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Incubo finale Champions, Karius si leva un peso: "Niente è bastato a cancellare quella notte"
La parabola discendente di Loris Karius da quella fatale finale di Champions League 2018 persa dal suo Liverpool contro il Real Madrid, per più di una papera commessa, non ha lasciato in pace l'estremo difensore tedesco. I fantasmi di quella notte risalente al 26 maggio allo stadio NSC Olimpiyskiy di Kiev non è riuscito a spazzarli via e in un'intervista a cuore aperto a SPORTbible si è voluto confessare: "Negli ultimi anni, qualunque cosa io abbia fatto, non è stata mai abbastanza buona per cancellare quella serata. È stato difficile riprendersi da quella finale di Champions League persa contro il Real Madrid”.
Due errori clamorosi, quando in seguito al match lo staff medico allora comprovò la commozione cerebrale subita a causa di uno scontro di gioco duro con Sergio Ramos che influenzò di fatto la sua prestazione. Eppure seguirono minacce di morte e insulti sui social: "È stato difficile scrollarselo di dosso", ha ammesso Karius. "Anche in altri club, quando cercavo di guadagnarmi la fiducia di un allenatore o di ottenere del tempo in campo quando sentivo che, a mio parere, lo meritavo… ci sono stati sicuramente momenti in cui ho pensato che quello fosse il mio svantaggio".
Proseguendo nel racconto: "Potrebbe non essere nemmeno colpa dell'allenatore, ma se sai di avere un giocatore che attirerà così tanta attenzione, inevitabilmente quella pressione si fa sentire. Probabilmente avranno pensato: 'Prendo la strada facile e sicura piuttosto che seguire un altro percorso.' In qualche modo lo puoi capire, ma è frustrante quando non c’è molto altro che puoi fare per cambiare la loro opinione".
Due errori clamorosi, quando in seguito al match lo staff medico allora comprovò la commozione cerebrale subita a causa di uno scontro di gioco duro con Sergio Ramos che influenzò di fatto la sua prestazione. Eppure seguirono minacce di morte e insulti sui social: "È stato difficile scrollarselo di dosso", ha ammesso Karius. "Anche in altri club, quando cercavo di guadagnarmi la fiducia di un allenatore o di ottenere del tempo in campo quando sentivo che, a mio parere, lo meritavo… ci sono stati sicuramente momenti in cui ho pensato che quello fosse il mio svantaggio".
Proseguendo nel racconto: "Potrebbe non essere nemmeno colpa dell'allenatore, ma se sai di avere un giocatore che attirerà così tanta attenzione, inevitabilmente quella pressione si fa sentire. Probabilmente avranno pensato: 'Prendo la strada facile e sicura piuttosto che seguire un altro percorso.' In qualche modo lo puoi capire, ma è frustrante quando non c’è molto altro che puoi fare per cambiare la loro opinione".
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