
Da 0 a 10: le accuse shock di Conte, la furia contro gli sciacalli, il motivo del silenzio di ADL e la caz***a sui napoletani
Zero agli sciacalli. Conte è una furia in conferenza, arriva con un chiaro intento: vuole ribadire i concetti espressi nell’intervista rilasciata alla vigilia. Quella un clamoroso autogol, perché c’era da dare priorità alla gara. Se la prende con i giornalisti, ma dovrebbe prendersela pure con se stesso. Modi e tempi sono inappropriati, come pure certe sentenze: Napoli è la città delle cose impossibili, basta farsi un giro nei vicoli mister. Qui succedono cose, che possono succedere solo qui. Qui non ci sono cose che non si possono fare, perché abbiamo la fantasia. E qui non c’è la cattiveria mister, qui c’è solo la irresistibile tentazione di innamorarsi e di essere ricambiati. Con le scelte, non con le parole.
Uno il cambio all’intervallo, Conte finalmente riconosce di aver sbagliato la formazione. Il doppio Play, contro un Monza che non aveva nessuna intenzione di dar battaglia, si rivela un inutile vezzo, un eccesso di prudenza che penalizza la squadra, privata delle incursioni di Anguissa. Non che Frank faccia sfracelli, ma la squadra ha degli automatismi che in alcune situazioni andrebbero lasciati intatti. “Non posso mettere il mio fondoschiena pronto per essere abusato”, ma in realtà le soluzioni in panchina non sono così male come vuol far credere.
Due esterni che fanno i difensori. Politano che quando arriva in area si sente più spaesato dei Blues Brothers ad una festa di Missoni, Spinazzola diventa imprevedibile se parte da dietro, se sfrutta l’esterno sorpresa, ma se lo piazzi alto ne mortifichi la capacità di accumulare vantaggio con la progressione. Si abusa della parola mentalità, ma che mentalità ha una squadra che gioca su una squadra già retrocessa e passa gli ultimi quindici minuti a spazzare in tribuna ogni pallone che intercetta?
Tre punti di una bruttezza estrema, ma mica meno importanti degli altri. Se è giusto analizzare ciò che non ha funzionato, evidenziare la delusione per una prestazione moscia e boriosa, bisogna come sempre guardare alla complessità delle cose. A questi 71 punti che vincendole tutte potrebbero diventare 86, che magari possono bastare per tornare sul trono dei campioni. La storia conserva i vincitori delle guerre, le singole battaglie sono solo dei post-it da appiccare alla memoria degli smemorati. L’estetica in questa fase non è un requisito essenziale.
Quattro difensori, ne restano due quindi gioca Rafa. Diciamo che Conte con le parole della viglia non ha vinto il premio motivazionale dell’anno, lo spagnolo si è sentito come quello che viene scelto per ultimo alla partita all’oratorio, giusto per non giocare dispari. Lo spagnolo non parte bene, si becca un giallo da pollo, poi si ricompone. “Non aspettare il momento perfetto, cogli il momento e rendilo perfetto” è la frase che ronza nella testa di Marin.
Cinque colpi da battere: bang, bang, bang, bang, bang. Con la tecnica dell’esplosione del cuore in stile Pai Mei di Kill Bill, una gioia che sarebbe la grande livella di una stagione di grande sofferenza. Con gli infortuni, l’orribile mercato di gennaio, il nervosismo di Conte, le partite vinte sempre col cuore in gola. Un ultimo sforzo, piccoli passi che potrebbero diventare storici. Non dipende solo da noi, ma bisogna restare aggrappati. E mettere pressione. Attendendo qualche regalo.
Sei milioni all’anno a Conte non voleva darli nessuno: Aurelio si. L’ha fatto, gli ha concesso carta bianca, l’ha accontentato in quasi tutte le richieste estive. Conte ha rilanciato il Napoli, ma c’è pure un viceversa che non può essere ignorato, in special modo dal diretto interessato. Che non può permettersi di attaccare il club, la possibilità di competere dello stesso, un danno di immagine enorme. Ancor peggio fa tirando in ballo i campi di Castel Volturno, che sono perfetti, per giustificare l’ennesimo infortunio al soleo, il classico da carichi eccessivi di lavori. Conte è un fenomeno, ma questa è la parte peggiore del suo essere Conte. Che, sia chiaro, era già compresa nel prezzo quando l’hai preso. Non è mica una novità.
Sette alla freddezza ed alla lucidità di De Laurentiis, che si è trovato davanti ad un microfono a poche ore dalle accuse di Conte. Il patron ha però sorvolato alla grande l’argomento, lanciando giusto un paio di frecciatine sul fatto che ‘ci divertiremo ancora tanto nei prossimi anni’ e sui giudizi da tirare alla fine. È stato bravo il patron, spesso incappato in errori legati all’emotività della sua comunicazione. Aurelio però ha recepito il messaggio: “O figlie' mute, a mamma 'o 'ntenne".
Otto a Raspadori, che era stato ‘ghostato’ da Conte dopo aver segnato 3 gol in 5 gare prima del ritorno di Neres: in panchina per tutta la gara col Milan, 24’ tra Bologna ed Empoli. Eppure sentire, come la canzone di Elisa. Giacomo ci crede, ci tiene, entra con uno spirito che se l’avessero avuto pure i compagni la gara finiva 5-0. Mette in porta Politano, pennella per McT, lotta da terra sui palloni vaganti, non certo la specialità della casa. Ammirevole per professionalità, per compostezza, per la capacità di attendere il proprio turno senza mai fare polemica. Tanti applausi per Jack.
Nove reti in campionato per Giasone McTominay, Capo degli Argonauti alla conquista della pastiera dorata. Ci pensa Scott a salvare la Pasqua, la ‘fellata’, la scampagnata con lo zio che si vende come esperto mondiale di barbecue e invece non riesce nemmeno ad accendere un fiammifero. Svetta sulle incertezze di Turati, sull’accidia dei compagni, sui timori di Conte, sull’ansia crescente per un flop che avrebbe avuto del clamoroso. C’è un pochino di McT in ogni centimetro del campo, non c’è una zona che non subisca la sua influenza, praticamente come i Dazi di Trump. Potrebbe tranquillamente candidarsi, nel ruolo di protagonista, nel caso in cui Spike Lee decidesse di girare un remake di ‘Fa' la cosa giusta’. Scott fa solo cose giuste.
Dieci alla competitività di questo Napoli, che va oltre Conte e che Conte non può mettere in discussione. Una volta per tutta va fatta chiarezza su questo Effetto Mandela, fenomeno psicologico in cui più persone ricordano in modo errato un evento, condividendo convinzioni su qualcosa che in realtà non è mai avvenuto o si è svolto diversamente. Il Napoli da quando è tornato in Serie A è stato praticamente sempre competitivo, ha sbagliato pochissime stagioni, e lo sarà anche nei prossimi anni. Quindi, per dirla alla Salvatores, “Io non ho paura” di ciò che accadrà. Voglio vivere il presente, per le polemiche e le rivendicazioni di eventuali miracoli ci sarà tempo. La garanzia è il Napoli, gli interpreti che si sono succeduti del tempo hanno lasciato il ricordo che meritavano. Anche Conte sceglierà come essere ricordato.







