Renate, Kolaj si presenta: "Contento di questa scelta, farò la mia parte"
La storia del calcio è piena di situazioni in cui una squadra gioca meglio in 10. Non la normalità, ma non sono nemmeno da chiamarsi "eccezioni". E' un comportamento, quello di un gruppo rimasto senza un compagno, che ha sempre il suo fascino. Perché si gioca meglio in 10? Perché la squadra si trova bene in quella che è (e deve restare) un'anomalia da evitare? Perché anziché crollare un gruppo in inferiorità numerica sembra dare il meglio di sé? Tante risposte che riconoscono probabilmente un'unica matrice: la testa pesa per metà risultato, l'altra metà è data da tutte le altre componenti, dalla tattica alle abilità tecniche, dalle caratteristiche fisiche alle peculiarità "ambientali".
Chiariamo subito. Non è che il Renate visto a Gorgonzola abbia fatto strabuzzare gli occhi dopo la telefonatissima espulsione di Bonetti. Però -come non ha mancato di sottolineare, con giusto disappunto, mister Foschi a margine del match- è stato con il cartellino rosso al centrocampista che la "Pantera" ha dato l'idea di saper ancora lottare. Non nel primo tempo, malinconica fotografia (lato Renate, la Giana Erminio nel primo tempo ha invece sempre dato l'immagine quantomeno di darsi più da fare) della sensazione che quei bei derby da campanile, lottatissimi, sudicissimi ma di gran cuore, forse non si usano più. Forse è roba per gli "anta", per gente che ora viene compatita, per tutti coloro che avevano avuto modo di emozionarsi, per esempio, a quel 2-2 (a campo invertito, ma stessa provincia al potere) con un doppio Marzeglia rimontato prima da Salvatore Bruno e poi da Mathias Solerio. Novembre 2016, lì ancora evidentemente si caricavano certe partite. E' un Renate che conferma questo gennaio problematico. Una rosa che non sarà da primi quattro posti ma da playoff sì, eppure è un gruppo che troppe volte allenta la propria intensità in campo. E allora, forse, quella reazione dopo lo svantaggio (di un gol e di un uomo in campo) è sì un messaggio di speranza. Ma in fondo anche un atto di accusa. Perché dopo un'ora? Perché non subito?
E allora, con questo "vorrei ma non posso ma anche sul vorrei parliamone", si prova a passare pure dalle motivazioni dei singoli. Anche, dunque, dalle motivazioni di chi arriva. E chi arriva sul far di gennaio, solitamente, di motivazioni ne ha da vendere. Quante volte un ragazzo arriva, il tempo di prendere le misure per la divisa, entra e segna? Succede, ed è successo nel sabato in riva alla Martesana. Aristidi Kolaj, scuola prima Como e poi Sassuolo. Le sue motivazioni non ci stanno nemmeno nel borsone. Sono tante perché, seppure il ruolo dica "sottopunta" (tanto per rimanere sulle frequenze di Radio Nostalgia), sono comunque quasi due anni che quel pallone non finisce in rete. Sono tante perché quando Aristidi dialogava con Raspadori, Frattesi e Scamacca (Sassuolo Primavera, positivissima stagione 2017-18) la voglia di tornare senz'altro non dentro ma comunque quanto più vicino a quella "cerchia" c'è e non si può soffocare. Sono tante perché c'è sempre stata, partendo da Busto Arsizio fino ad Alessandria e Pescara, la sensazione che nei suoi 25 anni (non pochi, non tanti, il giusto per provare a dare una svolta ora) Kolaj sia ancora sostanzialmente tutto da esprimere.
Arrivato in settimana in prestito dal Crotone, Kolaj si è subito presentato bene. Qualche notizia buona dunque c'è, nonostante la sconfitta sul filo di lana. Nemmeno dieci minuti separano l'ingresso in campo al gol che chiude una personale carestia realizzativa e apre, forse, un semestre di rilancio. Traversone di Plescia dalla destra e, di prima intenzione, piatto destro per la correzione vincente dell'italo-albanese che irrompe così nel mondo nerazzurro. Il tempismo c'è, il senso del gol c'è, la fiducia dell'ambiente anche (di solito il primo acquisto di gennaio è anche quello più "preparato"). Dunque l'arrivo di questo ragazzo sembra un bene. Bene perché in quest'epoca di transizione dallo storico 4-3-3 al 3-5-2 Kolaj, nella sua duttilità tattica, può essere un validissimo punto di raccordo. Bene perché c'è bisogno di una sommatoria di "voglie di rivincite". Bene perché in C Kolaj ha già dimostrato più volte di starci a suo agio. Per diventare, di questa serie C, un fattore che scompagina i valori...si vedrà. Weekend dopo weekend.
Scende la sera nell'impianto vicino alla Martesana. Aristidi Kolaj arriva in zona-mista per presentarsi. Anche a parole, per una volta sono loro a seguire i fatti. "Innanzitutto sono molto contento di essere arrivato in questo gruppo e aver subito visto il campo. Dispiace perché avevamo trovato il pareggio con l'uomo in meno in un campo difficile, in quella fase non avevamo demeritato perché avevamo tenuto testa ad un avversario più sereno a livello mentale. Poi è arrivato il gol a tempo scaduto e questo rovina un po' le valutazioni che si possono fare in merito a questa gara. Sono contento di essere arrivato qui perché il 3-5-2 penso mi possa valorizzare: ho giocato come ala, sia a destra che a sinistra, ma anche seconda punta in un attacco a due perciò sono pronto a questa nuova sfida. Sono in una fase della mia vita sportiva in cui mi sento più maturo, ho avuto qualche infortunio che indubbiamente ha rallentato la mia crescita: stare bene da qui alla fine del campionato è ovviamente il mio primo obiettivo! Renate ha sempre lasciato buone impressioni in serie C, io sono pronto a dare il massimo".