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Pedro Emanuel: "Arabia Saudita, i soldi contano ma non solo. Conceicao uomo giusto per il Milan"TUTTO mercato WEB
venerdì 3 gennaio 2025, 12:15Serie A
di Ivan Cardia
fonte Inviato a Riyadh

Pedro Emanuel: "Arabia Saudita, i soldi contano ma non solo. Conceicao uomo giusto per il Milan"

A scuola da Mourinho, poi una carriera da allenatore giramondo. Pedro Emanuel è stato, da calciatore, uno dei pilastri difensivi del Porto che sorprese l'Europa. Oggi, dopo aver iniziato la propria carriera da tecnico in Portogallo e aver allenato anche a Cipro, in Spagna e in Egitto, guida l'Al-Fayha, club del massimo campionato saudita. TMW lo ha raggiunto a Riyadh, per farci raccontare gli sviluppi del calcio in Arabia Saudita e il suo pensiero sul nuovo Milan di Sergio Conceiçao, suo compagno di squadra al Porto in passato: “Sono qui dal 2018 (in foto premiato come miglior allenatore della stagione 2018/2019, ndr) e negli ultimi anni ho visto grandi sviluppi del campionato. Soprattutto con l'obiettivo dell'organizzazione della Coppa del Mondo nel 2034: stanno migliorando non solo le strutture, ma tutto quello che sta attorno alla competizione. L’Arabia Saudita vuole che il mondo consideri il suo calcio competitivo, non solo per i grandi giocatori che arrivano dall'estero, ma anche perché qui ci sono grandi squadre, che vincono le competizioni internazionali. I passi in avanti in questi sei anni, dal mio arrivo, sono stati sostanziali, soprattutto sulla qualità del nostro lavoro".

Le cose migliori e quelle più complicate per chi arriva dall'Europa?
"Penso che la parte più importante per un allenatore sia che ci permettono di fare il nostro lavoro, cioè prendere parte a tutte le decisioni sul club. Non ci considerano solo allenatori, ma manager a 360° e siamo coinvolti in tutto il processo decisionale, sfruttano le nostre conoscenze. La differenza poi la fanno i giocatori, ovviamente, e la parte economica è sicuramente motivo di attrazione. Per il resto, ovviamente, si vive in una cultura diversa: in Europa viviamo di giorno, in Arabia si vive soprattutto di sera e di notte. Ma l'obiettivo è migliorare i giocatori, soprattutto dal punto di vista di una mentalità competitiva e di una resilienza circa i nostri obiettivi. Io sono convinto che la nuova generazione di calciatori sauditi sarà più pronta, si investe tanto nei settori giovanili con un livello molto alto e questo darà i suoi frutti nel tempo".

Come giudica la stagione del suo club finora?
"Io sono arrivato a inizio dicembre, a campionato fermo. Non siamo in una buona posizione al momento, ma io e il mio staff siamo arrivati per aiutarlo a migliorare la propria classifica: spero che con qualche movimento a gennaio possiamo migliorare le nostre performance e i nostri risultati. Vogliamo evitare la retrocessione e approfitteremo anche del mercato in tal senso".

Sono i soldi ad attrarre calciatori e allenatori? O ci sono anche motivazioni sportive?
"Ovviamente l'aspetto economico è uno dei motivi principali per i quali i giocatori vengono qui. l'Arabia Saudita vuole portare il proprio campionato nella top ten mondiale, ma per farlo servono tempo e stabilità. C'è bisogno di buoni giocatori, che costano soldi: con questa combinazione si può migliorare la qualità del campionato e di conseguenza portarlo dove il Paese vuole che sia. I soldi sono una motivazione, ma la qualità sta salendo e c'è una prospettiva diversa: io sono arrivato nel 2018 e in quel momento della mia carriera cercavo qualcosa di diverso, che mi ha portato tanti soldi. Ora sono arrivato all'Al-Fayha e vedo un livello alto, sia di giocatori che di strutture, in modo che io e il mio staff, di sei persone, per cui si lavora bene. Non le dico bugie: i soldi contano, ma in questo momento la lega ha fatto grandi passi in avanti. Prima la trasmettevano 7-8 Paesi mediorientali, adesso si parla di oltre 100 Paesi nel mondo che trasmettono le partite all'estero".

La Serie A è molto seguita?
"Il campionato più seguito è la Premier League, è anche un modello organizzativo. Poi ci sono gli altri campionati".


Ha giocato con Conceicao al Porto, è l'uomo giusto per il Milan?
"Per me è stato un ottimo compagno ed è un grande amico. Oggi è un grande allenatore: le qualità che ha e le fantastiche stagioni che ha vissuto al Porto gli danno la tranquillità e gli standard di cui una squadra come il Milan ha bisogno per tornare a vincere. In sette anni al Porto, Sergio è migliorato tanto come allenatore: questo è l'obiettivo di qualsiasi tecnico, migliorare ogni giorno attraverso il proprio lavoro. Questa è una bella sfida per lui e penso che abbia aspettato una cosa del genere. Inoltre conosce bene il calcio italiano e la cultura, avendo giocato in Serie A per anni: parla la lingua, ha buoni giocatori. Ci sono tutte le condizioni perché possa lavorare bene".

Quanto è attesa in Portogallo la definitiva consacrazione di Rafael Leao?
"Tutti i portoghesi aspettano il momento in cui diventerà uno dei migliori giocatori al mondo. Ha qualità fantastiche, è un giocatore che può fare la differenza in qualsiasi squadra e contro qualsiasi avversario. Deve essere più continuo: so che ha avuto qualche infortunio, ma da tifoso portoghese e suo nello specifico posso dire che non vediamo l'ora. È nell'età giusta per diventare cruciale per il Milan e anche per la nazionale: credo che aiuterà Sergio a riportare i rossoneri nelle posizioni che vogliono raggiungere. È sempre stato un grande club e lo è tuttora, deve lottare sempre per i primi posti in classifica e in questa stagione finora non è successo".

E quali sono le aspettative dei tifosi portoghesi su Francisco Conceicao?
"È una situazione diversa, è una giovane promessa. Ha grandi qualità, diverse da quelle di Leao: è un giocatore da uno contro uno, mette più energia nella partita. Ci sono grandi aspettative su di lui, specialmente adesso che sta giocando nella Juventus dopo alcune buone stagioni al Porto. È un giocatore diverso, magari in questo momento non è una prima scelta per la nazionale, ma è sempre lì. È appassionato: può fare la differenza in quello che fa, ma deve ancora crescere e gli va dato tempo".

Quanto José Mourinho ha influenzato la sua carriera da allenatore?
"Parliamo dello Special One, da sempre. È un allenatore che ha sempre ispirato le persone attorno a sé affinché diventassero sempre migliori, sia i calciatori che gli allenatori. Ho imparato tantissimo da lui, è stato una delle ragioni per le quali ho pensato di diventare allenatore. Ti faceva capire il gioco, era una parte centrale del suo lavoro, e ti faceva pensare di poter vincere tantissimo. Cosa che gli è riuscita spesso, nella sua fantastica carriera, vincente in tanti Paesi. A volte le persone dimenticano quello che ha fatto".