
Incontro Abodi-Zappi, chi aggredisce gli arbitri rischia la galera. Casi di violenza in aumento
L’aggressione subita dal giovane arbitro Diego Alfonzetti durante Rsc Riposto–Pedara, match playoff Under 17, ha riacceso i riflettori su una piaga che va ben oltre il calcio: la violenza verso i direttori di gara. Le immagini del diciannovenne inseguito in campo e poi scortato da un adulto hanno generato una nuova ondata di indignazione. L’AIA ha reagito oscurando il proprio sito, mentre la giustizia sportiva ha colpito duramente: esclusione della squadra di casa dal campionato, squalifiche fino al 2030 per otto calciatori e altri tesserati.
Ma le sanzioni sportive non bastano più. Il ministro dello Sport Andrea Abodi e il presidente dell’AIA Antonio Zappi vogliono un cambio di passo. La proposta è estendere agli arbitri le tutele previste dall’art. 583 quater del codice penale, già usato per proteggere categorie come i medici. In pratica, l’arbitro verrebbe equiparato a un pubblico ufficiale, e chi lo aggredisce rischierebbe da due a sedici anni di carcere a seconda della gravità delle lesioni. Da capire quale veicolo legislativo utilizzare a tal fine.
Non è la prima volta che Abodi avanza questa proposta: già a dicembre, dopo un episodio simile a Civitavecchia, aveva chiesto una tutela legale più forte. Ora si cerca il veicolo legislativo più rapido per trasformare l’idea in realtà, anche se c’è chi teme l’ennesimo annuncio senza seguito.
Nel frattempo, i dati dell’Osservatorio AIA parlano chiaro: 156 episodi di violenza fisica già registrati, più dei 134 dell’intera scorsa stagione. E i casi gravi, già a quota 60, si avvicinano ai 71 dello scorso anno. Numeri allarmanti, che coinvolgono soprattutto ragazzi giovanissimi. Proteggerli non è più solo un’opzione: è una necessità.
Ma le sanzioni sportive non bastano più. Il ministro dello Sport Andrea Abodi e il presidente dell’AIA Antonio Zappi vogliono un cambio di passo. La proposta è estendere agli arbitri le tutele previste dall’art. 583 quater del codice penale, già usato per proteggere categorie come i medici. In pratica, l’arbitro verrebbe equiparato a un pubblico ufficiale, e chi lo aggredisce rischierebbe da due a sedici anni di carcere a seconda della gravità delle lesioni. Da capire quale veicolo legislativo utilizzare a tal fine.
Non è la prima volta che Abodi avanza questa proposta: già a dicembre, dopo un episodio simile a Civitavecchia, aveva chiesto una tutela legale più forte. Ora si cerca il veicolo legislativo più rapido per trasformare l’idea in realtà, anche se c’è chi teme l’ennesimo annuncio senza seguito.
Nel frattempo, i dati dell’Osservatorio AIA parlano chiaro: 156 episodi di violenza fisica già registrati, più dei 134 dell’intera scorsa stagione. E i casi gravi, già a quota 60, si avvicinano ai 71 dello scorso anno. Numeri allarmanti, che coinvolgono soprattutto ragazzi giovanissimi. Proteggerli non è più solo un’opzione: è una necessità.
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