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Kean: "Tengo molto alla Nazionale. Mi ha fatto male non esserci all'Europeo"
Moise Kean è oggi una certezza della Nazionale di Luciano Spalletti, un punto fermo, che però è tornato tra i convocati solamente dopo l'inizio di questa stagione. Nell'intervista rilasciata al New York Times, il centravanti ha parlato così del suo rapporto con gli Azzurri: "Ci tengo molto. Mi ha fatto male non essere stato convocato all'Europeo la scorsa estate e non aver vinto quello del 2021. Come ho detto, anche da quello ho imparato. Devo dimostrare di meritare di essere lì. Ogni volta che giochi per l'Italia devi sudare e dimostrare quanto sia importante indossare quella maglia. Ora voglio solo scendere in campo, segnare gol e qualsiasi cosa dovrà venire fuori, arriverà. Non mi pongo limiti".
Ha iniziato molto presto a giocare a calcio ad alti livelli. La Juventus le ha un po' cambiato la vita?
"Arrivi alla mia età, ho 24 anni, e ci sono momenti in cui parlo con i miei compagni e dico: 'Ho già fatto tutto'. Non necessariamente nel calcio, ma nella vita rispetto ad altri ragazzi sui 25 anni. La Juventus mi ha insegnato molta disciplina. Mi hanno preso dal nulla. Ero un ragazzo di strada e mi hanno insegnato molto. Ho lasciato casa presto e loro erano più di una famiglia per me. Mi hanno buttato in prima squadra a 16 anni ed è stato un sogno".
All'Everton non è andata come si immaginava.
"Di tutte le esperienze che ho avuto, non mi sentirete mai dire di averne avuta una brutta. Trovo aspetti positivi in tutte. Se non avessi trascorso quell'anno all'Everton, non avrei imparato le cose che ho imparato lì. Sono stato un po' sfortunato. Sono andato lì pensando di giocare un po' di più, avevo 19 anni. Sono arrivato dalla Juve e pensavo di fare scintille. Purtroppo non è andata così. Abbiamo cambiato tre allenatori quell'anno e mentalmente... Era tutto nuovo per me. Ero in Inghilterra, era un ambiente nuovo".
Clicca qui per leggere l'intervista completa a Moise Kean.
Ha iniziato molto presto a giocare a calcio ad alti livelli. La Juventus le ha un po' cambiato la vita?
"Arrivi alla mia età, ho 24 anni, e ci sono momenti in cui parlo con i miei compagni e dico: 'Ho già fatto tutto'. Non necessariamente nel calcio, ma nella vita rispetto ad altri ragazzi sui 25 anni. La Juventus mi ha insegnato molta disciplina. Mi hanno preso dal nulla. Ero un ragazzo di strada e mi hanno insegnato molto. Ho lasciato casa presto e loro erano più di una famiglia per me. Mi hanno buttato in prima squadra a 16 anni ed è stato un sogno".
All'Everton non è andata come si immaginava.
"Di tutte le esperienze che ho avuto, non mi sentirete mai dire di averne avuta una brutta. Trovo aspetti positivi in tutte. Se non avessi trascorso quell'anno all'Everton, non avrei imparato le cose che ho imparato lì. Sono stato un po' sfortunato. Sono andato lì pensando di giocare un po' di più, avevo 19 anni. Sono arrivato dalla Juve e pensavo di fare scintille. Purtroppo non è andata così. Abbiamo cambiato tre allenatori quell'anno e mentalmente... Era tutto nuovo per me. Ero in Inghilterra, era un ambiente nuovo".
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