
Bastoni: "Lautaro ha ragione: abbiamo i coglioni. Tanta invidia su di me, col Bayern..."
Barça-Inter è già iniziata, quantomeno nella testa di Alessandro Bastoni. Ai microfoni della Gazzetta dello Sport, che ha già rilasciato l'intervista che uscirà domattina sul cartaceo, il difensore racconta così le ore post-Bayern: "Continuano a chiedermi i biglietti senza sosta, per fortuna la mia famiglia ha preso i voli già di notte... (ride, ndr). Dopo il Bayern non ho dormito un granché: adrenalina a mille, ma queste notti insonni passano via volentieri. Non ho sognato nulla, ma c'era poco da sognare: la realtà era bellissima di suo, mi sono concentrato su quella!".
Nella geografia del cuore, dove la mette una notte così?
"Nella top 5 di quelle più belle vissute con l'Inter. Prima del turno tutti pensavano fosse scontata la qualificazione del Bayern, una favorita per la vittoria finale. Averlo eliminato significa essere una grande squadra".
Gol a Monaco dopo l'1-1, due reti dopo Kane a Milano: ha ragione Lautaro con quella storia dei coglioni?
"Sì, ce li abbiamo. Ma, soprattutto, noi siamo quelli che più crediamo in noi stessi. Al di là della percezione dell'Inter là fuori, qui dentro abbiamo tanta fiducia in noi stessi: sappiamo che, presi singolarmente, forse non siamo i migliori, ma che tutti insieme possiamo dar fastidio a chiunque".
Col Bayern ha vacillato per un momento?
"No, ho sempre pensato che ce l'avremmo fatta. È scattata la voglia di dimostrare al mondo che a questo livello non siamo arrivati per caso. Siamo entrati in campo così, consapevoli di passare il turno".
Riprovarci dopo Istanbul è una spinta in più?
"Sì, perché le nostre carriere non sono infinite e chissà quante altre volte ci ricapiterà di giocare una semifinale di Champions. È un'occasione che va colta, vogliamo rivivere le emozioni di Istanbul, però stavolta stando dall'altro lato... Faremo di tutto perché questo si avveri. E non è scontato essere già arrivati qua, tra le prime quattro. Sta un po' passando questo concetto e, invece no: non capita spesso a un'italiana di riuscirci, ma noi lavoriamo da quattro anni, ininterrottamente. Venti giorni di riposo in estate non sono certo una vacanza...".
La sua Inter-Bayern in una immagine sola.
"Torno all'andata, mi rimane dentro il gol del 2-1, quando l'inerzia era tutta per loro. Soprattutto dal punto di vista psicologico, è stato un segnale forte: l'1-1 non ci bastava. E credo che il Bayern questa cosa l'abbia capita e un po' subita".
Cosa c'è di speciale nell'Inter oltre "i due coglioni grandi così" citati da Lautaro?
"C'è grande qualità, grande tecnica. Nessuno in questi anni ci ha mai pressato come questo Bayern, ma sia all'andata che al ritorno siamo usciti sempre alla grande, con la palla, creando problemi a una squadra eccezionale. C'è la voglia di soffrire tutti insieme, attaccanti compresi, ma pure bel gioco".
Tra le 4 rimaste, l'Inter è l’unica che ha dimostrato di saper giocare in più modi. Concorda?
"Sì, sono d'accordo. E allargo il discorso: a livello individuale siamo inferiori alle altre tre semifinaliste, ma di squadra possiamo batterle tutte. E questo vale anche al contrario: se smettiamo di lavorare collettivamente, rischiamo di affondare sempre".
Dal suo lato sta arrivando il prodigio Lamine Yamal: come si fermano lui e il super Barça?
"Non lo so perché all'Europeo l'ultima volta non è andata benissimo... (ride, ndr). Il Barcellona ha un'identità precisa, magari concede qualcosa, ma contro di loro dobbiamo difendere da squadra. Abbiamo affrontato già grandi esterni, adesso Olise e Sané del Bayern, e nel girone quelli dell'Arsenal: serve il 100% dell'attenzione e il 100% della forma fisica, così potremo metterli in difficoltà".
Dove ha visto l'altro Barça-Inter, la semifinale del 2010?
"A casa mia, andata e ritorno. Ricordo solo l'agonia. Un'agonia totale".
Adesso il gioco è trovare similitudini tra voi e l'Inter del Triplete: vuole partecipare?
"Ci accomuna sempre la voglia di soffrire. Mi ricordo Samuel Eto'o quando tornava come un terzino, adesso quel lavoro lo fanno Lautaro e Thuram... Abbiamo la stessa capacità di restare uniti nelle difficoltà, di far male quando è il momento, di capire le tante partite all'interno di una stessa partita".
Per Transfermarkt lei è il difensore più costoso del mondo (85 milioni, ndr) e come "braccetto" sinistro l'ammirano tutti o quasi: non è strano che in Nazionale non giochi nel "suo" posto, ma debba slittare in mezzo?
