
Immobile: "Non è detto che smetta dopo la Turchia. Sarebbe bello tornare in Italia"
Ciro Immobile si è raccontato a 360 gradi nell'intervista concessa a Radio TV Serie A, nella quale ha parlato delle varie tappe della sua carriera, a cominciare dalla Juventus: "Non sono speciale sotto questo punto di vista. Quel passo mi ha spaventato perché quando si fanno grandi passi c'è sempre quel timore, quella paura di poter fallire o di non riuscire e quindi di rimanerci male ovviamente. Però io avevo la passione e l'ho portata a Torino e da lì la mia carriera. Ho esordito sia in Champions a Bordeaux e in campionato contro il Bologna entrando al posto di Del Piero, impegnativo",
Poi l'avventura al Pescara.
"Credo che i giovani possano prendere esempio da quello che è stata la mia storia, o quelle di Lorenzo Insigne e Marco Verratti, perché siamo partiti tutti e tre da Pescara con il nostro maestro Zeman, al quale ovviamente mandiamo un abbraccio, visto anche le sue condizioni. Siamo molto dispiaciuti e speriamo che si rimetta presto. Abbiamo fatto la classica gavetta perché siamo partiti dalla Serie B dove non eravamo neanche conosciuti, ma alla fine con il lavoro, il sacrificio, gli allenamenti e la nostra passione, siamo riusciti ad arrivare in nazionale insieme, a vincere l'Europeo, a giocare in Serie A, in grandi club, quindi questo è un esempio che i ragazzi devono seguire".
Il Torino ha significato la consacrazione per lei.
"Per tutto l'anno in cui io e Alessio (Cerci, n.d.r) abbiamo giocato nel Torino c'è stato il tormentone dei gemelli del gol. Abbiamo fatto, insieme alla squadra, al mister e allo staff, un campionato davvero importante. Quando giocavo nel Pescara il Torino era in Serie B, e quando dopo qualche anno mi sono ritrovato con la maglia granata ho notato subito la potenza di questa maglia perché quando si parla di società storiche hai quest'aura addosso che ti porta a confrontarti con la storia della società, quindi noi avevamo questa grande responsabilità, ma non è stato un peso perché poi alla fine della stagione siamo riusciti ad arrivare in Europa League e per il Torino è stata una grande soddisfazione".
Dopo ci sono state le esperienze all'estero.
"A Dortmund purtroppo mi sono ritrovato in un ambiente dove era finito un ciclo, però mi sono portato via delle belle soddisfazioni. Mi sono allenato con un allenatore importante e forte come Klopp e ho conosciuto tanti giocatori importanti. C'erano delle problematiche dentro la squadra e io da straniero ho sofferto di più. Ma la vera 'sconfitta' è quella che ho subito in Spagna perché lì non sono riuscito proprio a mettermi in mostra, a dimostrare quello che potevo fare e alla fine dei sei mesi sono dovuto andare via. A quell'età avrebbe potuto buttarmi giù invece sono riuscito a riprendermi con la Lazio".
Che cosa ha rappresentato per lei ciò che ha fatto sul campo alla Lazio?
"Superare i record di giocatori che hanno fatto la storia della Lazio, dove ho fatto 270 presenze e 169 gol, o superare giocatori come Messi, Ronaldo, Lewandowski per la Scarpa d'Oro è stata una soddisfazione enorme che mi ha ripagato di tutti i sacrifici fatti, per quello poi mi riporto al campo,sono partito da qui a giocare per poi arrivare a determinati livelli".
Ancora oggi è grato ai biancocelesti.
"La Lazio mi ha dato tutto e io ho dato tutto a lei. È stato un amore folle. All'inizio dai tifosi non ero visto benissimo perché io arrivavo da un campionato fatto bene con il Torino in Serie A, ma poi mi sono perso un po' e quindi questo ha portato ad un po' di scetticismo che è stato spazzato via dopo i primi sei mesi per la grinta e la voglia che mettevo in campo".
Un rimpianto però esiste, ovvero il campionato del 2019-2020.
