La Juventus targata Allegri ha una marcia da scudetto
La Juve di Allegri dista ancora 2 punti dalla vetta, ma è l'unica a tenere testa all'Inter in chiave scudetto. Possibile se i bianconeri continueranno con questo trend. La storia di Max parla chiaro. Dopo quattordici giornate la squadra ha accumulato 33 punti, come nella stagione 2016/2017, quando poi si festeggiò il terzo dei 5 titoli consecutivi. Meglio andò l'anno dopo con 35 punti, idem nel 2014/2015, 40 addirittura nel 2018/2019 con l'arrivo di Ronaldo. Comunque sia la squadra è stata più brava dei primi due anni dell'Allegri bis, chiusi rispettivamente con 28 e 21 punti, sinonimo di qualificazione in Champions, l'ultima al netto della penalizzazione per la questione giudiziaria. Numeri a parte, l'aspetto importante è la ritrovata compattezza del gruppo. La modalità con cui si è consumato il blitz di Monza (gol nel recupero, due minuti dopo aver subito il pari) è la certificazione del ritorno del vecchio motto “fino alla fine”. Situazioni diverse, altri giocatori. Ora lo spirito bianconero è incarnato da Rabiot, leader tecnico ed emotivo della truppa e dal faccione di Gatti, ormai a tutti gli effetti un giocatore “da Juve”.
Lo scudetto è un sogno o una possibilità concreta? Stando alle parole di Allegri e Giuntoli l'obiettivo resta la qualificazione in Champions, ma nello spogliatoio il tricolore non è tabù. Lo ha rivelato Rabiot, lo fa capire Vlahovic quando ha detto che ci sono dei conti in sospeso, riferendosi al terremoto giudiziario della passata stagione. Certo davanti c'è l'Inter che viaggia a velocità molto sostenuta. Un elemento legato ai due allenatori potrebbe però fare la differenza: la pressione. Allegri è storicamente abituato a reggerla, vedi lo scorso anno e in generale nel periodo d'oro la consapevolezza di dover vincere perché “alla Juve è così”. Qualche dubbio invece resta su Simone Inzaghi. La sua squadra è partita sempre davanti nella griglia, ma finora niente scudetto. Quest'anno tutti definiscono l'Inter una corazzata quasi imbattibile. Il tecnico quindi è “obbligato” a vincere. Un altro fallimento difficilmente verrebbe tollerato.