
Gravina: "Sviluppo dei giovani? Il minutaggio può diventare un alibi"
Il presidente della FIGC Gabriele Gravina è intervenuto a margine del Social Football Summit Snack all’Arena Civica di Milano per parlare del tema dello sviluppo dei settori giovanili. Questo un estratto del suo pensiero, riportato da TMW: "Mi chiedo come mai nell'ambito di un percorso di crescita di ragazzi che hanno capacità e qualità tecniche, poi non si riesca a trovare l'opportunità di una crescita per farli diventare campioni. E' solo colpa dei club che non riescono a dargli minutaggio? O c'è anche qualcosa a livello di sistema? La FIGC si assume le proprie responsabilità, lavorare solo sull'idea del minutaggio può diventare un alibi, anche perché da questo punto di vista si sta crescendo, il movimento sta usando sempre più i giovani calciatori".
Quindi una considerazione sul lavoro portato avanti dal Milan in questo senso:
"E' il club che fornisce più giocatori alle Nazionali giovanili, 31 contro i 28 dell'Atalanta. Sarà una strana coincidenza, ma da quando ci sono le seconde squadre il Milan ha avviato un percorso, anche sacrificando il valore della competitività. Ha fatto una scelta di visione, di lungimiranza, di senso di responsabilità. Questa è la dimostrazione, l'aver ridotto l'età dei calciatori in Primavera e per effetto domino anche l'età della seconda squadra. Si rischia sportivamente, ma la politica dei giovani ripaga nel tempo".
Perché parla di responsabilità di sistema?
"Io credo che il nostro mondo abbia tre macroaree che parlano poco fra loro: settore tecnico, settore giovanile e club Italia, tre macroaree che parlano poco, che non mettono in sintonia un settore giovanile che ha bisogno di una metodologia diversa dal punto di vista dell'educazione. Dobbiamo abbandonare la logica della pedagogia delle competenze: non possiamo pensare di imporre ai ragazzini un certo tipo di attività per fargli dare una determinata prestazione. Noi da questi ragazzi dobbiamo prendere il meglio delle loro qualità e farli giocare, divertire, senza una tattica esasperata. Mio nipote, parlo da nonno, non vuole più giocare a calcio. A 10 anni i bambini hanno voglia di giocare, noi dobbiamo cominciare a capire quanto sia importante il sentirsi liberi, dobbiamo riconsegnare ai bambini la voglia di giocare a pallone. I nostri educatori devono cominciare a saper cogliere il meglio, con le vecchie metodologie del gioco di piazza, senza tatticismi estremi che tolgono il piacere del giocare a calcio. Platone diceva che la conoscenza acquisita con l'obbligo non trova spazio nella mente, quindi anche lui invita all'abbandonare l'obbligo e all'educare col divertimento e col sorriso".







