Nel calcio italiano c’è un regolamento a parte
Si assegnano il doppio dei rigori rispetto alla Premier League e si danno cartellini a pioggia nonostante da inizio stagione ci sia sempre stato detto che ci sarebbe stata la svolta. Basta rigorini, lotta serrata al calcio violento, alle perdite di tempo e alle proteste. Non si è verificato niente di tutto questo e comunque nessuno ha sbagliato.
Non c’è una cosa che il designatore Gianluca Rocchi abbia promesso che si sia concretizzata. E con l’operazione chiarezza capitanata da OpenVAR non si è fatto altro che mostrare a tutti l’inadeguatezza di un sistema arbitrale non all’altezza di uno dei campionati più importanti al mondo. Il protocollo VAR viene tirato per la giacchetta quando conviene, perché se non si corregge un errore con la moviola in campo è perché le regole non lo consentono, ma se si corregge un errore facendo uno strappo al protocollo va bene uguale.
Ormai è un refrain che si ripete da troppo tempo: non è rigore, ma ci sta averlo dato; è un fallo da rosso, ma ci starebbe bene anche un giallo e se l’arbitro decide di non dare niente va bene uguale. Insomma, qualunque decisione si prenda, c’è un range tale di interpretazioni da non sbagliare mai. È chiaro che è difficile dare una linearità di arbitraggi visto che le teste sono tante, ma con la VAR non si è fatto altro che spostare il problema a un livello diverso.
Con la VAR si correggono gli errori? Sì, alcuni. Altri non vengono corretti, altri vengono generati, poiché capita anche che sul campo si prenda la decisione giusta e poi la si cambi erroneamente dopo aver rivisto le immagini. L’unico modo è rendere il regolamento più univoco possibile e utilizzare la tecnologia solo per i casi oggettivi, ovvero le misurazioni. Per il resto, o si torna alle decisioni di campo o semplicemente si continua su questa linea in cui in ogni gara può succedere tutto e il contrario di tutto.