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Fagioli e le scommesse: "Attaccato al telefono 12 ore, giocavo per l'adrenalina che mi dava"
"Quando ho iniziato a fare le puntate più alte penso sia stato lì, in Under 23, dove ho iniziato a giocare più soldi del normale". Un'introduzione da brividi quella di Nicolò Fagioli, centrocampista della Juventus e della Nazionale italiana che si è voluto raccontare nel documentario 'Fragile - La storia di Nicolò Fagioli' di Prime Video - sarà completamente disponibile dal 26 novembre.
Dalle scommesse alla squalifica, con tanto di gogna mediatica di mezzo, in questa proiezione voluta anche dal club bianconero per sensibilizzare sulla tematica della ludopatia il 23enne originario di Piacenza ha svelato la verità di un periodo davvero buio della sua vita. "In realtà non giocavo nemmeno per vincere soldi. All'inizio non giocavo per vincere soldi, non avevo bisogno di soldi. Giocavo per l'adrenalina che mi dava, era questo il problema principale", ha confessato Fagioli.
Entrando nel dettaglio del tempo speso per scommettere: "Nel momento più brutto facevo anche 12-13 ore attaccato al telefono. Passavano come se fossero 2 ore o 3 ore, perché non te ne accorgevi proprio che il tempo passava così veloce. Sembrava tutto una bolla con te stesso che non ti accorgevi di niente, anche se mi facevano delle domande magari rispondevo, ma dopo un'ora non mi ricordavo nemmeno cosa mi avessero chiesto o detto".
Dalle scommesse alla squalifica, con tanto di gogna mediatica di mezzo, in questa proiezione voluta anche dal club bianconero per sensibilizzare sulla tematica della ludopatia il 23enne originario di Piacenza ha svelato la verità di un periodo davvero buio della sua vita. "In realtà non giocavo nemmeno per vincere soldi. All'inizio non giocavo per vincere soldi, non avevo bisogno di soldi. Giocavo per l'adrenalina che mi dava, era questo il problema principale", ha confessato Fagioli.
Entrando nel dettaglio del tempo speso per scommettere: "Nel momento più brutto facevo anche 12-13 ore attaccato al telefono. Passavano come se fossero 2 ore o 3 ore, perché non te ne accorgevi proprio che il tempo passava così veloce. Sembrava tutto una bolla con te stesso che non ti accorgevi di niente, anche se mi facevano delle domande magari rispondevo, ma dopo un'ora non mi ricordavo nemmeno cosa mi avessero chiesto o detto".
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