"All'interno di quel gruppo si era creata un'alchimia pazzesca. Fino alla partita contro l'Atalanta in casa finita 3-3 fu un'annata molto difficile. Inzaghi fu a rischio esonero e noi a rischio contestazione. Dopo quella partita però, è scattato qualcosa dentro di noi che ci ha fatto unire ancora di più. L'ambiente emanava un'energia positiva pazzesca, le partite finivano prima di iniziare perché era veramente complicato giocare contro quella Lazio. Però ovviamente fermandoci per tre mesi, è stato come se partisse un nuovo campionato. Perdemmo un po' di punti e andandoci a confrontare contro squadre importanti, quel treno alla fine lo perdemmo. Ci furono poi due partite emblematiche: una contro il Bologna vinta 2-1 e l'altra contro il Genova a Marassi. Quella la ricordo molto bene perché avevamo festeggiato in settimana i miei 30 anni. Eravamo tutti insieme tre giorni prima della partita e si vociferava la parola scudetto. Noi eravamo un po' ingenui e quando scendevamo in campo era bellissimo. Mi ricordò che segnammo subito con Marusic che fece un'azione travolgente in mezzo a due. Stavamo bene anche fisicamente e questo ci aiutava. Però già lì era stata rinviata qualche partita, c'era già qualche problema e quello ci ha bloccato ovviamente".
In che cosa è speciale Simone Inzaghi?
"L'aspetto che prevale del mister è il fatto che lui riesca a unire l'aspetto maniacale della tattica all'aspetto comportamentale di unione della squadra e per me è fondamentale creare un'alchimia tra i giocatori. Non dico che si debbano voler bene o debbano essere amici, ma passi tutta la stagione insieme ai tuoi compagni di squadra e se non c'è quell'alchimia, quella voglia di vincere insieme e di aiutarsi, è dura. E lui in questo è davvero davvero forte".
Quanto le danno noia le critiche sui social?
"I commenti sono fastidiosi, soprattutto perché non te lo aspetti. Alla fine se metti a fuoco la situazione è successo a tutti, perchè ovviamente il mondo dei social ora dà potere di parola a chiunque e quindi devi stare attento a capire la gravità della cosa. Gli ultimi periodi hanno fatto male sia a me che alla mia famiglia, perché poi il calcio dimentica in fretta e forse non eravamo pronti a questo".
In tanti con lei sono stati poco carini quando ha indossato la maglia dell'Italia.
"Fino alla prima partita dell'Europeo l'ho vissuta male, perché non riuscivo a esprimermi per le troppe pressioni che c'erano. Quando non riesci a dare tutto te stesso è soprattutto colpa tua, ma tutti ricevono pressioni ed è giusto che sia così, perché rappresentiamo comunque una nazionale che ha vinto tanto e che fa del calcio uno degli sport più seguiti. Però dopo la vittoria dell'Europeo tutto quello che dicevano non contava più perché, dati alla mano, chi vince ha sempre ragione. Quindi tutto quello che c'è stato dopo la partita con l'Inghilterra non ha contato più niente per me. E in quell'Europeo segnai due gol. Giroud vinse un mondiale con la Francia senza tirare una volta in porta, però ovviamente non venne criticato. Queste critiche sono dovute a quello che era successo prima. Sia che tu vinca o perda le ricevi comunque. Puoi anche non aver giocato un minuto, ma fai sempre parte dei 26 e ti porti a casa la coppa. Questo è quello che conta più di tutto, le chiacchiere sono a zero dopo aver vinto. Chiaramente se perdi una finale se ti hanno criticato in 10 poi ti criticano in 100, ma quello poteva pesare un po' di più quando non avevo la coppa a casa ma ora trovano il tempo che trovano".
L'addio alla Lazio è stato un duro colpo?
"La mia famiglia e io nell'ultimo periodo stavamo già pensando di cambiare, di andare via perché tutte le cose hanno un inizio e una fine. Avevamo questo pensiero perché poi la Lazio stava cambiando identità, voleva fare un ricambio generazionale. Nell'arco dei miei otto anni a Roma sono andati via Inzaghi e tanti giocatori che hanno fatto con me la storia della Lazio. Non posso biasimare i tifosi che ci sono rimasti male perché anche per me è stato così. Più per il fatto di non averli potuti salutare, mi sarebbe piaciuto fare l'ultimo giro con loro, con la mia famiglia, per prendermi ancora una volta il loro amore e dare il mio a loro, però non si può avere tutto nella vita".
Ora una nuova vita al Besiktas.
"È stata una scelta prettamente sportiva. Ho avuto anche offerte dall'Arabia che non ho preso in considerazione. Sono ancora nel mood di poter dare tantissimo perché mi alleno due volte al giorno, seguo i dati dei ragazzi più giovani per non essere da meno, voglio stare bene fisicamente per poter dare ancora qualcosa a questo sport".
