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Stramaccioni: "Ranieri? La riprova che il calcio è empatia. Pellegrini miracolo gestionale"
ieri alle 22:45Interviste
di Marco Campanella
per Vocegiallorossa.it

Stramaccioni: "Ranieri? La riprova che il calcio è empatia. Pellegrini miracolo gestionale"

Andrea Stramaccioni, allenatore con un passato anche nelle giovanili della Roma e commentatore di DAZN, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di TeleRadioStereo 92.7.

Come può non essere rigore il mani di Sabelli contro il Genoa, alla luce anche di Open Var?
“Ieri c'era Antonio Damato, una persona seria e sempre molto equilibrata. Capisco che loro facciano il fermo-immagine, se fai una fotografia a quel momento è una cosa. In dinamica quel gesto di Sabelli, un mio ragazzo nelle giovanili della Roma, in altri campi è stato dato come calcio di rigore. Se l'arbitro avesse dato il rigore, probabilmente non lo avrebbero tolto. Per quello che abbiamo visto in campionato, in tanti episodi è un calcio di rigore. Quello di Sabelli è un braccio largo. Ho suggerito a Rocchi di semplificare il tema dei falli di mano. Oggi nessuno parla più del fuorigioco, ci possiamo tutti rammaricare di un centimetro ma non dice più niente nessuno. Il fallo di mano, invece, ci fa diventare matti. Questa è una cosa che secondo me mette in enorme difficoltà anche loro”.

Come si può valutare una dinamica veloce con un rallenty?
“In teoria il discorso dovrebbe essere il contrario, il rallenty ti dovrebbe aiutare dove c'è una dinamica veloce. Cerco di essere imparziale, gli arbitri sono persone come noi: loro vanno nella direzione di fischiare sempre meno. Il rigore dovrebbe essere un episodio inequivoco, anche Rocchi ci ha dato ragione su questo. Quel tornare all'episodio è ciò che cambia la partita. Contro il Genoa, per fortuna della Roma, la squadra ha trovato subito il gol, altrimenti sarebbe diventato un episodio. Senza Var, comunque, non riusciamo più a giocare. Vedi Rebic contro il Cagliari. Tutti i giocatori, nei duelli, sono mentalizzati a sapere che ci sono 3-4 occhi che ti controllano. Il fallo di mano è rimasta una delle cose più complicate e da semplificare”.

L'interpretazione non mette in difficoltà gli arbitri?
“Quando sei in panchina sei sempre coinvolto, ora che magari vedo le cose con uno sguardo professionale dico che serve, all'interno del gioco del calcio e di un'innovazione che lo ha cambiato, andare verso la semplicità e la chiarezza. Questo è quello che vogliono tifosi e addetti ai lavori. Ripeto il tema del fuorigioco, c'è la linea e non si discute più di quello”.

Perché si cerca la perfezione e il non-errore nel calcio?
“Il calcio muove interessi enormi, si è andata a cercare un'affidabilità maggiore di ciò che avvenisse in campo. Siamo romani, abbiamo tutti vissuto periodi opinabili. Con la RAI, l'estate scorsa ho commentato gli Europei U21, dove il Var non c'è: dopo i gironi l'hanno dovuta inserire di corsa. Impazzivano tutti, ormai il calcio è cambiato in questa direzione. Non sta a me giudicare se in meglio o in peggio. La scelta a monte era andare in una direzione più affidabile. In teoria oggi se c'è una grande polemica si risolve, vedere cose da anni '70-80 è molto difficile”.

L'arbitro subisce o è viziato dall'essere educato al Var?
“Secondo me assolutamente sì. Ora tu arbitri sapendo che c'è dietro una macchina pronta ad aiutarti e supportarti. Rocchi dice sempre che vuole arbitri che decidono. L'avere il Var può rischiare di non creare i Collina, Rizzoli, Rosetti, Orsato. I nostri ex arbitri hanno tutti cariche importanti, la nostra classe arbitrale è sempre stata una delle migliori al mondo: lo dicono i riconoscimenti”.

Sarebbe d'accordo a un ritorno al concetto di luce nel fuorigioco?
“No, ma va bene perfezionare quello che è in corso. C'è un coro inglese che dice hai il naso in fuorigioco. Si tratta di una battuta per dire che capisco i fuorigioco di 1-2 centimetri, ma oggi le difese lavorano sapendo che tu hai quella tutela lì. Questo è il calcio di adesso, possiamo fare i nostalgici ma secondo me bisogna lavorare sulla direzione che è stata presa”.

