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Milan – Juventus e la malattia della nostalgiaTUTTO mercato WEB
Oggi alle 00:01Editoriale
di Roberto De Frede
per Bianconeranews.it

Milan – Juventus e la malattia della nostalgia

“Tu suoni per il vento e viaggi dove la pace sussurra tra le piante tutta una nostalgia.” Alda Merini

Milan-Juventus, per molti il vero derby del calcio italiano, pagina di una indelebile nostalgia, trapuntata di immagini e suoni che danzano nella mente di ognuno di noi.   

Umberto Bindi, esponente della grande scuola dei cantautori genovesi, incantava con Il nostro concerto; nelle sale cinematografiche usciva uno dei film più famosi al mondo, La dolce vita di Federico Fellini. Era il 1960, e a San Siro in un freddo 10 gennaio la Juventus di Sivori, Charles e Boniperti, con i gol dell’ala Stacchini e del difensore Cervato, ebbe la meglio contro il Milan di Schiaffino, Altafini, Maldini e Liedholm, lanciandosi verso il suo undicesimo scudetto. Due poeti geniali, Mogol e Battisti, inventano Pensieri e Parole, una pietra miliare della canzone italiana e Stanley Kubrick impressiona la pellicola e il mondo intero con un romanzo fantapolitico unico nel suo genere Arancia Meccanica. Era il 1971, e nel pomeriggio che preludeva alla notte di Halloween, Bettega con il suo tacco fece vedere le streghe ai rossoneri, asfaltando la Scala del Calcio con un 1 a 4, proiettando la Vecchia Signora verso il quattordicesimo tricolore. Elton John, per Lady Diana, riscrive il suo singolo datato 1973, Candle in the Wind come tributo all'amica scomparsa, diventando il secondo singolo più venduto di tutti i tempi, dopo White Christmas di Bing Crosby. Nel Regno Unito sempre nel 1997 esce Harry Potter e la Pietra Filosofale, il primo di una serie di sette romanzi scritti e ideati dalla scrittrice britannica J. K. Rowling, che hanno come protagonista il giovane mago. Una magica Juventus, forse la più completa, che accoppiava la grazia alla forza, la poesia alla prosa annichilì il Milan al Meazza il 6 aprile, con un tennistico 1 a 6, correndo verso il ventiquattresimo titolo. Era la squadra dall’attacco galattico che rispondeva ai nomi di Vieri, Boksic, Del Piero, Amoruso e Padovano, con alle spalle gente del calibro di Zidane, Deschamps, Iugovic e Conte.

Come fa un tifoso della Juventus, ed essa stessa, a non ammalarsi di nostalgia, una dolce malattia costellata di vittorie bianconere?

Già, la nostalgia.

Una strana malattia affliggeva i soldati svizzeri. La Svizzera fu per secoli un serbatoio di mercenari che si distinguevano per il loro carattere combattivo e spietato. Molte nazioni europee ne avevano approfittato, specie tra Medioevo e Rinascimento. Compreso il papa che, dal 1506, aveva arruolato gli elvetici come sua guardia personale Ma, per quanto educati a una severa disciplina militare, avevano un cuore. Spesso soffrivano per essere lontani dalle loro amate valli, dalle loro care montagne. E andavano diventando sempre più malinconici, si smagrivano, si consumavano sospirando il ritorno. Il fenomeno era stato registrato soprattutto in Francia ed era stato perciò battezzato "Maladie du pays". In tedesco si chiamava Heimweh: cioè, appunto, il dolore (Weh) di chi voleva tornare a casa (Heim). Il 22 giugno 1688 uno studente di medicina alsaziano, Johannes Hofer, viene chiamato a discutere la sua tesi di laurea all'Università di Basilea, discutendola su quella strana malattia degli svizzeri, cercando di definirla scientificamente. Una delle parole più importanti della modernità fu inventata da quel giovane diciannovenne nella sua tesi di laurea. Nostalgia, di origine greca e composto di due altri vocaboli: nostos (nòstos), ritorno in patria, e algos (algos), dolore o tristezza. Cosicchè la “malattia nostalgia” starà a significare la tristezza ingenerata dall’ardente brama di ritornare in patria.

Tale patologia era ben nota agli animi degli antichi prima che Hofer la “catalogasse” come tale inventando quella parola. Ne soffrì Ulisse con la sua dolorosa ossessione di ritornare a Itaca: nel quinto libro dell’Odissea piange disperato, prigioniero nell'isola di Calipso, standosene tutti i giorni seduto, solo e desolato, sulla spiaggia a guardare il mare sospirando il ritorno. Ne fu colpito il poeta Ovidio, spedito da Augusto in esilio sul mar Nero, costruendo sulla nostalgia di Roma un intero libro di poesie, i Tristia. Come non ricordare un grande esule come Dante che aveva già ben descritto il sentimento della nostalgia, quando parlava del cuore dei naviganti, lontani da casa, che s'intenerisce nell'ora del tramonto.

La cura per debellare la nostalgia quindi per i nostri tre “nostalgici” era il raggiungimento dell’obiettivo, ovvero il ritorno in patria. Ulisse guarì, Ovidio e Dante purtroppo non ci riuscirono. Il ritorno in patria per la Juventus, e al tempo stesso unica panacea, è la vittoria, capace di rinnovare le gesta di quelle partite leggendarie per gli anni a venire.

La nostalgia da iera sera si è aggravata, guardando allibiti una squadra senza centravanti: come vedere uno schermidore senza fioretto, un tennista senza racchetta. Degno spettacolo di un paradossale nonsense. Jacques Tati ne avrebbe tratto spunto, genio quale era. La Juventus a Milano non ha assunto alcuna dose di sciroppo dolce medicamentoso, allontanandosi dall’eroe omerico e tenendo stretta sotto al braccio la triste sorte dei due grandi poeti.

Chissà quando la malattia comincerà a trasformarsi semplicemente in un bel ricordo! Alla fine, arrivano sempre i ricordi, con le loro nostalgie e la loro speranza, e con un sorriso di magia alla finestra del mondo. Noi lo aspettiamo ancora.

Roberto De Frede