In futuro tornerà in Italia?
"Sto ancora bene di testa e ho voglia, quindi è ovvio che poter ritornare nel campionato dove ho battuto i record, dove sono esploso, sarebbe bello. Non è detto che poi dopo la Turchia io smetta, non è nelle mie intenzioni, anzi sto lavorando per un gran finale anche da un'altra parte".
Poi l'avventura al Pescara.
"Credo che i giovani possano prendere esempio da quello che è stata la mia storia, o quelle di Lorenzo Insigne e Marco Verratti, perché siamo partiti tutti e tre da Pescara con il nostro maestro Zeman, al quale ovviamente mandiamo un abbraccio, visto anche le sue condizioni. Siamo molto dispiaciuti e speriamo che si rimetta presto. Abbiamo fatto la classica gavetta perché siamo partiti dalla Serie B dove non eravamo neanche conosciuti, ma alla fine con il lavoro, il sacrificio, gli allenamenti e la nostra passione, siamo riusciti ad arrivare in nazionale insieme, a vincere l'Europeo, a giocare in Serie A, in grandi club, quindi questo è un esempio che i ragazzi devono seguire".
Il Torino ha significato la consacrazione per lei.
"Per tutto l'anno in cui io e Alessio (Cerci, n.d.r) abbiamo giocato nel Torino c'è stato il tormentone dei gemelli del gol. Abbiamo fatto, insieme alla squadra, al mister e allo staff, un campionato davvero importante. Quando giocavo nel Pescara il Torino era in Serie B, e quando dopo qualche anno mi sono ritrovato con la maglia granata ho notato subito la potenza di questa maglia perché quando si parla di società storiche hai quest'aura addosso che ti porta a confrontarti con la storia della società, quindi noi avevamo questa grande responsabilità, ma non è stato un peso perché poi alla fine della stagione siamo riusciti ad arrivare in Europa League e per il Torino è stata una grande soddisfazione".
Dopo ci sono state le esperienze all'estero.
"A Dortmund purtroppo mi sono ritrovato in un ambiente dove era finito un ciclo, però mi sono portato via delle belle soddisfazioni. Mi sono allenato con un allenatore importante e forte come Klopp e ho conosciuto tanti giocatori importanti. C'erano delle problematiche dentro la squadra e io da straniero ho sofferto di più. Ma la vera 'sconfitta' è quella che ho subito in Spagna perché lì non sono riuscito proprio a mettermi in mostra, a dimostrare quello che potevo fare e alla fine dei sei mesi sono dovuto andare via. A quell'età avrebbe potuto buttarmi giù invece sono riuscito a riprendermi con la Lazio".
Che cosa ha rappresentato per lei ciò che ha fatto sul campo alla Lazio?
"Superare i record di giocatori che hanno fatto la storia della Lazio, dove ho fatto 270 presenze e 169 gol, o superare giocatori come Messi, Ronaldo, Lewandowski per la Scarpa d'Oro è stata una soddisfazione enorme che mi ha ripagato di tutti i sacrifici fatti, per quello poi mi riporto al campo,sono partito da qui a giocare per poi arrivare a determinati livelli".
Ancora oggi è grato ai biancocelesti.
"La Lazio mi ha dato tutto e io ho dato tutto a lei. È stato un amore folle. All'inizio dai tifosi non ero visto benissimo perché io arrivavo da un campionato fatto bene con il Torino in Serie A, ma poi mi sono perso un po' e quindi questo ha portato ad un po' di scetticismo che è stato spazzato via dopo i primi sei mesi per la grinta e la voglia che mettevo in campo".
Un rimpianto però esiste, ovvero il campionato del 2019-2020.
"All'interno di quel gruppo si era creata un'alchimia pazzesca. Fino alla partita contro l'Atalanta in casa finita 3-3 fu un'annata molto difficile. Inzaghi fu a rischio esonero e noi a rischio contestazione. Dopo quella partita però, è scattato qualcosa dentro di noi che ci ha fatto unire ancora di più. L'ambiente emanava un'energia positiva pazzesca, le partite finivano prima di iniziare perché era veramente complicato giocare contro quella Lazio. Però ovviamente fermandoci per tre mesi, è stato come se partisse un nuovo campionato. Perdemmo un po' di punti e andandoci a confrontare contro squadre importanti, quel treno alla fine lo perdemmo. Ci furono poi due partite emblematiche: una contro il Bologna vinta 2-1 e l'altra contro il Genova a Marassi. Quella la ricordo molto bene perché avevamo festeggiato in settimana i miei 30 anni. Eravamo tutti insieme tre giorni prima della partita e si vociferava la parola scudetto. Noi eravamo un po' ingenui e quando scendevamo in campo era bellissimo. Mi ricordò che segnammo subito con Marusic che fece un'azione travolgente in mezzo a due. Stavamo bene anche fisicamente e questo ci aiutava. Però già lì era stata rinviata qualche partita, c'era già qualche problema e quello ci ha bloccato ovviamente".
