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Venezia, Duncan: "Con DiFra mi trovo bene. L'idea di gioco c'è, ci manca solo il risultato"
Il centrocampista del Venezia, Alfred Duncan, è stato intervistato oggi da Radio TV Serie A con RDS. Queste le sue dichiarazioni: "Mi faccio chiamare Alfredo, perché sono diventato cittadino italiano. Quando mi è arrivata la notifica del Ministro che la mia richiesta era stata accettata ero con un mio amico, mi è apparso sul telefono, mi sono emozionato sinceramente. Avrei potuto fare richiesta anche prima, ma prima non avevo capito quanto fosse importante essere un cittadino italiano. L`ho fatto pensando anche ai miei figli, per aiutarli, è stata una cosa molto importante e fa capire quanto è stato importante il mio percorso in Italia sia in campo che fuori, non tutti hanno avuto questa opportunità, grazie a Dio io ho avuto questa fortuna e dopo 17 anni sì e ne sono molto contento”.
Su quale consiglio darebbe a un giovane: "L’educazione viene prima di tutto, è una cosa che acquisisci da casa grazie ai genitori e una volta che esci te la porti fuori e la gente capisce da dove vieni. L’educazione è al primo posto e poi c’è la scuola, che è una cosa che ti aiuta ad ambientarti ovunque vai, è fondamentale. L’ignoranza sembra una malattia. Queste sono le due cose che un bambino e chiunque pensi di fare questo lavoro deve cercare di acquisire. In più si deve fare ciò che ci piace, sempre. Se ti fissi un obiettivo da piccolo non per forza sarà quello che otterrai, io non avrei mai pensato di trasferirmi in Italia. Da sempre ho pensato solo ad andare a scuola, fare ciò che mi piaceva fare e poi quando non me lo aspettavo nemmeno mi sono spostato in Italia e guarda dove sono arrivato oggi. Bisogna guardare sempre in avanti facendo ciò che ci piace fare, e poi se è destino sarà”.
Sul trasferimento in Italia: "Non sapevo se mi avrebbero abbracciato, trattato in modo diverso da come ero abituato. Ero curioso di questo. Grazie alla mia famiglia ho capito tante cose, sono molto legato a loro. Ho due fratelli piccoli che vengono anche a Venezia a vedermi e ho un legame forte con loro. Quando sono arrivato uno aveva tre anni e l’altro tre mesi, mentre adesso uno ne ha diciannove e l’altro quasi diciassette. È bello anche questo. Quando racconto il mio arrivo in Italia mi emoziono, mi ricordo quegli anni che non erano semplici. A scuola avevo un compagno di banco, Gianluca, che mi ha aiutato tanto anche a scuola perché non parlavo la lingua e lui con il suo modo di fare mi ha aiutato”.
Su com'è cambiata la sua vita da calciatore: "Non è stato difficile, gli insegnamenti dei miei genitori hanno reso tutto facile. Mia mamma da piccolo mi diceva di essere me stesso, di non cambiare e di non prendere abitudini che non sono da Alfred. Io ho cercato di non cambiare mai, i miei amici sono sempre quelli. La fama va gestita, ma loro con il loro modo di fare mi sono sempre stati vicini e mi hanno sempre dato consigli, anche quando dovevano dirmi brutte verità. Mi dicono sempre tutto in faccia, è questo che mi ha fatto crescere tanto. Sono orgoglioso di averli vicino”.
Sugli allenamenti per strada a Firenze: "A Firenze vivevo davanti ad un parco, in piazza d’Azeglio, era il periodo appena dopo la Pandemia. In casa non ho un giardino, ogni tanto scendevo in garage con mio figlio, ma poi ho pensato di godermi la natura al parco, anche se c’era tanta gente. Mi divertivo ad allenarmi lì. C`erano anche ragazzi che giocavano a calcetto lì, ci facevo due passaggi e poi tornavo a correre. Firenze mi piace tanto, mia moglie ne è innamorata e i bambini si divertono, ci ho anche comprato casa. È comodo anche perché è vicino a Pescia. Firenze è Firenze”.
Sul rapporto con Venezia: "Sto cercando ancora di scoprirla, in questo momento abito a Marcon, per essere più tranquillo. Sono da solo perché purtroppo mia moglie e i bambini hanno deciso di restare a Firenze per la scuola e perché mio figlio è rimasto a giocare nelle giovanili della Fiorentina. Quindi sono qui da solo come un cane (ride, ndr). Quindi ho scelto di vivere a Marcon, quando posso però vado a Venezia, anche quando vengono a trovarmi degli amici”.
Su questa nuova avventura nella Laguna: "Mi vedo tuttocampista. In base a quello che preferisce il tecnico posso giocare ovunque a centrocampo. Mi trovo bene con Di Francesco perché lo conosco da tempo, ci ho lavorato tanti anni, anche in Europa League con il Sassuolo. Stiamo facendo un percorso importante, all’inizio i risultati non arrivavano, piano piano ci siamo ripresi. L’idea di gioco c’è, stiamo facendo molto bene, ci manca soltanto il risultato. Con il Parma speravamo in un risultato diverso, ma soprattutto nel primo tempo abbiamo fatto una buona gara anche se il risultato ci ha penalizzato. È stato un incidente di percorso, le partite precedenti avevamo fatto bene, come a Milano. Dobbiamo continuare a essere positivi, aspettare i nazionali e riprendere più forte possibile. Il Lecce sarà ancora più affamato, dovremo farci trovare pronti e riprendere da dove ci eravamo lasciati”.
