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Inzaghi, la Champions e gli obiettivi dell'Inter. Marotta parla a 360°
Il presidente dell’Inter Beppe Marotta ha parlato a Sky Sport nel giorno di Natale, toccando diversi temi legati all’attualità nerazzurra e non solo:
Può essere definito l'anno dell'Inter e di Marotta?
"E' l'anno dell'Inter, nella quale c'è l'operatività di Giuseppe Marotta, anche. Chiaramente si coniugano queste due situazioni: il fatto di aver avuto tanto dall'Inter e di aver dato la mia esperienza all'interno di certi obiettivi".
A che livello è arrivata l'Inter in assoluto, anche guardando al panorama europeo?
"Devo dire che è tornata ad essere una delle protagoniste più autorevoli. La storia ed il palmares di questa società dice che i trofei vinti sono tanti, gli Scudetti sono tanti, così come le Champions. Quindi siamo tornati nel palcoscenico più consono alla storia. Con la nuova proprietà, stiamo dando continuità a questo".
Cosa è cambiato per lei da quando è salito alla presidenza e che differenze ha trovato rispetto ai ruoli dirigenziali? E nel lavorare con Oaktree?
"Intanto devo ringraziare la proprietà di Oaktree che mi ha dato fiducia da subito ed una maggiore responsabilità avendomi nominato presidente di una società come l'Inter che è qualcosa di straordinario. Lo è per me e per la mia carriera, sempre nell'ottica di far sì che il cammino dell'Inter sia vincente e pieno di risultati. Non è cambiato molto, se non l'assoluta dedizione ed l'impegno che avevo e che oggi ho ancora di più. Nel mio cammino ho vissuto esperienze di tanti presidenti e modelli di gestione di club. Nell'evoluzione storica e sociale di questo fenomeno mi sono adattato, ho tratto tantissimo dai miei presidenti e tutti mi hanno dato tanto e mi hanno arricchito ed oggi chiaramente questo arricchimento lo manifesto ancora di più in questo ruolo apicale all'Inter".
Come è cresciuto Inzaghi in questi anni all'Inter? E che tipo di allenatore è diventato oggi?
"Simone Inzaghi ha dimostrato di essere un grande professionista ed anche una persona intelligente. E' arrivato qui con i piedi per terra, senza proclami. Poi è cresciuto man mano che otteneva risultati, acquisendo consapevolezza nelle proprie capacità ed è riuscito a trasmettere tutto ai giocatori. Una delle sue qualità è quella di essere un leader del gruppo, sa inculcare la cultura del lavoro, la passione e il senso di appartenenza. Tutte queste componenti, supportate dal management, da Ausilio, Baccin, Zanetti e tutta la società hanno creato quella simbiosi che ci ha portato abbastanza lontani".
Quanto si confronta con lui? Ed in che modo?
"Il rispetto dei ruoli è la prima cosa per me. Piero Ausilio, da ds, è quello che si confronta di più con Inzaghi, ma siccome il nostro è un gioco di squadra il confronto di noi è quotidiano. Ogni giorno parliamo delle varie dinamiche, con ognuno che porta la sua competenza".
In che luogo preferisce dialogare con le persone dell'Inter?
"Dipende anche da che tipo di timore devi inculcare. Il luogo istituzionale, la sede o l'ufficio alla Pinetina, è un vantaggio che ho. Altrimenti posso affrontare il dialogo in un ristorante o in un hotel".
La squadra ideale?
"Se tu hai 11 talenti non vinci in nessuna competizione, bisogna mixare giovani e meno giovani. Noi abbiamo trovato un equilibrio, sapete che il più vecchio è Acerbi che ha 36 anni. L'esperienza non la si mette in pratica solo in campo ma anche nello spogliatoio. La squadra ha entrambe le componenti: il dinamismo del giovane e la saggezza del meno giovane".
Lo zoccolo duro italiano è un vantaggio?
"Certo che sì, credo che i risultati conseguiti lo dimostrino. In Italia il campionato è unico e particolare, non c'è da nessuna altra parte questa pressione. Gli italiani sono cosa vuol dire andare a Empoli, Cagliari o a Lecce e trovare difficoltà. Poi è un orgoglio mettere a disposizione della Nazionale i nostri giocatori".
Le linee guida di Oaktree quali sono?