In che cosa è speciale Simone Inzaghi?
"L'aspetto che prevale del mister è il fatto che lui riesca a unire l'aspetto maniacale della tattica all'aspetto comportamentale di unione della squadra e per me è fondamentale creare un'alchimia tra i giocatori. Non dico che si debbano voler bene o debbano essere amici, ma passi tutta la stagione insieme ai tuoi compagni di squadra e se non c'è quell'alchimia, quella voglia di vincere insieme e di aiutarsi, è dura. E lui in questo è davvero davvero forte".
Quanto le danno noia le critiche sui social?
"I commenti sono fastidiosi, soprattutto perché non te lo aspetti. Alla fine se metti a fuoco la situazione è successo a tutti, perchè ovviamente il mondo dei social ora dà potere di parola a chiunque e quindi devi stare attento a capire la gravità della cosa. Gli ultimi periodi hanno fatto male sia a me che alla mia famiglia, perché poi il calcio dimentica in fretta e forse non eravamo pronti a questo".
In tanti con lei sono stati poco carini quando ha indossato la maglia dell'Italia.
"Fino alla prima partita dell'Europeo l'ho vissuta male, perché non riuscivo a esprimermi per le troppe pressioni che c'erano. Quando non riesci a dare tutto te stesso è soprattutto colpa tua, ma tutti ricevono pressioni ed è giusto che sia così, perché rappresentiamo comunque una nazionale che ha vinto tanto e che fa del calcio uno degli sport più seguiti. Però dopo la vittoria dell'Europeo tutto quello che dicevano non contava più perché, dati alla mano, chi vince ha sempre ragione. Quindi tutto quello che c'è stato dopo la partita con l'Inghilterra non ha contato più niente per me. E in quell'Europeo segnai due gol. Giroud vinse un mondiale con la Francia senza tirare una volta in porta, però ovviamente non venne criticato. Queste critiche sono dovute a quello che era successo prima. Sia che tu vinca o perda le ricevi comunque. Puoi anche non aver giocato un minuto, ma fai sempre parte dei 26 e ti porti a casa la coppa. Questo è quello che conta più di tutto, le chiacchiere sono a zero dopo aver vinto. Chiaramente se perdi una finale se ti hanno criticato in 10 poi ti criticano in 100, ma quello poteva pesare un po' di più quando non avevo la coppa a casa ma ora trovano il tempo che trovano".
L'addio alla Lazio è stato un duro colpo?
"La mia famiglia e io nell'ultimo periodo stavamo già pensando di cambiare, di andare via perché tutte le cose hanno un inizio e una fine. Avevamo questo pensiero perché poi la Lazio stava cambiando identità, voleva fare un ricambio generazionale. Nell'arco dei miei otto anni a Roma sono andati via Inzaghi e tanti giocatori che hanno fatto con me la storia della Lazio. Non posso biasimare i tifosi che ci sono rimasti male perché anche per me è stato così. Più per il fatto di non averli potuti salutare, mi sarebbe piaciuto fare l'ultimo giro con loro, con la mia famiglia, per prendermi ancora una volta il loro amore e dare il mio a loro, però non si può avere tutto nella vita".
Ora una nuova vita al Besiktas.
"È stata una scelta prettamente sportiva. Ho avuto anche offerte dall'Arabia che non ho preso in considerazione. Sono ancora nel mood di poter dare tantissimo perché mi alleno due volte al giorno, seguo i dati dei ragazzi più giovani per non essere da meno, voglio stare bene fisicamente per poter dare ancora qualcosa a questo sport".
In futuro tornerà in Italia?
"Sto ancora bene di testa e ho voglia, quindi è ovvio che poter ritornare nel campionato dove ho battuto i record, dove sono esploso, sarebbe bello. Non è detto che poi dopo la Turchia io smetta, non è nelle mie intenzioni, anzi sto lavorando per un gran finale anche da un'altra parte".
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