Juventus-Milan 2-0, e se fosse la svolta? Le contropagelle di Marco Sanfelici
DI GREGORIO 7: gara da vero portiere juventino, nel solco della tradizione dei grandi portieri in maglia bianconera. Una sola parata al 27°, quando Leao si sente strozzare in gola l’urlo del goal, dopo la respinta d’istinto del numero 1. Dopo di che fino al 94° solo ordinaria amministrazione. Aver tenuto la partita in parità però, vale una rete. Come hanno sempre fatto i grandi portieri del passato.
CAMBIASO 6: le voci di mercato e gli articoli che si sprecano sui milioni a gogò che dalla “perfida Albione” starebbero per arrivare alla Continassa, in cambio di un imbarco per Manchester, lo stanno stressando e annebbiando la testa. Risultato è una prestazione sufficiente, ma non brillante, infarcita di tanti piccoli errori di dosaggio nei passaggi e nella valutazione degli spazi. Il micidiale Andrea, prima dell’infortunio, è un pallido ricordo.
GATTI 6,5: Abraham chi? Vita dura per i...patriarchi. Il gattone è il baluardo insuperabile per chiunque si presenti con la casacca a strisce rossonere. Con qualche parte del corpo rinvia e spazza via. Mette la testa a mo’ di ariete in area propria e altrui, per difendere e per offendere. Non ha una tecnica sopraffina, ma ha tanta tanta grinta e volontà: una miscela indispensabile per essere ricordato negli anni.
KALULU 7: quanta percentuale di dita si saranno mangiate i dirigenti milanesi nel vedere che il migliore difendente in campo del Milan, indossa la maglia bianconera? Sovrasta gli attaccanti avversari di decine di spanne, come se fosse un Gran Sacerdote inca dall’alto della piramide a gradoni. Fluidifica anche avanti, dettando triangoli che lo porterebbero davanti a Maignan, ma i compagni non collaborano.
MCKENNIE 7: nel 1° tempo tiene il Milan nella sua metà campo senza avanzata alcuna, da solo. Ogni suo possesso palla innesca il meccanismo di allarme continuato. E sono sirene prolungate. Il gioco della Juventus in mezzo al campo ha uno spessore inusuale grazie al supporto dell’americanino che dà ampiezza al dominio juventino. Ripresa di sostanza, ma mai ai margini del gioco. E se qualche Theo non vede biglia o quasi, rivolgersi a Weston, soldatone americano con quintali di tigna da vendere. Da un dialogo con Koop, scaturisce l’azione dell’1 a 0.
LOCATELLI 7,5: spiegato semplicemente perché Douglas Luiz fa panchina. O meglio, se qualche Giuntoli di passaggio non avesse creduto ai soliti cattivi maestri che descrivono i giocatori con il cipiglio del misantropo, parlando male del 5 bianconero a causa di limiti nella lettura del gioco, forse si sarebbero risparmiati 50 milioni e forse avremmo anche una punta in più. Eh già, perché Locatelli è il miglior creatore di gioco che la Juve ha da Pirlo in giù. Non sbaglia un pallone manco a pagarlo. Alterna lanci precisi ad appoggi sapienti, rinculate a recuperare la palla a ripulite della stessa dello spessore dei migliori Pjanic e Desailly (per chi se lo ricorda). Mentre con D. Luiz la squadra è compassata, con Manuel la velocità diventa centrifuga e centripeta e come prevede la legge della fisica, si produce il vuoto. Degli altri.
THURAM 7: penso che suo papà questa volta si sia divertito a guardare il figlio che domina la terra di mezzo. Mette lo zampino nell’azione del vantaggio, non rincorre mai un avversario ma sono gli avversari a rincorrere lui. Pulito, statuario, eretto come Filippide sulla strada da Maratona ad Atene. Se solo ogni tanto alzasse lo sguardo a vedere il compagno libero sulla fascia con la mano alzata…(FAGIOLI S.V.: Troppo poco tempo per causare danni e per incidere).
YILDIZ 6: un tempo giocato in frenesia e voglia di lasciare il segno. Dialoga costantemente con i compagni che si alzano per dare intensità e densità. Tutto bene se non fosse un toccarsi all’inguine dopo una conclusione che costringe Maignan alla respinta. Ed è subito adduttore. (WEAH 6,5: entra in punta di piedi, quasi dovesse trovare il motivo di essere in campo. Ma i compagni sono lanciati nella rincorsa del risultato e si adegua. Dapprima centra il portierone milanista con un tiro al fulmicotone è solo il preludio alla rete del raddoppio. Ricevuta una palla in profondità da Thuram, la conclusione in diagonale trova la precisione a scapito della violenza del tiro e fa 2 a 0 e gara praticamente ai titoli di coda).