"Oaktree è arrivata in punta di piedi, in silenzio, ma in modo concreto e partecipe nel club. Il rapporto è positivo e quotidiano, tutto volto a garantire la ricerca della sostenibilità economico-finanziaria. Questa sostenibilità avviene attraverso linee guida concordate, ovvero comporre una rosa che risponda a limiti economici dal punto di vista del costo del lavoro, a un'età media che possa garantire il fatto di investire in giovani che rappresentano un patrimonio, un elemento che contribuisce a dare sostenibilità. Nella prossima stagione garantiremo la massima competitività attraverso giocatori meno vecchi di quelli di oggi, ma che rappresentino anche qualità, professionalità e patrimonio".
Sull'inchiesta delle curve?
"Intanto l'inchiesta è in corso e non posso che esprimere gratitudine alla magistratura e alle forze dell'ordine per quello che stiamo facendo. Noi ci siamo messi a disposizione e stiamo collaborando al fine di debellare questo fenomeno straordinario in negativo. Sono attività criminale che non c'entrano niente con lo sport. Ho vissuto decenni precedenti in cui c'era una violenza fisica consumata all'interno o all'esterno dello stadio, ma era nell'ottica di quello che è un fenomeno di calcio. oggi siamo davanti a una situazione difficile da debellare per una società. Ringrazio la magistratura e le forze dell'ordine, noi stiamo collaborando al fine di garantire trasparenza. È difficile contrastare un tipo di violenza quando è consumata da tante persone, credo che sia un fatto culturale. Si deve lavorare fin dalle elementari spiegando che il gioco del calcio è un gioco. Oggi manca la cultura della sconfitta, bisogna saper perdere. Non ci sono dei giudici che alla fine della partita devono esprimere un verdetto".
Poteva fare di più per evitare troppi contatti tra giocatori e ultras?
"Si può e si deve fare molto di più. Oggi le figure all'interno del sistema aiutano tantissimo nel garantire una certa trasparenza, noi società possiamo fare qualcosa acculturando i calciatori a quelle che sono le leggi dello Stato, noi lo facciamo. Durante facciamo delle lezioni in cui spieghiamo, ma poi è difficile entrare nella vita privata di un calciatore, poi lì è una parte d'ombra dove non possiamo entrare, possiamo aiutare il giocatore con una cultura maggiore".
In molti la definiscono il personaggio più potente del calcio italiano: cosa ne pensa?
"No, io sono una persona che ha raggiunto il pieno della propria esperienza calcistica, conosco bene questo settore avendo iniziato da ragazzino. L'aspetto che dobbiamo combattere è la litigiosità e dei personalismi esasperati. Dobbiamo essere tutti uniti per portare avanti un fenomeno che a tratti traballa nel confronto alle altre nazioni europee. Dobbiamo rivolgerci al Governo, i grandi problemi sono il Decreto Crescita che non ci dà la possibilità di utilizzare gli stranieri con agevolazioni che un manager ha. Guarda caso, nel momento in cui è stato attuato il Decreto, le nostre squadre sono arrivate tutte in fondo nelle Coppe. Ci siamo ritornati anche, l'Atalanta ha vinto".
Così non si darebbe spazio ai giovani italiani.
"Basta calibrare, mettendo un tetto verso l'alto così che il mondo giovanile non venga toccato. Non si va a prendere un 16enne straniero perché non avresti lo sconto, ma giocatori affermati che facciano crescere gli altri".
Presidente della FIGC, Ministro dello Sport, a questa idea ci sta pensando?
"Sono un amante del mondo del calcio e dello sport, sono contento della mia carriera e sono contentissimo di fare il presidente dell'Inter, un ruolo che mi occupa molto. Poi mi dedico a osservare a ciò che avviene attorno a noi. Una delle grosse pecche del nostro sistema è che non può garantire lo sport in modo gratuito ai nostri bambini. Abodi è un ministro moderno, acuto, insieme a Valditara devono creare il connubio tra attività scolastica e sportiva".
Resterà all'Inter ancora a lungo?
"Sì, all'Inter sto bene per cui spero di dare risultati, contribuire ad ottenerli".
Finale di Champions, sogno o obiettivo?
"Dobbiamo sempre garantire di essere competitivi per di essere lì, dopodiché si vince o si perde. Noi dobbiamo perseguire di essere lì al momento giusto, è un atto non di arroganza, ma di ambizione sportiva. Nello sport bisogna esser ambiziosi altrimenti non si vince. Quando alcuni miei colleghi dicono 'bisogna arrivare tra le prime 4', io non sono molto d'accordo. Bisogna avere la sfacciataggine anche di avere obiettivi utopistici, credere in questo".
Il metodo Marotta qual è?
"Il mio metodo è quello di aver ascoltato per grande parte della mia vita tutti quelli che erano più vecchi di me. Dopodiché nella seconda parte della mia vita cerco di dare gli insegnamenti che ho ricevuto. Mi diverto ancora moltissimo, altrimenti non farei questo mestiere. La passione è quella che mi stimola, l'adrenalina della partita non te la dà niente e nessuno".
