Juve: società, Motta, giocatori. Chi non ha peccato scagli la prima pietra

Il terzo fallimento stagionale sta turbando il mondo Juve e sul banco degli imputati sono finite le tre componenti principali: società, Motta e i giocatori. E' in atto una sorta di maxiprocesso. Tanto inevitabile, quanto giusto. Prima dei protagonisti in panchina e in campo, il focus va fatto dietro le scrivanie. Come noto, il presidente Ferrero e l'ad Scanavino sono due figure volute da John Elkann per formare il cosiddetto Governo tecnico post Andrea Agnelli, con l'obiettiva di sistemate la questione giudiziaria e mettere a posto il bilancio. L'unico manager calcistico, arrivato dopo, di fatto è Giuntoli, sulla carta Direttore tecnico, in realtà l'uomo cui fa capo tutta l'area sportiva. In realtà da qualche mese è arrivato Chiellini, ma è fuori da quel perimetro e cura i rapporti con le istituzioni. Quali sono le principale responsabilità del management bianconero? Detto dell'inesperienza sotto il profilo meramente calcistico, sarebbe comunque utile una maggiore presenza delle prime due cariche societarie. Della serie "noi ci siamo". Certamente poi spetta a Giuntoli "vigilare" su allenatore e squadra e rispetto ai rapporti tra loro, così come presentarsi davanti alle telecamere soprattutto nelle serate buie. Lo scopo è l'unità d'intenti, il famoso noi al posto dell'io e la serenità all'interno della Continassa. Cosa che in questa fase latita. Il giorno dopo il tonfo contro l'Empoli, lo stesso Giuntoli e Scanavino hanno incontrato Motta e i giocatori, mettendoli di fronte alle loro responsabilità e ribadendo la qualificazione in Champions League come obiettivo. Un obbligo se si vuole evitare una catastrofe economica. Il dt ha parlato ai microfoni di Sky Sport, riconoscendo anche le colpe societarie. Poi ha assicurato che Motta non è in discussione. Parole di circostanza? Comunque sia, nelle ultime ore circola il nome di Gasperini come possibile sostituto a fine stagione. Forse a prescindere dall'esito della stessa. Vedremo. 

A proposito di Motta, lo sfogo post eliminazione dalla Coppa Italia è stato inaspettato e tardivo. Da una parte l'autocritica per non essere riuscito a far capire ai giocatori il peso della maglia della Juve (sicuro lui lo capisca?), ma anche un attacco ad alcuni di essi. "Pretendono, ma non danno", la sintesi. Perché farlo a fine febbraio e non prima, magari confrontandosi con i ragazzi e, se necessario, cambiando modo di rapportarsi con loro? Nel corso della stagione ci sarebbero stati attriti con alcuni elementi, proprio per l'atteggiamento dell'allenatore, non proprio diplomatico. Ogni capo che si rispetti dovrebbe invece fare di tutto per cementare il gruppo. La storia della fascia da capitano, passata su diverse braccia, ha  minato ulteriormente le certezze della truppa. Questo l'aspetto umano. E' noto poi il problema di natura tecnico/tattica. Intanto Thiago non si sposta di un centimetro dal 4-2-3-1, malgrado i risultati non certo edificanti, complici prestazioni raramente apprezzabili. Come resta incomprensibile il modo di mettere spesso giocatori fuori ruolo, nel segno dell'intercambiabilità che però ha un limite. L'ostinazione nel voler schierare sempre titolare qualche giocatore non altezza è un altro capo d'imputazione. Koopmeiners è l'emblema di questo. Insomma, caro Motta troppa rigidità caratteriale, integralismo e confusione tattica. Un piccolo passo indietro non guasterebbe. 

Non sono esenti da colpe i giocatori, questo è chiaro. I continui black out della Juve denotano una fragilità mentale, anche quando bisognerebbe tirare fuori gli attributi. Ad un certo punto si disconnettano dal contesto della partita, ignorando le conseguenze, una sconfitta o l'eliminazione da una competizione importante, come è accaduto in Supercoppa, Champions League e Coppa Italia. Scarso attaccamento alla maglia, della quale probabilemnte non conoscono il peso. Diverso da quello di tutte le altre. E non solo in Italia. Fermo restando il rispettto per chi li paga, possibile non abbiano la garra che dovrebbe essere scontata quando indossi una casacca così prestigiosa? Diventa anche una questione di ambizione, voglia di conquistare trofei, insomma puntare ad una carriera da top. A questi ragazzi servirebbe un docente di juventinità. Chiellini potrebbe essere spostato nell'area sportiva, oppure sarebbe opportuno l'innesto di un nuovo dirigente che conosca il mondo bianconero e sia in grado di trasmettere il dna di un tempo. Ora bisogna voltare pagina per l'ennesima volta in stagione: nel mirino l'ultimo obiettivo rimasto. Per il bene della Juve è necessario un patto società-allenatore-calciatori. Magari con l'intervento di John Elkann.