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Sulle onde del mercato. Fabrizio Ferrari si racconta: "Dalla pallavolo al calcio. Il Napoli, Fellaini e quel dj..."
Sulle onde del… calciomercato. Amante del surf, avvocato e procuratore sportivo. Sommando l’ordine emerge il quadro umano e professionale di Fabrizio Ferrari, noto agente di calciatori. Gli inizi al fianco di Claudio Vigorelli, poi Ferrari decide di immergersi nel mare del mercato fino a costruirsi una credibilità professionale che oggi lo ha consacrato a uno dei procuratori più conosciuti in ambito nazionale e credibili sull’onda internazionale che dimostra di cavalcare egregiamente. TuttoMercatoWeb.com lo ha incontrato a Palermo. Appuntamento al Molo Trapezoidale, nuovo quartiere marino del capoluogo siciliano. L’appuntamento è da Ciurma, nel cuore del nuovo quartier generale palermitano. Ferrari si racconta per la rubrica I giganti del calcio. Mettetevi comodi.
Ferrari, come inizia nel mondo del calcio?
“Nasco sportivo sin da piccolo, ho giocato a pallavolo da professionista, ho fatto tantissimi anni da pallavolista e mentre giocavo mi sono laureato in giurisprudenza. Sono diventato avvocato e nel 2000 e ho cominciato a lavorare come legale e consulente di alcuni giocatori di pallavolo, ho cominciato a stipulare dei contratti per loro e a un certo punto tramite varie conoscenze ho incontrato alcuni ragazzi del Ravenna, a cui serviva più di una consulenza legale. Serviva un procuratore. Ho avuto la fortuna di conoscere Natale Bianchedi, ai tempi osservatore di punta del Milan di Arrigo Sacchi e così grazie anche a Mingazzini che all’epoca era un calciatore di livello al punto che vinse anche il premio come uno dei migliori calciatori della Serie C mi sono approcciato all’agenzia di Claudio Vigorelli che collaborava con la coppia Fioranelli-Morabito. Nel 2006 invece ho aperto la mia agenzia, la FK Sport Management. Oggi la mia agenzia vanta diciannove anni di attività”.
Il suo primo primo trasferimento?
“Mohamed Sarr dal Treviso di Giovanni Gardini al Milan. Un trasferimento complesso che mi ha dato un’importanza decisiva anche nel lavoro con Claudio Vigorelli e la sua agenzia”.
L’emozione, i ricordi dei primi trasferimenti?
“L’approccio con Rino Foschi. Insieme a Vigorelli facevamo delle trattative con lui e io ogni volta che partecipavo agli incontri prendevo appunti. Vengo da una cultura da avvocato. Appuntavo qualsiasi cosa. Foschi mi chiese perché scrivessi… lì capì che le trattative bisognava farle più a voce che prendendo appunti con carta e penna. I primi due anni sono stati davvero un casino: confondevo facce e nomi”.
Comincia con Vigorelli e Morabito. Aveva un modello di riferimento?
“No perché all’epoca il procuratore non era mitizzato e pubblicizzato come adesso. Non gli si dava importanza sui media. Il mio modello del momento ovviamente era Claudio Vigorelli, però conoscendo inglese e francese ero già proiettato sul campo internazionale”.
Come si specializza nel calcio francese?
“Nasce tutto dal trasferimento di Camara dal Parma al Le Mans. Vedevo tante partite, in quel momento di agenti specializzati sul calcio francese c’era solo Oscar Damiani. C’era spazio per poter lavorare e così mi sono regalato una fetta di mercato che oggi è diventata la principale per la mia attività”.
Il suo trasferimento più bello?
“Ghoulam e Reveillere al Napoli mi hanno fatto fare uno scatto importante dal punto di vista della carriera professionale. Il Napoli stava diventando una squadra importante e aver portato a termine due affari di questo livello è stato motivo di slancio professionale”.
A proposito di Napoli. Se le dico Fellaini e dj… cosa le viene in mente?
“Una trattativa surreale. Cercavamo di tenere segreta la trattativa tra le parti. Era una richiesta specifica di Rafa Benitez. Incontro il Napoli in un posto segreto. Entriamo e… a Manchester c’era un dj napoletano. Ci fece a foto dopo quindici secondi eravamo su tutti i giornali. Il Manchester United si arrabbiò e non riuscimmo a portare avanti la trattativa”.