Come si evolverà il calcio nei prossimi anni sotto questo punto di vista?
“Due cose innovative possono essere comunicare velocemente allo stadio che cosa ha fischiato l'arbitro. Sarebbe una cosa tranquilla, tanto ormai hai deciso. Questa è una cosa che fa parte però dello spettacolo. La seconda cosa potrebbe essere capire come avere la possibilità di una chiamata, ma non dovrebbe rallentare il gioco. Tre chiamate a partita sarebbero tante. Potrebbe essere sicuramente un passo avanti. Il primo segnale di Var è stato la Goal-Line Technology, ricordo ancora l'arbitro piegato a guardare vicino alla linea: sembrano anni luce fa”.



Quale è stato l'apporto di Ranieri alla Roma?
“Un apporto fondamentale, decisivo. Si tratta della riprova che il calcio non è solo schemi, diagonali e palle inattive. Il calcio è empatia, rapporto con i giocatori, essere al posto giusto nel momento giusto. Ho avuto la fortuna di respirare Ranieri, era alla Roma quando ero nelle giovanili. L'ho ritrovato all'Inter, dove ahimé l'ho sostituito. I fatti hanno confermato che il suo avvento in un determinato momento, societario e di campo, ha rimesso in piedi una Roma che ora sta dimostrando, anche se non ancora del tutto, che in una partita secca può battere chiunque. Ricordo che con Juric si contavano le palle gol, stesso modulo e stessi giocatori e a volte stesse situazioni. Ora è una Roma che gioca, si diverte. L'altro grande merito è aver messo Dybala al centro del villaggio”.

Ranieri sta lavorando a blocchi, prima fase offensiva e poi a scendere?
“Li aveva bombardati tutta la settimana sulle preventive. Ho seguito le prime partite, me le ricordo bene. Il primo step è stato trovare l'assetto e i giocatori cardine, la spina dorsale. Questo non l'ha fatto bene, di più. Claudio è stato anche fortunato con il ritorno di Saelemaekers, ma ha rimesso Hummels al centro della difesa a tre. A lui va anche il merito del ritorno ai suoi livelli di Paredes. A Napoli c'erano Paredes e Dybala dietro di me che facevano le ripetute. Ora c'è una squadra di carattere. Paredes per poco non si mangia l'arbitro dopo il rigore non dato per mani di Sabelli. Sono giocatori che Ranieri ha rimesso al centro del progetto. Prima ha trovato l'assetto, poi ha cominciato a lavorare sui blocchi. Era inutile lavorare sul metro con una squadra malata. Ora la Roma sta cominciando a lavorare sui dettagli, quelli importanti. Da adesso in poi ricomincerà anche l'Europa, ti alleni giocando. La Roma è stata attentissima nell'ultima partita, ci aveva lavorato. Ranieri ha un aspetto paterno, vedi con Pellegrini: conosco bene il ragazzo, è una persona sensibile, romano e romanista vero, che ha attraversato un momento difficilissimo. Ranieri si è comportato da papà: dalle conferenze ai paragoni con Lampard, poi da papà lo ha buttato dentro al derby. Al netto dei campanilismi, Ranieri ha compiuto un miracolo gestionale bellissimo. Basta vedere i compagni come lo hanno abbracciato e quello che gli hanno detto vuol dire aver creato l'atmosfera giusta. Questo è Ranieri”.

Che opinione ha su Pellegrini?
“Sicuramente la sua qualità peculiare è l'attacco dell'ultimo terzo di campo, gli ultimi 20-25 metri: lo dicono i numeri. Contro la Lazio, Provedel si arrabbia tantissimo con Gila, perché aveva lasciato a Pellegrini tempo e spazio per prendere la mira. Ha quel piede là. La fascia al braccio prima di lui la hanno portata monumenti come Di Bartolomei, Giannini, Totti e De Rossi. Se sei romano e romanista vale il triplo. C'è stato un momento no, a ottobre l'espulsione col Belgio è arrivata per eccesso di generosità. Ero allo stadio, lavorando a quella partita: Pellegrini ha fatto un'entrata con un coefficiente di rischio, ma su un palla corta di Bastoni e con Spalletti che diceva dalla su. Conosco il suo carattere, è un giocatore positivo nello spogliatoio. Lorenzo è stimato da tutti, gli vogliono tutti bene e si vede da esultanze e battute dei giocatori, anche nuovi. Gli spogliatoi così sono una rarità, quando vedo giocatori scherzare e fare battute con un rapporto del genere è un valore aggiunto. Vedi Thuram con Lautaro, nell'Inter”.

