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Caldara: "Milan il rimorso più grande della mia vita. Crociato ko due giorni prima dell'esordio"
Al Corriere della Sera, il centrale del Modena Mattia Caldara ha parlato della sua carriera e dei ripetuti flop con la maglia rossonera, a causa di gravissimi infortuni: "Arrivavo dalla Juventus con Higuain, in due anni all’Atalanta avevo segnato 10 gol debuttando in Nazionale. Il club ci fece salire sulla terrazza di Piazza Duomo davanti ai tifosi. Che imbarazzo, già fare le interviste per me è dura".
Che cos’è il Milan per lei?
"Il più grande rimorso della vita. Durante una corsa in allenamento salta il tendine d’Achille. Il chirurgo vede che è rimasto attaccato del 10%, non mi opera. Resto a casa col gesso per 50 giorni. Torno in campo, Musacchio va in diffida. Finalmente è il mio momento, mi dico. Due giorni prima della partita in un contrasto con Borini mi rompo il crociato. Botta tremenda".
Come si va avanti in quei momenti?
"Quando tutti ti dicono che sei finito, ti convinci che sia vero. Ho capito che non dovevo intestardirmi, certi livelli non li avrei più raggiunti. Dovevo lottare almeno per tornare a giocare a calcio".
Con il Milan ha giocato solo una volta in serie A, a maggio con la Salernitana.
"Alla fine ho ringraziato i medici. Erano i primi a restarci male quando non riuscivo a recuperare. L’allenatore metteva pressione: “Ma perché non è ancora pronto?".
Che cos’è il Milan per lei?
"Il più grande rimorso della vita. Durante una corsa in allenamento salta il tendine d’Achille. Il chirurgo vede che è rimasto attaccato del 10%, non mi opera. Resto a casa col gesso per 50 giorni. Torno in campo, Musacchio va in diffida. Finalmente è il mio momento, mi dico. Due giorni prima della partita in un contrasto con Borini mi rompo il crociato. Botta tremenda".
Come si va avanti in quei momenti?
"Quando tutti ti dicono che sei finito, ti convinci che sia vero. Ho capito che non dovevo intestardirmi, certi livelli non li avrei più raggiunti. Dovevo lottare almeno per tornare a giocare a calcio".
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