
Gasperini e la Dea: sveglia, non c'è più tempo per i sogni
E' primavera, e puntuale come un temporale improvviso arriva il tempo di svegliarsi dai sogni. Forse troppo bello per essere vero quello scudetto accarezzato ma mai nominato, forse solo illusione alimentata dalla forza dei numeri, dalla bellezza del gioco e da una certa audacia che sembrava aver trovato casa stabile a Bergamo.
Ma ora non conta più. Svanito l'orizzonte più alto, Gasperini e la sua Atalanta devono riscoprire l'umiltà di chi lotta per obiettivi terreni, solidi, ma altrettanto fondamentali. Lottare per la Champions, per la Dea, non può essere considerato riduttivo: è il massimo traguardo raggiungibile con questa rosa, è lo specchio della continuità e della crescita reale di un club che negli anni si è guadagnato il rispetto di tutta Europa.
La sconfitta di Firenze pesa perché ha tolto le ultime, flebili speranze di gloria. Pesa perché ha messo a nudo problemi forse sottovalutati troppo a lungo: una crisi d'identità, un disagio offensivo preoccupante, un'inconsueta fragilità mentale. Pesa, soprattutto, perché rende meno stabile quel terzo posto occupato con merito per gran parte della stagione.
Ora è il tempo del pragmatismo, dell'unità d'intenti, della concentrazione assoluta. Gasperini deve dimenticare provocazioni e battaglie dialettiche, la società deve fare quadrato attorno ai giocatori. Il gruppo, dal canto suo, deve dimostrare maturità e carattere nelle prossime sfide interne contro Lazio e Bologna, dove più che i punti sarà in gioco la credibilità dell'intero progetto.
Bergamo non può permettersi di perdere la Champions, perché sarebbe un passo indietro troppo pesante. Ora più che mai, serve concretezza. È il momento di metter via sogni e retorica, perché la realtà chiama, e rispondere presente è un obbligo, non una scelta.