Come si può ovviare alla problematica della differenza tra la Roma in casa e in trasferta?
“Secondo me è una questione di mentalità, come atteggiamento della squadra lontano dall'Olimpico. Non sono preoccupato di questo nell'analisi della Roma. Torniamo al discorso di un passo alla volta. Ora la Roma ha trovato una continuità di prestazione. La Roma a Bologna ha giocato una buona gara fino al gol del vantaggio, poi il rigore ha cambiato la partita. Ma la Roma non ha perso una partita che, secondo me, diciotto squadre su venti avrebbero perso. Aspettiamo un attimo a giudicare, ora la Roma può costruire qualcosa di diverso anche in trasferta. Contro il Como è stata una partita incredibile. Questa Roma non ha mai giocato a un'intensità altissima, non ha nelle sue corde di giocare Atalanta-Style”.

Un pensiero invece su Cristante?
“Ora ci sono tante partite, Paredes e Koné mi piacciono tantissimo e sono fortissimi ma Cristante è un giocatore che, soprattutto a due, può darti tanto. Secondo me ha sofferto tanto quando è stato portato da una zona lontana dalla sua propria, quella davanti alla difesa: lì è un giocatore importante. Ha fisicità e gioco aereo, può essere utile anche a partita in corso. Ranieri lo terrà sicuramente in considerazione”.

Perché si attinge poco dalla Primavera e invece si vanno a prendere prospetti all'estero?
“E lo si dice a Roma, pensa le altre squadre che dovrebbero dire. La Roma ha tirato tanti giocatori della Primavera, ha tanti giocatori che sono arrivati in prima squadra. Mi piace parlare di ciò che conosco: fino a qualche anno fa avevo una cognizione piena di ciò che c'era nel settore giovanile della Roma, ora non più. Il mister è molto esperto, se ci fosse stato qualcuno da aggregare non avrebbe avuto problemi a farlo. Lasciamo perdere la partenza sfortunata, la Roma è una squadra forte e non è facile prendersi la maglia da titolare. Se a destra c'è una piccola maledizione...”.

Sarebbe meglio investire subito su Frattesi o cercare un ricambio di Koné e investire poi col nuovo allenatore?
“Sono un sostenitore dell'idea che la squadra debba essere ragionata sulle caratteristiche dell'allenatore che vuoi prendere. Magari poi ci sono giocatori che vanno bene anche per il futuro. Mi ha stupito che, in Inter-Empoli Frattesi, non abbia fatto neanche un minuto, può giocare da mezzo destro o anche sottopunto quindi dalla Roma potrebbe essere considerato un investimento. Il prestito, però, non avrebbe senso”.

Quale è l'allenatore italiano del futuro?
“Se parliamo di allenatori di alto livello non è facile. A Bologna, Italiano dopo un momento complicato ora ha creato una squadra, è difficile giocarci contro e non era facile succedere a Thiago Motta. La Lazio sta facendo bene con Baroni, è una persona perbene. Un complimento va fatto a Simone Inzaghi: quando Conte tre giorni prima della chiusura del mercato dice che non sarebbe rimasto, va a prendere l'allenatore più adatto, anche se non il più forte e preparato, per la struttura che l'Inter aveva cioè il 3-5-2. Chi in Italia giocava col 3-5-2 con ottimi risultati? Inzaghi alla Lazio. Mettere l'allenatore nelle qualità che lui ha è la cosa migliore. Non capisco la scelta della Roma di Juric, quando c'era una squadra con caratteristiche non sue. Conosco Ivan da tempo, lo ho detto anche a lui. Non so perché la società lo abbia scelto, è stato scelto o dal punto di vista calcistico o per sinergie e quant'altro”.

Se la Roma chiama, tornerebbe? 
“Ho tantissimi amici della Roma, che stanno veramente nella Roma e che lavorano per la Roma per uno stipendio anche meno giusto di quello che fanno. Li porto nel cuore. Io per la Roma ci sto sempre”.