Il rimpianto?
"L’impatto di Anelka alla Juventus. Avevo trovato grandissimo entusiasmo da parte dei dirigenti della Juve, da Fabio Paratici e Antonio Conte. Era un giocatore straordinario, tanti ne decantavano le lodi. Aveva una personalità pazzesca. Ma non è riuscito ad imporsi con la Juventus. Come M’Vila all’Inter: calciatore clamoroso, a vent’anni giocava titolare in Francia. Due delusioni cocenti del mio lavoro”.
Se non fosse riuscito ad imporsi come procuratore? Insomma, si immagina dietro una scrivania a fare l’avvocato?
“No. Non saprei da che parte guardarmi a immaginare la mia vita senza il calcio. Lavorare in questo mondo è impagabile. Ti relazioni con persone giovani, è un ambiente dinamico che cambia sempre nei suoi uomini, nei protagonisti. Bello, davvero”.
Chi è Fabrizio Ferrari fuori dal calcio?
“Il lavoro ci prende tantissimo. Occupa gran parte della nostra vita. Però da quando ho messo su famiglia ho cercato di spostare il centro dei miei interessi più a Ravenna che a Milano e Parigi che erano le principali sedi della mia vita. Il mio divertimento più grande è stare con la mia famiglia e quando posso andare a fare surf. Quindi cerco di fare le vacanze in posti dove ci sono le onde”.
Si è anche dedicato al mondo dell’abbigliamento…
"Un modo per divertirmi, non per fare business. Trovavo divertente disegnare delle magliette a tema surf, quindi con mia moglie ci siamo divertiti con questa avventura”.
Dove si vede tra dieci anni?
"Il mio scopo nel creare l'agenzia era anche quello di poterle far avere una vita, non dico autonoma da me, ma comunque che potesse lavorare quasi indipendentemente dal fatto che io fossi presente 24 ore su 24. In futuro vorrei essere il direttore di FK avendo sul campo due-tre persone che possano lavorare per me negli spostamenti che so che a un certo punto dovranno forzatamente essere minori e dare quindi più responsabilità a degli elementi più giovani della mia agenzia che possano comandare”.
E il piccolo Ferrari lo vedremo nel calcio? Da calciatore o agente… in futuro?
“E’ molto più bravo di me a nuotare. Non credo. Per lui punto alle Olimpiadi del 2030 o giù di li (sorride, ndr)”.
Che consiglio dà a chi vuole avvicinarsi al suo mondo?
“Quello di essere preparati dal punto di vista professionale. Non concentrarsi soltanto sull’essere procuratori, il calcio ha bisogno di manager, direttori sportivi, generali, amministratori finanziari di alto livello. Bisogna essere manager, conoscere le lingue, essere preparati sul piano del scouting. Bisogna lavorare a tutto tondo. Consiglio di studiare. Ed essere sempre aggiornati”.
Ferrari, come inizia nel mondo del calcio?
“Nasco sportivo sin da piccolo, ho giocato a pallavolo da professionista, ho fatto tantissimi anni da pallavolista e mentre giocavo mi sono laureato in giurisprudenza. Sono diventato avvocato e nel 2000 e ho cominciato a lavorare come legale e consulente di alcuni giocatori di pallavolo, ho cominciato a stipulare dei contratti per loro e a un certo punto tramite varie conoscenze ho incontrato alcuni ragazzi del Ravenna, a cui serviva più di una consulenza legale. Serviva un procuratore. Ho avuto la fortuna di conoscere Natale Bianchedi, ai tempi osservatore di punta del Milan di Arrigo Sacchi e così grazie anche a Mingazzini che all’epoca era un calciatore di livello al punto che vinse anche il premio come uno dei migliori calciatori della Serie C mi sono approcciato all’agenzia di Claudio Vigorelli che collaborava con la coppia Fioranelli-Morabito. Nel 2006 invece ho aperto la mia agenzia, la FK Sport Management. Oggi la mia agenzia vanta diciannove anni di attività”.
Il suo primo primo trasferimento?
“Mohamed Sarr dal Treviso di Giovanni Gardini al Milan. Un trasferimento complesso che mi ha dato un’importanza decisiva anche nel lavoro con Claudio Vigorelli e la sua agenzia”.
