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Flachi a 360°: "Fiorentina, Samp e i miei errori. Batistuta maestro di vita"

Flachi a 360°: "Fiorentina, Samp e i miei errori. Batistuta maestro di vita"TUTTO mercato WEB
giovedì 18 gennaio 2024, 15:53Serie A
di Simone Bernabei

Francesco Flachi ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Radio Tv Serie A. Questi alcuni passaggi del suo racconto:
"Tutto fa parte della vita, a volte ripensi agli sbagli e agli errori. Si va avanti, è successo e l’importante è rialzarsi a testa alta andando avanti. Ora posso essere un bell’esempio, posso raccontare storie di calcio ma anche di vita. Non è stato facile ricostruirsi, avevo soldi e a un certo punto sono finiti. Ora che sono ripartito faccio il responsabile del settore giovanile e cerco di far capire ai bambini che il calcio è un divertimento ma bisogna anche saper crescere. Rapportarsi a un calcio dilettantistico non è facile, ma puoi dare buoni insegnamenti. Io, ad esempio, dico sempre loro di non buttare via neanche un secondo dell’allenamento, perché sono quelli che possono dare la svolta".

Il ricordo di Napoli e di Maradona?
“Moggi mi chiamò a Napoli, sono rimasto per tre giorni al centro sportivo. In quelle mattine mi sono goduto Maradona, lo guardavo mentre si allenava. Non capivo ancora la sua grandezza, ero troppo piccolo. Piano piano mi sono reso conto del giocatore che era: è stato un bel vedere. Ed è stato un piacere per me aver potuto mangiare insieme ai calciatori del Napoli: il giocatore giovane si deve immedesimare nei calciatori più grandi, guardare come si vestono, come si comportano. Stavo firmando con il Napoli ma poi andai alla Fiorentina, che era la mia squadra del cuore. Come spiegammo a Moggi la scelta? Dicendogli che da Firenze avevano pareggiato l’offerta, ma non era vero. Ero piccolo, mia madre non voleva che andassi via da casa e scelsi Firenze.
A volte il cuore comanda”.

Il tifo per la Fiorentina?
“Ho sempre tifato e tifo ancora Fiorentina. Io sono cresciuto col mito di Antognoni, Baggio e Rui Costa. Il dispiacere che ho vedendo i ragazzi che alleno è pensare agli idoli con cui sono cresciuti. Io ho avuto la fortuna di avere come riferimento campioni che ci hanno permesso di capire come crescere in uno spogliatoio. Sono stati dei maestri. È un po' quello che succede al Viola Park ora. Ho detto a mio figlio che se avessi avuto l’opportunità di allenarmi in quel centro da giovane sarei stato da Pallone d’oro, perché non sarei mai uscito dal campo. Un giovane deve imparare anche solo guardando i più grandi, sono esempi. Io sono cresciuto guardando i campioni, cercando di imparare qualsiasi cosa, dal come si tirano i rigori al come si portano i parastinchi. Io volevo imitare loro, sia esteticamente sia in campo”.

Gli anni alla Fiorentina?
“Purtroppo, per me il calcio era un gioco, vissuto con leggerezza. Io ero di città, coccolato dalla gente. Avrei dovuto comprare una casa a Monte Morello, mettere una funivia e fare soltanto avanti e indietro dalla casa. La mia spensieratezza però mi aiutava anche in campo ad avere estro. Ero così, genio e sregolatezza: forse più sregolatezza a volte, non mi sono mai piaciute le mezze misure (ride, ndr). All’inizio sono stato un mese nello spogliatoio di sopra, da solo, a cambiarmi: una volta era così, c’erano delle regole e dovevo guadagnarmi il rispetto. Non mi lavavano nemmeno le cose, dovevo sempre portarle a casa. Poi mi hanno messo in spogliatoio vicino a Batistuta, che è stato un maestro di vita. Mi rimproverava tanto quando facevo qualche sciocchezza. In campo, invece, Baiano è stato un maestro. Ho cercato di rubare il più possibile da lui con gli occhi. Un aneddoto su qualche compagno? Ce ne sono tanti su Edmundo. Ci fu un Fiorentina-Roma: Trapattoni scelse di toglierlo e ci furono degli screzi nello spogliatoio. Tornati a Firenze, credevamo che il mister lo avrebbe rimproverato, invece disse: ‘ho sbagliato io!’. Non è stato solo quello, ci sono stati altri episodi. Una volta stava sbagliando tante giocate e il Trap lo riprese. Edmundo si girò verso di lui e gli disse: “vecchio, lei stia zitto, io faccio quello che voglio in campo”. Silenzio totale! In quegli anni però eravamo una grandissima squadra”.

La Sampdoria e il terzo posto nella classifica dei migliori marcatori?
“Almeno il terzo posto è sicuro! Avevo un po' di paura con Quagliarella che per fortuna ha smesso (ride, ndr). A parte questo, io vivo grazie alla Sampdoria e ai suoi tifosi. La carriera che ho fatto mi ha regalato un rapporto che va anche al di là del calcio. Quando sono tornato a Firenze dopo la squalifica sono venuti tantissimi tifosi blucerchiati a trovarmi. C’è un grandissimo rapporto d’amore, dal calcio alla vita. Quando rischiavamo di andare in Serie C mi arrivò un’importante offerta del Monaco che però rifiutai. Feci 20 reti quell’anno e loro hanno sempre avuto una particolare riconoscenza nei miei confronti per questo. Non c’è un’età: piccoli e adulti. Questa per me è vita. Io vivo di emozioni, Firenze è un po' più fredda come città nonostante sia stata casa mia. Genova mi ha aiutato tanto, i tifosi mi hanno dato una mano. Ho avuto la fortuna di aver giocato con una maglia bellissima, in uno stadio particolare e con tifosi unici”.