KOOPMEINERS 6,5: dire che sia la partita migliore dell’olandese in bianconero via Gasperini, pare pleonastico. Finalmente la sagacia tattica lo premia e con lui tutta la prestazione della squadra. Si propone come sponda, si impegna a costruire, si sacrifica a coprire, va alla conclusione. In serate come questa si comprende l’importanza tattica di Koop, purché non sia una rondine di passaggio, anche perché, col freddo che fa all’Allianz Stadium, la rondine non passa due volte, perché resta stecchita subito, senza pietà. (DOUGLAS LUIZ S.V.: Senza malizia, l’anglo-brasiliano spera in una prossima squalifica di Locatelli. Se no, quando è che giocherebbe ancora titolare?).
MBANGULA 7: per secoli si è pensato a Bruges come la patria di Van Eyck ed agnelli mistici, di Bosch e delle sue miniature stralunate, dei canali che si infilano nelle case come a separarle e abbracciarle. Da un po’ di tempo a questa parte si fa strada un altro figlio delle Fiandre, dalle origini calde come l’equatore. Trattasi di Samuel-Germain Kindelu Mbangula Tshifunda, detto per sopravvivenza dei telecronisti semplicemente Mbangula, di professione calciatore e sbloccatore delle partite. Da un’azione in verticale (capito, mister?) nata da un dialogo tra Koop e McKennie, perfezionata da Thuram su Nico e gran palla di Nico al trecciolino belga, questi controlla e piazza un destra che non lascia scampo a Emerson Royal e Maignan. Tutto il resto è surplus. Esce tra lo standing ovation dello stadio, finalmente felice. (ADZIC S.V.: per l’apoteosi dell’uscente).
NICO GONZALEZ 6,5: della serie: meglio un falso nove dai piedi buoni che smista la palla come i confetti ai matrimoni nuziali o una punta autentica che dà profondità, ma che ha piedi grezzi come i gioielli prima del taglio? Mentre chi legge pensa alla risposta, Nico allarga un confetto a Mbangula e fa 1 a 0. Nel frattempo partecipa sia in avanti che indietro a farsi sentire nelle due fasi. La sua presenza è sempre concreta. (VLAHOVIC S.V.: per tenere palla e farla sparire negli ultimi 10 minuti).
THIAGO MOTTA 7,5: Ah, mister, ma allora con una squadra messa in campo motivata ed affamata, si può anche vincere! Perchè questa squadra non sarà la migliore Juve di sempre, ma certi valori ci sono e basta fare leva su quelli. La freschezza dei giovani, la capacità di incidere di qualche veterano, la grinta e la rabbia derivate da troppi successi buttati via per inesperienza e soprattutto per limiti psicologici. Questa miscela diventa esplosiva se solo si mette in campo una squadra logica, fatta di semplicità nelle giocate e di compattezza nello sviluppo del gioco. D’accordo, l’avversario è il Milan che ha smaltito la sbornia del cambio dell’allenatore, di nuovo piombato nella mediocrità di una rosa non degna del passato meneghino, ma la perentorietà con cui la Juve lo batte a mo’ di demolizione dello stoccafisso a colpi di martellate, prima di finire alla vicentina, non lascia recriminazioni. La Juventus domina il campo dall’inizio alla fine, scoprendo anche le verticalizzazioni, merce proibita fino all’altro ieri, come altamente tossica. Thiago azzecca anche il cambio di Yildiz con un Weah in grande spolvero. Il mister incomincia a dosare i cambi in funzione della loro necessità, facendo leva sulla freschezza di ragazzi pieni di vigore atletico e largamente in grado di reggere i 90 minuti. La sorpresa più piacevole della gara si annida nella manovra che scaturisce con semplice sviluppo, orpelli banditi e il Milan se ne accorge e non sa porre rimedio. Ora sotto con la Champions all’ombra del Beffroi di Bruges, contro una compagine dalle maglie nerazzurre e che suscita ricordi non esattamente tranquilli (chiedere a Bettega, per esempio). San Gennaro si attarda alla finestra.