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Società, squadra, gruppo: in una parola, l'InterTUTTO mercato WEB
domenica 20 aprile 2025, 16:51Editoriale
di Gabriele Borzillo
per Linterista.it

Società, squadra, gruppo: in una parola, l'Inter

A me piace essere intellettualmente onesto: anzi, facciamo così, a me piace essere un tifoso intellettualmente onesto. Perciò, se la mia squadra mi fa incazzare mi incazzo senza un domani. Ma se, al contrario, vedo che i miei eroi pallonari si dannano l’anima, giocano a calcio, vivono i miei colori come fossero i loro da tutta la vita beh, scusate assai, altro che incazzarmi.

Qualche anno fa, perché questa storia comincia qualche anno fa, esattamente il 13 dicembre 2018, un giovane Presidente scelse, scientemente, di mettere al comando della Beneamata un dirigente italiano di grande spessore: non il migliore disponibile in quel momento, semplicemente il migliore di tutti punto e basta. Quel dirigente, che alcuni accolsero accigliati in quanto proveniva da una società non particolarmente sodale della nostra - chissà che guai combinerà adesso e altro chiacchiericcio che si potrebbe stampare un libercolo e metterlo in vendita, certi di creare un piccolo successo letterario - quel dirigente, scrivevo, inizia un’opera che mese dopo mese e anno dopo anno, porta l’Inter a essere l’insieme, il gruppo, l’aggregazione ammirata oggi quasi dappertutto. Quasi: perché, sembra incredibile ma non lo è, il luogo dove questo accade meno, indovina indovinello, è proprio il bel paese. Dove l’importante è la polemica a oltranza. No, non è il movimento dei giocatori in campo, l’interscambiarsi dei ruoli, il braccetto che sale coperto dal compagno di squadra di solito portato a giocare vicino all’area di rigore avversaria, il pressing asfissiante della coppia di attaccanti, il regista che indica ai compagni, letteralmente e non tanto per dire, le posizioni da tenere mentre li guida e comanda sul prato verde. Vabbè dai, lasciamo perdere, discorso trito e ritrito, non vale nemmeno la pena di tirarlo in ballo.

Parliamo piuttosto di cose belle.

La storia continua con l’arrivo di un allenatore capace, perché questo è, attualmente alla guida di una squadra che ci sta mordendo le caviglie nel momento in cui sto scrivendo questo editoriale, ciò che accadrà oggi a Bologna ancora non lo conosco. Arriva finalmente lo scudetto, che attendevamo da anni ma il cammino europeo, finale di Europa League persa in maniera quantomeno imbarazzante compresa, meglio dimenticarlo. Quando l’allora tecnico in essere decide di andarsene, lo decide lui, sia chiaro, per motivi noti, esempio poca possibilità di investire sul mercato, Marotta vira su Simone Inzaghi. Proveniente da una piazza complicata, a Roma la pressione si sente eccome, con idee innovative dal punto di vista del gioco. Ci crede, l’amministratore delegato nerazzurro. Ci credono un po’ meno i tifosi, me compreso, spaventati più che altro dalla giovane età del piacentino e dalla poca conoscenza nel comunicare in un mare, quello nerazzurro, dove è complicatissimo tenere la barra a dritta. L’Inter barcolla solo in una situazione, febbraio 2023, la stagione delle tante sconfitte. Ma resiste. E Simone raggiunge la finale di Champions creando quel gruppo oggi apprezzato e ammirato dappertutto. Plasma un insieme che non è insieme solo in campo. Ci sono state squadre, nel passato, dove il bene comune veniva rappresentato dalle vittorie. Ci sono state rose dove i giocatori manco si salutavano ma, giocando, mettevano da parte le liti, non sta scritto da nessuna parte che bisogna essere necessariamente amici. I nostri eroi, al contrario, sono anche amici. Nella vita, oltre che sul prato verde.

Il rispetto è all’ordine del giorno. L’Inter è il bene comune. I colori, i nostri colori, sono anche i loro. Lottano, corrono, sudano per lo stemma che portano sul cuore. E noi tifosi siamo fortunati: questa squadra, questi ragazzi, questa Inter di Simone Inzaghi e di questa dirigenza la ricorderemo a lungo.

Alla prossima.

Avanti l’Effecì.