"Nella stessa posizione c'è anche Calafiori, che è molto, molto bravo: l'idea del ct Spalletti è quella di mettere in campo tutta la qualità possibile e noi ci adeguiamo al suo credo. Riccardo è un bravissimo ragazzo, in azzurro siamo un gruppo sano e non c'è nessun problema".
Una chiusura su Olise a Milano, un'altra su Kane a Monaco: le dà fastidio che qualcuno abbia ancora dubbi su di lei come difensore puro?
"Questo è un giudizio molto italiano, qui c'è molta invidia, specialmente quando si parla di giocatori "nostri". Poi io guardo tantissime partite estere e noto che tanti definiti dei mostri in marcatura fanno più errori di me. Il discorso poteva essere giusto due o tre anni fa, quando certe mie lacune erano evidenti, però ci ho lavorato e sono migliorato: oggi quella definizione non mi appartiene più...".
Come e in cosa ha lavorato in difesa?
"Al video, vedendo ciò che sbagliavo, ma soprattutto nella testa. Era un problema mentale, spesso perdevo la concentrazione, non riuscivo a stare sul pezzo e determinato per 90'. Ho appena compiuto 26 anni e ho ancora margini per crescere, ma di certo nelle prime stagioni all'Inter non ero pronto al 100% sotto tutti i punti di vista. La dote che mi rende "diverso" resta sempre la capacità di creare gioco offensivamente: non so come sarà il difensore del futuro, ma sono orgoglioso di essere stato uno dei primi a cambiare il ruolo. Detto questo, so anche difendere: la vicinanza a duri come Skriniar, Acerbi, De Vrij e Pavard mi ha aiutato, ma è la testa che è cambiata".
Anche il fisico: ora sembra durare di più.
"Considerando anche la Nazionale, ho già giocato 54 partite. Il turnover è necessario, lo abbiamo capito tutti perché giocare al massimo ogni 3 giorni una gara decisiva è semplicemente impossibile. Inzaghi non guarda in faccia nessuno nelle rotazioni e questa mentalità ci ha portato qui dove siamo. In generale, penso che anche nel fisico la mia maturazione non sia ancora completata, arriverò al top a 28-29 anni".
Ma la stanchezza si sente comunque o subentra l'effetto adrenalina per andare oltre?
"Sì, più si gioca e più ci si esalta. A inizio stagione avremmo firmato per essere in semifinale di Champions e Coppa Italia e primi in campionato. Certo, la fatica si sente, ma è così bello scegliere... di non scegliere. Ce lo siamo detti all'inizio dell'anno, volevamo provarci in tutto".
Il prossimo può essere il mese della gloria, ma anche quello della polvere: se non arrivassero titoli alla fine, la stagione sarebbe comunque da festeggiare?
"Potenzialmente, potremmo arrivare secondi in tutte e tre le competizioni. Una stagione a queste altezze non può essere considerata deludente, anche guardando alle squadre che hanno speso tantissimo. Senza coppe, però, lo ammetto, un po' di amaro in bocca rimarrebbe".
Intanto, si inizia dal campionato: come sarà la Pasqua a Bologna?
"Andiamo lì con entusiasmo, ma va messa anche grande attenzione perché sono una squadra forte e fisica. Sarà dura, molto dura. Sappiamo di avere brutti ricordi a Bologna ma, al di là del passato, loro hanno dimostrato in lungo e in largo di valere nei piani alti della classifica".
A proposito di scudetto, uno dei più felici del vostro passaggio del turno sarà Antonio Conte, che vi vuole stanchi nella volata...
"Dite che era in Piazza Duomo a festeggiare (ride, ndr)? Scherzo, devo moltissimo a mister Conte. Fa il suo gioco, anche dal punto di vista dialettico, magari vuole nascondersi un po' per metter pressione a noi, ma prendiamo tutto molto tranquillamente. La nostra forza è guardare in casa nostra, anche quando ci massacravano tutti da fuori. Vogliamo prenderci questo scudetto, ma sappiamo che il Napoli lotterà con noi fino alla fine e non possiamo perdere punti per strada".
Al di là di quello che vediamo noi, qual è la dote che noi non conosciamo di Inzaghi?
"Riesce a essere a tutti gli effetti uno di noi: quando lo vedete entrare in campo, sbraitare, quelli per noi sono segnali forti che ci aiutano. Ce lo dimostra ogni giorno anche in allenamento: ha una passione, una grinta, un entusiasmo contagiosi. Quando sei un po' più stanco o arrabbiato, lui butta quella battuta lì che stempera le cose".
Lo chiamate Demone anche voi nel segreto dello spogliatoio?
"No, no, per carità...".
E a lei piace il soprannome Bastonbauer?
"Perché no? Mi tengo anche il Gerry inventato da Dimarco a Parma: dice che sono lungo come una giraffa, vai a capirlo".