Può essere definito l'anno dell'Inter e di Marotta?
"E' l'anno dell'Inter, nella quale c'è l'operatività di Giuseppe Marotta, anche. Chiaramente si coniugano queste due situazioni: il fatto di aver avuto tanto dall'Inter e di aver dato la mia esperienza all'interno di certi obiettivi".
A che livello è arrivata l'Inter in assoluto, anche guardando al panorama europeo?
"Devo dire che è tornata ad essere una delle protagoniste più autorevoli. La storia ed il palmares di questa società dice che i trofei vinti sono tanti, gli Scudetti sono tanti, così come le Champions. Quindi siamo tornati nel palcoscenico più consono alla storia. Con la nuova proprietà, stiamo dando continuità a questo".
Cosa è cambiato per lei da quando è salito alla presidenza e che differenze ha trovato rispetto ai ruoli dirigenziali? E nel lavorare con Oaktree?
"Intanto devo ringraziare la proprietà di Oaktree che mi ha dato fiducia da subito ed una maggiore responsabilità avendomi nominato presidente di una società come l'Inter che è qualcosa di straordinario. Lo è per me e per la mia carriera, sempre nell'ottica di far sì che il cammino dell'Inter sia vincente e pieno di risultati. Non è cambiato molto, se non l'assoluta dedizione ed l'impegno che avevo e che oggi ho ancora di più. Nel mio cammino ho vissuto esperienze di tanti presidenti e modelli di gestione di club. Nell'evoluzione storica e sociale di questo fenomeno mi sono adattato, ho tratto tantissimo dai miei presidenti e tutti mi hanno dato tanto e mi hanno arricchito ed oggi chiaramente questo arricchimento lo manifesto ancora di più in questo ruolo apicale all'Inter".
Come è cresciuto Inzaghi in questi anni all'Inter? E che tipo di allenatore è diventato oggi?
"Simone Inzaghi ha dimostrato di essere un grande professionista ed anche una persona intelligente. E' arrivato qui con i piedi per terra, senza proclami. Poi è cresciuto man mano che otteneva risultati, acquisendo consapevolezza nelle proprie capacità ed è riuscito a trasmettere tutto ai giocatori. Una delle sue qualità è quella di essere un leader del gruppo, sa inculcare la cultura del lavoro, la passione e il senso di appartenenza. Tutte queste componenti, supportate dal management, da Ausilio, Baccin, Zanetti e tutta la società hanno creato quella simbiosi che ci ha portato abbastanza lontani".
Quanto si confronta con lui? Ed in che modo?
"Il rispetto dei ruoli è la prima cosa per me. Piero Ausilio, da ds, è quello che si confronta di più con Inzaghi, ma siccome il nostro è un gioco di squadra il confronto di noi è quotidiano. Ogni giorno parliamo delle varie dinamiche, con ognuno che porta la sua competenza".
In che luogo preferisce dialogare con le persone dell'Inter?
"Dipende anche da che tipo di timore devi inculcare. Il luogo istituzionale, la sede o l'ufficio alla Pinetina, è un vantaggio che ho. Altrimenti posso affrontare il dialogo in un ristorante o in un hotel".
La squadra ideale?
"Se tu hai 11 talenti non vinci in nessuna competizione, bisogna mixare giovani e meno giovani. Noi abbiamo trovato un equilibrio, sapete che il più vecchio è Acerbi che ha 36 anni. L'esperienza non la si mette in pratica solo in campo ma anche nello spogliatoio. La squadra ha entrambe le componenti: il dinamismo del giovane e la saggezza del meno giovane".
Lo zoccolo duro italiano è un vantaggio?
"Certo che sì, credo che i risultati conseguiti lo dimostrino. In Italia il campionato è unico e particolare, non c'è da nessuna altra parte questa pressione. Gli italiani sono cosa vuol dire andare a Empoli, Cagliari o a Lecce e trovare difficoltà. Poi è un orgoglio mettere a disposizione della Nazionale i nostri giocatori".
Le linee guida di Oaktree quali sono?
"Oaktree è arrivata in punta di piedi, in silenzio, ma in modo concreto e partecipe nel club. Il rapporto è positivo e quotidiano, tutto volto a garantire la ricerca della sostenibilità economico-finanziaria. Questa sostenibilità avviene attraverso linee guida concordate, ovvero comporre una rosa che risponda a limiti economici dal punto di vista del costo del lavoro, a un'età media che possa garantire il fatto di investire in giovani che rappresentano un patrimonio, un elemento che contribuisce a dare sostenibilità. Nella prossima stagione garantiremo la massima competitività attraverso giocatori meno vecchi di quelli di oggi, ma che rappresentino anche qualità, professionalità e patrimonio".