Sulla lotta al razzismo: "Mi piace tanto la frase «teach children how to think and not what to think», io sono stato cresciuto così. L’educazione è la cosa più importante, quello che facciamo in casa sono le cose che poi imparano i nostri figli. Io ai miei figli cerco sempre di far capire come ragionare, come trattare alcune cose, poi le scelte stanno a loro, un po’ come fanno gli allenatori che danno delle idee di gioco ma poi quando sei sul campo le scelte le fai tu. Non possiamo dire ai bambini cosa scegliere, vanno educati perché l’educazione è la cosa primaria da portare avanti. È l’unico modo per dare una scossa e migliorare in queste cose negative che sentiamo e vediamo tutti i giorni”.
Su quale consiglio darebbe a un giovane: "L’educazione viene prima di tutto, è una cosa che acquisisci da casa grazie ai genitori e una volta che esci te la porti fuori e la gente capisce da dove vieni. L’educazione è al primo posto e poi c’è la scuola, che è una cosa che ti aiuta ad ambientarti ovunque vai, è fondamentale. L’ignoranza sembra una malattia. Queste sono le due cose che un bambino e chiunque pensi di fare questo lavoro deve cercare di acquisire. In più si deve fare ciò che ci piace, sempre. Se ti fissi un obiettivo da piccolo non per forza sarà quello che otterrai, io non avrei mai pensato di trasferirmi in Italia. Da sempre ho pensato solo ad andare a scuola, fare ciò che mi piaceva fare e poi quando non me lo aspettavo nemmeno mi sono spostato in Italia e guarda dove sono arrivato oggi. Bisogna guardare sempre in avanti facendo ciò che ci piace fare, e poi se è destino sarà”.
Sul trasferimento in Italia: "Non sapevo se mi avrebbero abbracciato, trattato in modo diverso da come ero abituato. Ero curioso di questo. Grazie alla mia famiglia ho capito tante cose, sono molto legato a loro. Ho due fratelli piccoli che vengono anche a Venezia a vedermi e ho un legame forte con loro. Quando sono arrivato uno aveva tre anni e l’altro tre mesi, mentre adesso uno ne ha diciannove e l’altro quasi diciassette. È bello anche questo. Quando racconto il mio arrivo in Italia mi emoziono, mi ricordo quegli anni che non erano semplici. A scuola avevo un compagno di banco, Gianluca, che mi ha aiutato tanto anche a scuola perché non parlavo la lingua e lui con il suo modo di fare mi ha aiutato”.
Su com'è cambiata la sua vita da calciatore: "Non è stato difficile, gli insegnamenti dei miei genitori hanno reso tutto facile. Mia mamma da piccolo mi diceva di essere me stesso, di non cambiare e di non prendere abitudini che non sono da Alfred. Io ho cercato di non cambiare mai, i miei amici sono sempre quelli. La fama va gestita, ma loro con il loro modo di fare mi sono sempre stati vicini e mi hanno sempre dato consigli, anche quando dovevano dirmi brutte verità. Mi dicono sempre tutto in faccia, è questo che mi ha fatto crescere tanto. Sono orgoglioso di averli vicino”.
Sugli allenamenti per strada a Firenze: "A Firenze vivevo davanti ad un parco, in piazza d’Azeglio, era il periodo appena dopo la Pandemia. In casa non ho un giardino, ogni tanto scendevo in garage con mio figlio, ma poi ho pensato di godermi la natura al parco, anche se c’era tanta gente. Mi divertivo ad allenarmi lì. C`erano anche ragazzi che giocavano a calcetto lì, ci facevo due passaggi e poi tornavo a correre. Firenze mi piace tanto, mia moglie ne è innamorata e i bambini si divertono, ci ho anche comprato casa. È comodo anche perché è vicino a Pescia. Firenze è Firenze”.
Sul rapporto con Venezia: "Sto cercando ancora di scoprirla, in questo momento abito a Marcon, per essere più tranquillo. Sono da solo perché purtroppo mia moglie e i bambini hanno deciso di restare a Firenze per la scuola e perché mio figlio è rimasto a giocare nelle giovanili della Fiorentina. Quindi sono qui da solo come un cane (ride, ndr). Quindi ho scelto di vivere a Marcon, quando posso però vado a Venezia, anche quando vengono a trovarmi degli amici”.
Su questa nuova avventura nella Laguna: "Mi vedo tuttocampista. In base a quello che preferisce il tecnico posso giocare ovunque a centrocampo. Mi trovo bene con Di Francesco perché lo conosco da tempo, ci ho lavorato tanti anni, anche in Europa League con il Sassuolo. Stiamo facendo un percorso importante, all’inizio i risultati non arrivavano, piano piano ci siamo ripresi. L’idea di gioco c’è, stiamo facendo molto bene, ci manca soltanto il risultato. Con il Parma speravamo in un risultato diverso, ma soprattutto nel primo tempo abbiamo fatto una buona gara anche se il risultato ci ha penalizzato. È stato un incidente di percorso, le partite precedenti avevamo fatto bene, come a Milano. Dobbiamo continuare a essere positivi, aspettare i nazionali e riprendere più forte possibile. Il Lecce sarà ancora più affamato, dovremo farci trovare pronti e riprendere da dove ci eravamo lasciati”.
Sulla lotta al razzismo: "Mi piace tanto la frase «teach children how to think and not what to think», io sono stato cresciuto così. L’educazione è la cosa più importante, quello che facciamo in casa sono le cose che poi imparano i nostri figli. Io ai miei figli cerco sempre di far capire come ragionare, come trattare alcune cose, poi le scelte stanno a loro, un po’ come fanno gli allenatori che danno delle idee di gioco ma poi quando sei sul campo le scelte le fai tu. Non possiamo dire ai bambini cosa scegliere, vanno educati perché l’educazione è la cosa primaria da portare avanti. È l’unico modo per dare una scossa e migliorare in queste cose negative che sentiamo e vediamo tutti i giorni”.
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