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Maifredi e il paragone con Motta: "Mica avevo 30 giocatori. E doveva essere transizione..."
Gigi Maifredi è intervenuto a Radio Sportiva per parlare di tanti temi che riguardano il campionato italiano. Tra questi anche la Juventus, stasera in campo contro l'Atalanta. "Motta ha trovato mille difficoltà: voleva fare un copia e incolla del Bologna ma allenare una grande è diverso rispetto ad allenare una squadra pur buonissima come il Bologna".
Le dà fastidio che spesso si accosti questa Juventus di Motta alla sua quando si parla di crisi e difficoltà?
"Io ho avuto modo di trovare dei giornalisti disattenti che non hanno valutato la situazione. Forse si va a simpatie: io incutevo forse qualcosa essendo alto e grosso... Ora a Motta dicono tutti 'diamogli tempo', io sono andato davvero a cambiare. Si giocava a uomo, c'era un deus ex machina come Boniperti che venne allontanato. Io avevo una persona magnifica come Montezemolo all'esordio. E io con 14 giocatori più qualche giovane".
Rose e tempi diversi
"Non avevo 30 giocatori. Quando non avevo Casiraghi ho dovuto cambiare modulo, ma questo non è stato valutato. Quando sei considerato un carneade, una meteora, non sono stati lì a vedere come stessi lavorando. Alla ventesima siamo stati sconfitti dalla Sampdoria per un rigore dato da un arbitro poi sospeso, mi sono girati e... Ho mollato. Ho abbandonato la nave. E lì ho mostrato di non essere allora all'altezza psicologica della Juventus".
Era un calcio italiano diverso
"Io giocavo contro il Milan degli olandesi, il Napoli di Maradona, l'Inter dei tedeschi. Io ero uno nuovo trapiantato da una squadra buona... A me avevano detto che era un campionato di transizione, ho sbagliato a pensare che fosse la verità. 'Vincere' è il mantra che hanno sempre avuto invece. Io sono stato invitato a corte con le scarpe da ginnastica...".
Della Juve di ora che pensa?
"Questa Juventus ha i giocatori, manca solo un attaccante e non so come abbia fatto chi ha programmato l'annata a presentarsi con Vlahovic e basta. Però è una squadra forte ora".
Le dà fastidio che spesso si accosti questa Juventus di Motta alla sua quando si parla di crisi e difficoltà?
"Io ho avuto modo di trovare dei giornalisti disattenti che non hanno valutato la situazione. Forse si va a simpatie: io incutevo forse qualcosa essendo alto e grosso... Ora a Motta dicono tutti 'diamogli tempo', io sono andato davvero a cambiare. Si giocava a uomo, c'era un deus ex machina come Boniperti che venne allontanato. Io avevo una persona magnifica come Montezemolo all'esordio. E io con 14 giocatori più qualche giovane".
Rose e tempi diversi
"Non avevo 30 giocatori. Quando non avevo Casiraghi ho dovuto cambiare modulo, ma questo non è stato valutato. Quando sei considerato un carneade, una meteora, non sono stati lì a vedere come stessi lavorando. Alla ventesima siamo stati sconfitti dalla Sampdoria per un rigore dato da un arbitro poi sospeso, mi sono girati e... Ho mollato. Ho abbandonato la nave. E lì ho mostrato di non essere allora all'altezza psicologica della Juventus".
Era un calcio italiano diverso
"Io giocavo contro il Milan degli olandesi, il Napoli di Maradona, l'Inter dei tedeschi. Io ero uno nuovo trapiantato da una squadra buona... A me avevano detto che era un campionato di transizione, ho sbagliato a pensare che fosse la verità. 'Vincere' è il mantra che hanno sempre avuto invece. Io sono stato invitato a corte con le scarpe da ginnastica...".
Della Juve di ora che pensa?
"Questa Juventus ha i giocatori, manca solo un attaccante e non so come abbia fatto chi ha programmato l'annata a presentarsi con Vlahovic e basta. Però è una squadra forte ora".
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