Sull'inchiesta delle curve?
"Intanto l'inchiesta è in corso e non posso che esprimere gratitudine alla magistratura e alle forze dell'ordine per quello che stiamo facendo. Noi ci siamo messi a disposizione e stiamo collaborando al fine di debellare questo fenomeno straordinario in negativo. Sono attività criminale che non c'entrano niente con lo sport. Ho vissuto decenni precedenti in cui c'era una violenza fisica consumata all'interno o all'esterno dello stadio, ma era nell'ottica di quello che è un fenomeno di calcio. oggi siamo davanti a una situazione difficile da debellare per una società. Ringrazio la magistratura e le forze dell'ordine, noi stiamo collaborando al fine di garantire trasparenza. È difficile contrastare un tipo di violenza quando è consumata da tante persone, credo che sia un fatto culturale. Si deve lavorare fin dalle elementari spiegando che il gioco del calcio è un gioco. Oggi manca la cultura della sconfitta, bisogna saper perdere. Non ci sono dei giudici che alla fine della partita devono esprimere un verdetto".
Poteva fare di più per evitare troppi contatti tra giocatori e ultras?
"Si può e si deve fare molto di più. Oggi le figure all'interno del sistema aiutano tantissimo nel garantire una certa trasparenza, noi società possiamo fare qualcosa acculturando i calciatori a quelle che sono le leggi dello Stato, noi lo facciamo. Durante facciamo delle lezioni in cui spieghiamo, ma poi è difficile entrare nella vita privata di un calciatore, poi lì è una parte d'ombra dove non possiamo entrare, possiamo aiutare il giocatore con una cultura maggiore".
In molti la definiscono il personaggio più potente del calcio italiano: cosa ne pensa?
"No, io sono una persona che ha raggiunto il pieno della propria esperienza calcistica, conosco bene questo settore avendo iniziato da ragazzino. L'aspetto che dobbiamo combattere è la litigiosità e dei personalismi esasperati. Dobbiamo essere tutti uniti per portare avanti un fenomeno che a tratti traballa nel confronto alle altre nazioni europee. Dobbiamo rivolgerci al Governo, i grandi problemi sono il Decreto Crescita che non ci dà la possibilità di utilizzare gli stranieri con agevolazioni che un manager ha. Guarda caso, nel momento in cui è stato attuato il Decreto, le nostre squadre sono arrivate tutte in fondo nelle Coppe. Ci siamo ritornati anche, l'Atalanta ha vinto".
Così non si darebbe spazio ai giovani italiani.
"Basta calibrare, mettendo un tetto verso l'alto così che il mondo giovanile non venga toccato. Non si va a prendere un 16enne straniero perché non avresti lo sconto, ma giocatori affermati che facciano crescere gli altri".
Presidente della FIGC, Ministro dello Sport, a questa idea ci sta pensando?
"Sono un amante del mondo del calcio e dello sport, sono contento della mia carriera e sono contentissimo di fare il presidente dell'Inter, un ruolo che mi occupa molto. Poi mi dedico a osservare a ciò che avviene attorno a noi. Una delle grosse pecche del nostro sistema è che non può garantire lo sport in modo gratuito ai nostri bambini. Abodi è un ministro moderno, acuto, insieme a Valditara devono creare il connubio tra attività scolastica e sportiva".
Resterà all'Inter ancora a lungo?
"Sì, all'Inter sto bene per cui spero di dare risultati, contribuire ad ottenerli".
Finale di Champions, sogno o obiettivo?
"Dobbiamo sempre garantire di essere competitivi per di essere lì, dopodiché si vince o si perde. Noi dobbiamo perseguire di essere lì al momento giusto, è un atto non di arroganza, ma di ambizione sportiva. Nello sport bisogna esser ambiziosi altrimenti non si vince. Quando alcuni miei colleghi dicono 'bisogna arrivare tra le prime 4', io non sono molto d'accordo. Bisogna avere la sfacciataggine anche di avere obiettivi utopistici, credere in questo".
Il metodo Marotta qual è?
"Il mio metodo è quello di aver ascoltato per grande parte della mia vita tutti quelli che erano più vecchi di me. Dopodiché nella seconda parte della mia vita cerco di dare gli insegnamenti che ho ricevuto. Mi diverto ancora moltissimo, altrimenti non farei questo mestiere. La passione è quella che mi stimola, l'adrenalina della partita non te la dà niente e nessuno".
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