
Valentini: "Cantiere Italia ancora aperto. Juve? Non vorrei essere nei panni di Elkann..."
L'ex dirigente FIGC Antonello Valentini, ospite del consueto appuntamento con L'Editoriale, sulle frequenze di TMW Radio, ha commentato così le ultime prestazioni dell'Italia, eliminata ai quarti di Nations League dalla Germania: "Sono abbastanza realista. Nel primo tempo buio cosmico, una squadra che mi ha lasciato di stucco. Per fortuna dopo l'intervallo la musica è cambiata. Non dico che se ci avessero dato quel rigore avremmo vinto la partita, ma almeno ce la saremmo giocata la possibilità di qualificarci o andare almeno ai supplementari. Nel secondo tempo abbiamo visto una squadra presente. Quel gol da calcio d'angolo non l'ho mai visto, neanche a livello giovanile. Il cantiere però resta aperto, con Spalletti che deve continuare a lavorare sulle sue idee ma deve sempre più calarsi nel ruolo di selezionatore, che è molto diverso da quello di allenatore di un club. Qui devi assemblare il meglio che c'è. Abbiamo perso con la Germania già all'andata a Milano, con qualche ingenuità sulla formazione iniziale. Ora però Spalletti avrà modo di riflettere, perché è un tecnico intelligente e saprà dove agire. Serve essere più concreti e più esperti in altre partite. Maldini forse in una partita così delicata non gli si è fatto un piacere a schierarlo. Maggiore esperienza avrebbe consigliato una scelta più prudente. Detto questo la Nazionale non si può più permettere la mancata qualificazione ai Mondiali. Sarebbe una catastrofe non solo per il calcio ma per tutto il movimento sportivo".
Cosa serve?
"Torniamo sempre sul solito discorso, troppi stranieri è vero, ma non possiamo alzare un muro sui tesseramenti dei calciatori stranieri. Serve un discorso più ragionevole con club, allenatori e agenti, a cui fa comodo proporre giocatori dall'estero. Ci sono i vivai da tutelare e da rilanciare. Vedo molte squadre che preferiscono imbarcare delle 'carrettate' di giovani speranze e poi se ne viene fuori una su dieci è grasso che cola. La Federazione sta facendo tanto, si pensi che la scorsa settimana si sono giocate 15 partite delle nostre selezioni, soprattutto giovanili, vuol dire che il Club Italia per la cura e il rilancio dei giovani sta facendo molto. Ci vuole la collaborazione dei club e degli allenatori. Abbiamo un girone a 5 ora, dove la squadra più temibile, forse l'unica a dire il vero, è la Norvegia, che ha fatto già due partite. Non ha solo Haaland, ma anche altri giocatori impegnati in campionati europei, è una formazione organizzata, forte, ma non dobbiamo farci intimorire troppo. Non possiamo permetterci di scherzare con questa qualificazione. Va solo la prima direttamente, la seconda deve avventurarsi in un playoff che può diventare un incubo".
In Serie A non si dribbla più. Anche questa è una spia di un problema del calcio italiano, dove si lavora più sulla tattica che sulla tecnica
"E' vero. Siamo ossessionati dalla tattica, dalla costruzione dal basso, ma non è un totem. Bisogna tornare a dare più libertà mentale, affidarsi di più all'estro dei singoli o si finisce per ingessare le teste prima ancora dei piedi dei nostri giocatori. Ed è un danno che non porta a nulla di buono".
Quali sono le sue aspettative sul lavoro di Spalletti?
"Mi aspettavo che fossimo così. Il cantiere è ancora aperto ma da giugno serve una stretta. Spalletti ha avuto il tempo di guardarsi attorno, di fare esperimenti, però ora immagino che anche lui si renda conto che si debba stringere. Tocca a lui tirare le redini e cominciare a stringere il cerchio dei convocati, o si rischia di sperimentare sempre e non costruire mai dei blocchi".
Juventus, si cambia: dopo Motta arriva Tudor. Che ne pensa?
"Il problema di Motta? Secondo me è stato poco aiutato dalla società a inserirsi nel mondo Juve. E' diventato la vittima sacrificale di un progetto abortito. La Juve è in corsa per la Champions, obiettivo minimo di questo campionato, Tudor ha giocato con la Juve e conosce l'ambiente, io non so se è stata un'ottima mossa quello del cambio in corsa, però quello che è stato determinante è stato il rapporto pessimo con la squadra. Motta non è riuscito a creare quella sintonia con i giocatori che gli è stata fatale. L'addio di Motta deve rimanere la prima mossa di un progetto di ricostruzione che deve partire dai ranghi societari. Sono state fatte scelte a livello dirigenziale che gridano vendetta. C'è all'interno del gruppo un personaggio come Chiellini che ha conoscenze, carisma, esperienza, potrebbe essere un ottimo collante tra società e squadra e non capisco perché la società si ostini a sottovalorizzarlo".
Si è smontato però prima un gruppo mandando via diversi elementi di esperienza. Chi non voleva questa juventinità?
"Ripeto, il pesce puzza sempre dalla testa. Sono stati mandati via anche Kean, Soulé, Chiesa, Huijsen, sono state fatte scelte che Motta ha condiviso ma la società ha preso anche delle decisioni discutibili a livello di mercato e costruzione della squadra. Si è voluto cambiare, spero con l'accordo di Motta, ma si è cambiato male e in maniera poco accorta, tradendo il blasone e l'attaccamento alla maglia che sono stati sempre chiave per una società come la Juventus. Come è stato trattato Danilo dice tutto. C'è un problema anche di rapporti umani che non può essere sottovalutato".
Giuntoli dopo il ko con la Fiorentina ha detto che si credeva in Motta e che se ne doveva uscire insieme. E' curioso di sapere come mai questo cambiamento?
"Nelle cronache dei giornali, si è letto di parole grosse volate tra Giuntoli e Motta. Ma non c'è dubbio che la botta definitiva è arrivata dallo spogliatoio e da un pessimo rapporto tra allenatore e giocatori. Un aspetto che forse ha sottovalutato. Ma ripeto, Motta deve essere il primo tassello negativo di una ricostruzione che deve coinvolgere anche la società".
Si aspetta che rischi la sua posizione anche Giuntoli?
"Dico la verità, non vorrei essere nei panni di Elkann. Tra Stellantis, Ferrari e Juve i problemi sono tanti. Giuntoli non ha centrato gli obiettivi che la Juve si aspettava, servirà una riflessione molto seria. Certamente la Juve ha bisogno di una riorganizzazione sul piano dirigenziale, etico e dei rapporti umani"







