Salernitana, le verità di Lotito: "Club valutato 100 e ceduto a 10". Il rimpianto è Marco Mezzaroma
Parole forti una rivendicazione totale del diritto di proseguire la propria esperienza al timone dei granata dopo aver rilevato il club in Eccellenza portandolo in A in meno di dieci anni, con due coppe in bacheca, un bilancio in attivo, il marchio sulle maglie, un centro sportivo rinnovato e il manto erboso dell'Arechi di ultima generazione. Come ricorderete, dopo il salto in A la società ebbe un lasso di tempo limitato per cedere, una "imposizione" che chiaramente fece il gioco di eventuali compratori che potevano offrire al ribasso giocando sulla necessità di evitare l'estromissione da tutti i campionati professionistici. Ne seguirono una serie di botta e risposta a distanza con il presidente della FIGC Gravina, perentorio sui termini sanciti dal regolamento pur propenso a concedere sei mesi di proroga previa creazione di un blind trust. A distanza di tre anni, quella Salernitana è passata dalla A al terzultimo posto in B, da 25mila spettatori a un Arechi mezzo vuoto e da Ribery - preso da Fabiani in condizioni societarie precarie - al "cedere prima di acquistare". Che a Salerno qualcuno si sia reso conto che le contestazioni alla "triade romana" furono eccessive? Senza nulla togliere a Iervolino (nel primo biennio protagonista di un capolavoro calcistico prima del ridimensionamento), in tanti si schierarono comunque al fianco di Marco Mezzaroma ritenendo fosse eccessivo impedire a un imprenditore facoltoso e vincente di restare nel mondo del calcio per una parentela nemmeno di primo grado con il presidente della Lazio. "E' un esproprio, mi costringono a cedere un bene di mia proprietà" disse più volte in quella calda estate del 2021.