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Da Emirates a Stamford Bridge, i club inglesi aprono le porte dei loro stadi al calcio femminile
Nel fine settimana appena passato, complice la pausa dei campionati maschili per gli impegni delle nazionali, in Inghilterra per la prima volta nella storia tutte le partite della Women’s Super League e della Women’s Championship – i primi due livelli del calcio femminile – si sono giocati negli stadi della prima squadra: Amex Stadium, Tottenham Hotspur Stadium, Stamford Bridge, Villa Park, King Power Stadium e Goodison Park hanno infatti ospitato le gare del campionato principale, mentre Maiden Castle Sports Park, Bramall Lane, St James’ Park, Valley e Ewood Park hanno visto andare in scena le gare della seconda divisione.
Una prima volta che però non rappresenta un’eccezione poiché ormai da qualche anno sempre più partite dei campionati femminili vengono disputate negli stadi principali del club diventando appuntamenti fissi che hanno anche un discreto seguito. Tanto che sia l’Arsenal sia l’Aston Villa a inizio stagione hanno annunciato che le squadre femminili avrebbero giocato stabilmente rispettivamente all’Emirates Stadium e al Villa Park. Segno di una visione e di una promozione del movimento femminile che non ha eguali nel Vecchio Continente e che ha portato l’Inghilterra a recuperare posizioni e diventare il paese guida a livello di club, seppur Barcellona e Lione al momento risultano più vincenti nel panorama continentale, con una crescita esponenziale a tutti i livelli: dal pubblico negli stadi a quello davanti alla tv che ha portato anche a una crescita degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti di trasmissione del torneo.
Un’occasione, quella della pausa appena terminata, che invece non è stata sfruttata dai club italiani per aprire le porte dei propri stadi principali al calcio femminile. Eppure vedere, per esempio, il derby capitolino all’Olimpico, anziché al Tre Fontane, avrebbe avuto tutto un altro effetto. In Italia per ora, salvo poche occasioni che hanno visto Juventus, Roma e Fiorentina (quest’ultime due in Champions League) come protagoniste, questa direzione – anche quando non ci sarebbero ostacoli di sorta – non viene intrapresa fra la paura di avere spalti vuoti e che i costi superino gli incassi. Ma da qualche parte bisognerà pur iniziare, anche in perdita, per dare maggiore visibilità al movimento e farlo crescere sempre di più attirando anche più investitori e sponsor che possano portare nuove risorse anche economiche alle varie società.
Una prima volta che però non rappresenta un’eccezione poiché ormai da qualche anno sempre più partite dei campionati femminili vengono disputate negli stadi principali del club diventando appuntamenti fissi che hanno anche un discreto seguito. Tanto che sia l’Arsenal sia l’Aston Villa a inizio stagione hanno annunciato che le squadre femminili avrebbero giocato stabilmente rispettivamente all’Emirates Stadium e al Villa Park. Segno di una visione e di una promozione del movimento femminile che non ha eguali nel Vecchio Continente e che ha portato l’Inghilterra a recuperare posizioni e diventare il paese guida a livello di club, seppur Barcellona e Lione al momento risultano più vincenti nel panorama continentale, con una crescita esponenziale a tutti i livelli: dal pubblico negli stadi a quello davanti alla tv che ha portato anche a una crescita degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti di trasmissione del torneo.
Un’occasione, quella della pausa appena terminata, che invece non è stata sfruttata dai club italiani per aprire le porte dei propri stadi principali al calcio femminile. Eppure vedere, per esempio, il derby capitolino all’Olimpico, anziché al Tre Fontane, avrebbe avuto tutto un altro effetto. In Italia per ora, salvo poche occasioni che hanno visto Juventus, Roma e Fiorentina (quest’ultime due in Champions League) come protagoniste, questa direzione – anche quando non ci sarebbero ostacoli di sorta – non viene intrapresa fra la paura di avere spalti vuoti e che i costi superino gli incassi. Ma da qualche parte bisognerà pur iniziare, anche in perdita, per dare maggiore visibilità al movimento e farlo crescere sempre di più attirando anche più investitori e sponsor che possano portare nuove risorse anche economiche alle varie società.
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