Asterisco maledetto, la peggior Inter di Inzaghi si (ri)scopre presuntuosa e fragile
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L'asterisco va via e non è una buona notizia per l'Inter. Anzi, in un attimo tornano i fantasmi del passato: quelli di tre campionati fa, di uno scudetto buttato proprio quando aveva l'occasione perfetta per chiudere i conti. Un po' come è successo ieri sera a Firenze: la squadra campione d'Italia arrivava al Franchi contro un avversario menomato dalla rivoluzione di gennaio, che per le dinamiche di un calendario ingestibile portava Palladino a dover fare a meno di chi è partito senza poter sfruttare chi è arrivato.
L'Inter peggiore. Invece, si è vista la faccia più brutta dei nerazzurri. Irriconoscibili, e il punteggio finale gioca solo una parte in questo: era dalla fine dell'era Spalletti che l'Inter non perdeva con tre gol di scarto. A Simone Inzaghi una serata così non era capitata neanche nei momenti più brutti della stagione poi diventata bella con l'approdo in finale di Champions League. Gongola, a Napoli, Antonio Conte, improvvisamente rinfrancato dopo un mercato da zero a zero.
Le responsabilità di Inzaghi. Il tecnico nerazzurro se l'è prese tutte, come deve fare il capitano quando la nave imbarca acqua. Qualcuna ce l'ha, una su tutte: Calhanoglu è tornato da un infortunio non banale ed è andato subito in campo, due volte di fila da titolare. Una peggio dell'altra: anche ai leader bisogna saper dire di no. C'è poi una questione tattica, già intravista nel derby, pareggiato all'ultimo ma che è stato comunque una partita molto diversa: avesse vinto l'Inter, ci sarebbe stato poco da recriminare per il Milan. Però, con i rossoneri come con i viola, l'Inter ha confermato di temere fin troppo le squadre che si chiudono e ripartono. Ancora, un tema generale: i big match sono andati male, in questo campionato. Molti - non è il caso di ieri - li ha giocato peraltro tra le mura amiche: non può essere un caso. Ma le responsabilità di un allenatore, che deve analizzare una sconfitta pesantissima ma non merita di tornare sotto processo per una serata storta, non bastano a spiegare il 3-0 del Franchi.
L'Inter si (ri)scopre presuntuosa e fragile. Una combinazione letale, per chi si trova in una condizione inedita. Perché gli ultimi quattro campionati sono stati tutti diversi: nel primo l'Inter ha fatto harakiri ma conduceva, nel secondo non è stata mai in lotta per il tricolore, nel terzo l'ha vinto - per meriti suoi, intendiamoci - senza nessuna avversaria. Adesso insegue chi fino alla fine continuerà a correre ed è una novità di non poco conto. In questo contesto, a Firenze si è visto il peggio della supponenza che in altre occasioni si era già palesata: il retropassaggio sciatto di Dimarco ne è solo la fotografia più nitida, la difficoltà di adeguare il proprio spartito all'avversario di turno - come se si dovesse vincere per grazia ricevuta - è il quadro generale. E possono riemergere fragilità vecchie e nuove. Di uomini, perché le tanto decantate seconde linee in molti casi sono lontane dai titolari - uno su tutti: Frattesi, dopo un gennaio col mal di pancia non si può scendere in campo così - e in attacco non è arrivata l'aggiunta che serviva per far respirare Thuram e Lautaro. Ma pure di carattere: quando ti credi onnipotente, come l'Inter ha dato impressione di essere in più occasioni, sentirsi le gambe di argilla è un rischio enorme. La riprova è dietro l'angolo: lunedì arriva a San Siro un'altra Fiorentina, l'Inter può rivedere i fantasmi di ieri sera o ritrovare subito la rabbia di chi è solo inciampato.
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