanta di Percassi e D'Amico: la Dea ha deciso di fare uno step in avanti, sfidando le grandi (e vincendo) nella corsa a Scamacca, nell'affare Touré, nell'idea (ci riuscirà?) del riscatto del misterioso De Ketelaere. Chi lo conosce bene racconta che mai come quest'estate, Gian Piero Gasperini sia felice e soddisfatto. Tutto coerente, funzionale, studiato.
Weah o Lukaku? Che mercato ha in testa la Juventus?
Poi c'è l'altra faccia della medaglia, che è la direzione che sta prendendo la Juventus. Quale? Eppure ha dimostrato, coi fatti, coi giocatori, che il suo scouting funziona. Yildiz, Huijsen, Soulè, Iling, sono i chiari esempi che c'è studio, ci sono idee, che il lavoro di Matteo Tognozzi e del suo staff non deve essere sprecato ma valorizzato. Perché le grandi d'Europa hanno preso questa direzione, invece la Juventus è divisa tra l'idea, studiata, di Timothy Weah, e il progetto (progetto?) Romelu Lukaku. Consegnarsi al proprio allenatore non funziona, o quanto meno non basta. Paredes, Di Maria, cedere De Ligt, avrebbero dovuto esser già una lezione per i bianconeri. Eppure pare che ancora la mano di Cristiano Giuntoli non si veda in questa Juventus: ci sarà, arriverà, il suo carattere, il suo decisionismo. Però il Napoli e il Milan insegnano che far fare mercato al proprio tecnico (e vale per tutte le grandi e non d'Europa) è un'idea anacronistica. Il 'manager all'inglese' non esiste più: il tecnico può dare degli spunti, fare delle richieste tecniche, ma alle spalle deve esserci una filosofia, un progetto, una linea comune che non può portare Facundo Gonzalez in difesa e cercare Lukaku in attacco (sacrificando magari Vlahovic). Non c'è coerenza.
La Roma si fidi del suo scouting
Infine la Roma. Al netto delle interviste ufficiali, che ci sia una profonda linea di demarcazione tra le strategie di José Mourinho e Tiago Pinto è chiaro. Il tecnico vuole giocatori fatti e finiti, pronti subito. Anche in questo caso, vale la storia raccontata per la Juventus: si fidi del suo scouting, la famiglia Friedkin, perché ha un team che funziona, che ha idee. Pinto, Leo, tutti gli uomini in giallorosso, hanno dimostrato prendendo Aouar e N'dicka a zero in mezzo al mare in tempesta dei paletti del FFP che sanno come muoversi. Con coerenza, con caparbietà (vedi Marcos Leonardo), con astuzia (Lucas Beltran), costretti però dal cappio dei limiti del Fair Play dal quale giustamente non vogliono uscire. Cosa manca, allora, per raccontare di un progetto coerente in tutte le sue componenti? Una direzione chiara indicata dalla proprietà. L'allenatore chiede 'suoi' uomini, pronti subito, il club guarda al futuro del progetto. E quando c'è un piccolo-grande corto circuito, allora serve fare una scelta. Magari puntando proprio su chi guarda al domani della società.