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Il giorno del Gravina-ter: cosa deve aspettarsi la Serie C dal plebiscito in FedercalcioTUTTO mercato WEB
Oggi alle 00:00Il Punto
di Ivan Cardia
per Tuttoc.com

Il giorno del Gravina-ter: cosa deve aspettarsi la Serie C dal plebiscito in Federcalcio

Tutti uniti, tutti felici? L'augurio è quello. Nelle prossime ore, a Roma, si celebrerà il plebiscito per la rielezione di Gabriele Gravina, arrivato dalla Serie C al terzo mandato consecutivo in Federcalcio. Una gestione, come tutte quelle che avvengono quando si tratta di sport, con luci e ombre nei risultati: c'è stato l'Europeo vinto e ci sono stati i due mondiali senza qualificazione. Una cosa che è mancata, ne abbiamo scritto fino allo sfinimento, è stata la riforma: promessa sin da subito, mai neanche avvistata.


Non è il tempo, sarebbe anacronistico, ragionare sull'opportunità o meno della rielezione di Gravina. Avverrà, è cronaca e va presa per quello che è. Quel che conta è cosa succederà da domani in poi. Quanto questo clima di unità totale sarà sfruttato dalla Federcalcio per tornare a far rotolare sempre più fluido il pallone che tutti noi amiamo.

Negli anni, parlando di riforma, è stato spesso ipotizzato un taglio per la nostra amata Serie C. Sempre lei, dice qualcuno, mentre gli altri campionati a sfrondarsi neanche ci pensano. Giusto, ma torniamo al presente e al futuro: rivedere il numero di squadre professionistiche può anche avere un senso, pensando al domani. Chi scrive, per esempio, torna sempre alla riunione fra C1 e C2: non che prima fosse tutto rose e fiori, ma i mali della C nascono da lì. Tornare indietro si può? Vedremo.

Quello che ci si aspetta, per esempio, è che arrivino i soldi per la riforma Zola, chiesti in cambio di un convinto appoggio. La C, crediamo, resta il miglior serbatoio di talenti del nostro campionato, le seconde squadre sono lì a dimostrarlo ma non sono le uniche. È giusto fare sistema, una volta tanto.

Magari, quei soldi possono arrivare dalle prime richieste che Gravina farà, o dovrebbe fare, alla politica. Rivedere la legge Melandri, vecchia e quindi ormai ingiusta. Il calcio merita più contributi, ma anche più equità a tutti i livelli. E merita anche una parte dei soldi delle scommesse legali: è un paradosso che chi consente di portare avanti un business multimilionario non abbia una fetta della torta. Quanto al divieto di pubblicità, è una delle tante ipocrisie che circondano il pallone. Intanto, perché è stato aggirato - in qualche caso per fortuna, aggiungiamo. Ma soprattutto perché non aiuta a combattere un bel niente: mentre lì fuori proliferano i tipster e la gente continua a scommettere, in qualche situazione purtroppo anche con risvolti patologici, è vietato solo farne pubblicità. Come se il tappeto potesse far sparire la polvere.