Il pari dello Stadium può riscrivere il futuro a breve termine di Inzaghi, non quello a lungo. A meno che...
Il sequel, per una volta, ha superato il primo film. Juventus-Inter esattamente come venti giorni fa: tra polemiche, espulsioni e baruffe. Ma con una sostanziale differenza: a esultare, questa volta, è la truppa di Inzaghi, che porta a casa - con una dose abbondante di buona sorte - un pareggio preziosissimo in ottica qualificazione e anche - o forse soprattutto - per il morale. Il calcio, come la vita, è governato da sliding doors che si materializzano quando meno te l'aspetti: chissà che questa volta sia stata l'Inter a imboccare il sentiero giusto, a livello di motivazioni e di mentalità ritrovata.
La sconfitta che stava maturando avrebbe gettato nello sconforto un ambiente già pesantemente incupito dagli ultimi risultati in campionato. Proprio per questo, il sollievo e l'esaltazione propagatisi dal rigore di Lukaku sono un balsamo per l'umore di squadra, staff, dirigenza, tifosi. Di tutti. Serviva una scossa di questo tipo, ed è arrivata. Sarebbe un errore credere che i problemi e i limiti di questa squadra possano essere spazzati via con un colpo di spugna. Non è così, non sarà così. Ma la botta di vita dello Stadium può e dev'essere il propellente che serviva per affrontare il rush finale con la giusta riserva d'energie, nervose ancor prima che fisiche.
Non si fa peccato a credere che a tirare il sospiro di sollievo più sonoro sia stato proprio Inzaghi. Simone rimane ovviamente sotto esame: per il suo futuro, anche quello a stretto giro di posta, saranno decisive la trasferta di Salerno e il confronto in Champions con il Benfica. Il momento resta delicatissimo, ma per le ragioni di cui sopra l'occasione di sfruttare l'inerzia mentale generata da un episodio del tutto fortuito come il mani di Bremer è troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, o anche solo per lasciare qualcosa di intentato. Ecco perché questo pareggio può riscrivere il futuro a breve termine di Inzaghi: un primo step è stato fatto, ne serviranno degli altri, e più sostanziali. Difficilmente, invece, ricalibrerà quello più a lungo raggio: nel denunciare la "discontinuità in campionato" prima del fischio d'inizio, Marotta ha fornito un primo indizio su quelle che saranno con ogni probabilità le valutazioni della società sul tecnico piacentino a fine stagione. A meno che la situazione non riprecipiti nelle prossime gare, e il cambio non si produca prima. A questo punto, per meritarsi la riconferma il prossimo anno, a Simone servirebbe un miracolo: vincere la Champions, ad esempio. Poco più di un'utopia, almeno a oggi. Conta però soltanto il presente, e nel cielo plumbeo di Appiano si è riaperto uno squarcio di sereno.