Sulla prima squalifica del 2006 per “violazione dell’art.1 del codice di giustizia sportiva”:
“Tutti i miei problemi sono nati da quell’episodio. Ci fu una telefonata in un negozio, si parlava di un derby di Roma: tutta Italia sapeva che quel derby sarebbe finito probabilmente con un pareggio, in modo che nessuna delle due si facesse male. Io dissi a cuor leggero, parlando di quella partita con amici: ‘pareggeranno’ e fu intercettata la mia voce. Da lì mi squalificarono due mesi. Ci furono altre squalifiche, ma gli altri sono stati squalificati a fine campionato. A loro sono stati sequestrati assegni e computer, a me nulla. Io sono stato squalificato perché dovevo andare a denunciare. Quello che ho fatto dopo… è stata la peggior reazione che potessi avere. Mi piaceva e ci sono cascato mentalmente. Avendo dato una continuità alla cosa, è stato un problema. Ero in confusione”.

Sulla dipendenza dalla droga e la seconda squalifica dal calcio:
“Era diventato un divertimento, sbagliatissimo. Il malessere mi ha portato a sentirmi meglio soltanto in quel modo. Pensi sempre di smettere ma diventano problemi accumulati. Poi sono rientrato, ma la tentazione rimaneva. Sono stato fermato dopo una partita, giustamente. Lì ho iniziato a capire. Davo continuità alla cosa perché mi faceva sentire più forte. Mi squalificarono per due anni, la presi male. Pensavo di rimettermi in sesto, ma non fu così. Sono andato ancora più giù, non ripartivo più. Avevo un castello e l’ho fatto crollare. Devi renderti conto da solo di quello che stai facendo, devi avere la forza giusta. Io in campo avevo un carattere forte, fuori sono debole. Facevo fatica: mi isolavo e non ne parlavo con nessuno. Alcuni hanno provato ad aiutarmi, ma poi devi saper reagire da solo. Pian piano le cose si sono sistemate, ho risolto i problemi e sono diventato un altro Francesco”.

Sugli ultimi anni a Empoli e Brescia e la terza squalifica:
“Era già finito tutto. Con tutto il rispetto per le società di Empoli e Brescia, per me il calcio lì era già finito. Dopo due anni di squalifica ho fatto fatica. Ebbi una discussione con Giuseppe Iachini, ci rimasi male e mandai tutto all’aria. Pensai: ‘ma che ci sto a fare qua?’. Mi diedero dodici anni, mi è andata anche bene perché ho evitato la radiazione. Mi è cascato il mondo addosso un’altra volta, sono subentrati altri problemi. Ho aperto dei locali notturni, ma non mi facevano del bene. Era un circolo vizioso. Ho perso tante cose: non auguro nemmeno al mio miglior nemico i dodici anni che ho passato, soprattutto a livello psicologico. Avevo bisogno di una svolta, che è arrivata tre anni fa. Ho ricominciato a lavorare nelle televisioni e sono tornato a giocare. Non bisogna mai buttare via neanche un minuto, in campo come nella vita. A chi si trova nella mia situazione ora auguro di ritrovare le emozioni, di capire che non si sta bene se non in quel singolo momento di sfogo. Si vive di emozioni. Io per fortuna ho ritrovato l’amore in una compagna e nella famiglia, sto iniziando a riprendermi e sono felicissimo. Adesso sono sereno, sono più responsabile. Sono sempre rimasto col sorriso in questi anni, anche se in realtà piangevo da solo. Il sorriso è stata la mia forza, rimanere quello che sono. Ho fatto soltanto del male a me stesso, anche ai miei genitori e ai miei figli da un punto di vista morale, ma non ho ammazzato nessuno. Che giocatore sarei stato senza cocaina? Se avessi capito prima che era un lavoro a tutti gli effetti non avrei fatto quegli errori, probabilmente sarei stato un calciatore migliore”.

Sui valori della vita e la fine della squalifica:
“Io sono uno del popolo. Io do tanta importanza all’amico. Per me stare attorno a un tavolino circondato da amici è la cosa più bella al mondo. Se sono tornato allo stadio? Qui a Genova mi imbucavo anche se non potevo. Volevo portare mio figlio e sono andato a vedere qualche partita. Se ho mai avuto brutti pensieri? Ne ho avuti, ma non ho mai avuto il coraggio di andare oltre. Però anche questa è vita. La fine della squalifica è stata una liberazione, mi sono sentito di nuovo felice come da bambino. Tornare in campo mi ha fatto tornare libero. Anche mio papà ora è contento, mi chiama ‘amore’, non l’aveva mai fatto. Entrare in campo con un pallone e una porta è fantastico. Il calcio non cambia, il calcio è sempre quello”.

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