Quello che non vediamo dell’Inter
E’ possibile che questo sia davvero il mese della verità per lo scudetto ma, a prescindere dalla natura degli impegni, dalla difficoltà di alcune trasferte e dal numero di partite ravvicinate che l’Inter deve affrontare c’è qualcosa nella natura della squadra che sembra sfuggire.
La mole di risultati, a tratti anche di prestazione della squadra di Inzaghi è impressionante, eppure la percezione è quella di una certa vulnerabilità. A volte mentale, altre difensiva, altre ancora in fase realizzativa. Più di qualcuno ha segnalato come qualche brontolio dei tifosi strida con la realtà delle cose.
Una squadra che stasera potrebbe essere prima in classifica ( o seconda a 2/3 punti), qualificata tra le prime otto in Champions, ancora in corsa in Coppa Italia, non riesce a trasferire quel senso di forza che forse altrove sarebbe acquisito.
Eppure questa percezione non è proprio sbagliata, perché chi osserva da vicino la sua squadra ne riconosce le debolezze. Per intenderci l’Inter è davvero forte, Lautaro è tornato ai suoi livelli, Thuram resta una certezza, Calhanoglu è finalmente rientrato, Acerbi forse, ma nel complesso l’organico è a posto e il nuovo acquisto Zalewski si è rivelato prezioso quando è subentrato.
Di più: Bisseck è stato fantastico nel derby, ispirato, aggressivo e calato nel ruolo.
I risultati che sta ottenendo in questa stagione sono sopra la media, specie se si considera il folle numero di partite e il rendimento degli altri grandi club in Italia e all’estero.
Tuttavia la Supercoppa ha rivelato delle amnesie e l’ultimo derby, ancorchè stregato, ha tratteggiato una squadra con affanni rivelati dallo stesso Inzaghi che ha citato i due derby precedenti che devono essere entrati nella testa dei giocatori.
L’Inter è emotiva, nonostante la calma apparente e quel piano partita che mira a stancare gli avversari per poi colpirli nella ripresa. Quando però avviene qualcosa di imprevisto quella flemma svanisce per lasciar posto al panico, ad una sorpresa verso l’inspiegabile e in quel momento cala la lucidità.
Il Milan di quest’anno mai uguale a se stesso, ha fatto due cose banali che la squadra non ha saputo leggere. Nel caso di gennaio, lo sbaraglio tattico con un modulo disperato per tentare di ribaltare il derby arabo, riuscendovi sicuramente anche grazie alla complicità di un Inter mai cinica, al fallo non fischiato su Aslllani ma anche per l’incapacità di capire come rispondere a quel caos improvviso.
Domenica invece, il Milan ha arretrato il baricentro, ha lasciato campo e palla all’Inter per tentare di colpire in ripartenza. Era scontato eppure la squadra non riusciva a capire come cambiare copione.
Il Milan di quest’anno è una metafora di ciò che l’Inter non riesce ad affrontare con serenità. L’anno scorso ad esempio abbiamo pensato al ritorno con l’Atletico come una gara sbagliata, con la Juventus in questa stagione si è ritenuto che il rovescio nel finale fosse dovuto ad uno squilibrio tattico.
Inizio a convincermi che il problema sia anche mentale. Se un avversario scombina il quadro l’Inter non ha contromisure. Va aggiunto che le numerose assenze di Calhanoglu e Acerbi hanno portato ad una maggiore fragilità davanti alla difesa.
Da questa sera con la Fiorentina arriveranno altre difficoltà simili. Ci sono 75 minuti da giocare e il piano di stancare gli avversari piò funzionare solo in parte. L’Inter ha bisogni di andare fuori dal suo spartito, di sorprendersi di sè stessa e sorprendere chi la affronta. Se Inzaghi imparasse a fare jazz, oltre ad andare a ritmo sincopato, forse avrebbe un arma di cui lui stesso non è consapevole.