Le mafie nelle curve sono una cosa seria, ma la parità di trattamento?
Le infiltrazioni delle mafie all'interno delle curve degli stadi sono un affare serio, che porta nelle casse della criminalità organizzata milioni di euro e, secondo quello che dice Saviano (che sul tema non parla certo a caso), ha collegamenti diretti con in narcotraffico internazionale. Quindi è una questione in cui i colori delle maglie non devono entrare, lasciando fare all'anti-mafia il suo delicatissimo lavoro. Per altro chi pensa che sia un fenomeno che riguarda solo Torino e Milano, ovviamente appartiene al mondo di Narnia.
Poi però ci sono altri piani della vicenda su cui si possono fare ragionamenti che al contrario hanno a che fare eccome con i colori calcistici.
Il modo di trattare le notizie e le intercettazioni da parte dei media più importanti: qui c'è un'abissale e ingiustificabile disparità di trattamento tra le vicende riguardanti la curva della Juventus e quelle riguardanti la curva dell'Inter. Per Agnelli e la Juventus (che pure avevano denunciato) c'è stata una prolungata gogna mediatica colpevolista, atta a creare il ben noto sentimento popolare (secondo un consolidato schema visto con Calciopoli e successivamente con le plusvalenze). Sul fronte Inter, invece, pochissime (ma eloquentissime) intercettazioni in circolo per pochissimi giorni, in un clima garantista, a volte addirittura quasi da ufficio stampa della società in questione.
La questione di opportunità di lasciare la parte sportiva della vicenda in mano a personaggi che hanno manifestato pubblicamente e clamorosamente la loro fede interista: dal Procuratore Capo che selezionerà le carte per la Figc (interviste, cene, foto, gadget in ufficio e cover non lasciano nulla alla libera interpretazione sulla sua fede calcistica) al responsabile dell'ufficio Legale della Figc (i cui festeggiamenti a bordo campo per l'ultimo scudetto nerazzurro parlano chiaro) che sta dettando la linea da seguire alla Procura Federale.
L'atteggiamento del Procuratore Federale: ai tempi dell'inchiesta Alto Piemonte, Pecoraro fu velocissimo a chiedere 30 mesi per Agnelli, basandosi su un'intercettazione inventata da lui medesimo e sul principio della “culpa in vigilando” secondo cui comunque il presidente e quindi la società sono responsabili di non aver attuato adeguate contromisure. Quindi il famoso art.4 del Codice di Giustizia Sportiva (quello che permette le penalizzazioni in classifica) venne tirato in ballo.
Oggi Chiné (che di Pecoraro era il vice) attende le carte “selezionate” (altra differenza con la vicenda della curva della Juve), non dà segni di vita e riceve precise indicazioni da media e Figc: al massimo qualche inibizione e multa, niente art.4. Eppure se c'è un aspetto da art.4 in questa situazione - come detto seria e pericolosa - è tra chi denuncia (rischiando in proprio) e rinuncia per anni al tifo organizzato allo stadio, e chi non solo non denuncia, ma è accondiscendente per evitare rischi e blocco del tifo.
Ora non resta che attendere gli sviluppi da parte della Procura Federale, per vedere fino a che punto si spingerà la disparità di trattamento, già eclatante in Calciopoli e nelle plusvalenze, per dirne due tra tante.
A cura di Luigi Schiffo