L’emozione, i ricordi dei primi trasferimenti?
“L’approccio con Rino Foschi. Insieme a Vigorelli facevamo delle trattative con lui e io ogni volta che partecipavo agli incontri prendevo appunti. Vengo da una cultura da avvocato. Appuntavo qualsiasi cosa. Foschi mi chiese perché scrivessi… lì capì che le trattative bisognava farle più a voce che prendendo appunti con carta e penna. I primi due anni sono stati davvero un casino: confondevo facce e nomi”.
Comincia con Vigorelli e Morabito. Aveva un modello di riferimento?
“No perché all’epoca il procuratore non era mitizzato e pubblicizzato come adesso. Non gli si dava importanza sui media. Il mio modello del momento ovviamente era Claudio Vigorelli, però conoscendo inglese e francese ero già proiettato sul campo internazionale”.
Come si specializza nel calcio francese?
“Nasce tutto dal trasferimento di Camara dal Parma al Le Mans. Vedevo tante partite, in quel momento di agenti specializzati sul calcio francese c’era solo Oscar Damiani. C’era spazio per poter lavorare e così mi sono regalato una fetta di mercato che oggi è diventata la principale per la mia attività”.
Il suo trasferimento più bello?
“Ghoulam e Reveillere al Napoli mi hanno fatto fare uno scatto importante dal punto di vista della carriera professionale. Il Napoli stava diventando una squadra importante e aver portato a termine due affari di questo livello è stato motivo di slancio professionale”.
A proposito di Napoli. Se le dico Fellaini e dj… cosa le viene in mente?
“Una trattativa surreale. Cercavamo di tenere segreta la trattativa tra le parti. Era una richiesta specifica di Rafa Benitez. Incontro il Napoli in un posto segreto. Entriamo e… a Manchester c’era un dj napoletano. Ci fece a foto dopo quindici secondi eravamo su tutti i giornali. Il Manchester United si arrabbiò e non riuscimmo a portare avanti la trattativa”.
Il rimpianto?
"L’impatto di Anelka alla Juventus. Avevo trovato grandissimo entusiasmo da parte dei dirigenti della Juve, da Fabio Paratici e Antonio Conte. Era un giocatore straordinario, tanti ne decantavano le lodi. Aveva una personalità pazzesca. Ma non è riuscito ad imporsi con la Juventus. Come M’Vila all’Inter: calciatore clamoroso, a vent’anni giocava titolare in Francia. Due delusioni cocenti del mio lavoro”.
Se non fosse riuscito ad imporsi come procuratore? Insomma, si immagina dietro una scrivania a fare l’avvocato?
“No. Non saprei da che parte guardarmi a immaginare la mia vita senza il calcio. Lavorare in questo mondo è impagabile. Ti relazioni con persone giovani, è un ambiente dinamico che cambia sempre nei suoi uomini, nei protagonisti. Bello, davvero”.
Chi è Fabrizio Ferrari fuori dal calcio?
“Il lavoro ci prende tantissimo. Occupa gran parte della nostra vita. Però da quando ho messo su famiglia ho cercato di spostare il centro dei miei interessi più a Ravenna che a Milano e Parigi che erano le principali sedi della mia vita. Il mio divertimento più grande è stare con la mia famiglia e quando posso andare a fare surf. Quindi cerco di fare le vacanze in posti dove ci sono le onde”.
Si è anche dedicato al mondo dell’abbigliamento…
"Un modo per divertirmi, non per fare business. Trovavo divertente disegnare delle magliette a tema surf, quindi con mia moglie ci siamo divertiti con questa avventura”.
Dove si vede tra dieci anni?
"Il mio scopo nel creare l'agenzia era anche quello di poterle far avere una vita, non dico autonoma da me, ma comunque che potesse lavorare quasi indipendentemente dal fatto che io fossi presente 24 ore su 24. In futuro vorrei essere il direttore di FK avendo sul campo due-tre persone che possano lavorare per me negli spostamenti che so che a un certo punto dovranno forzatamente essere minori e dare quindi più responsabilità a degli elementi più giovani della mia agenzia che possano comandare”.
E il piccolo Ferrari lo vedremo nel calcio? Da calciatore o agente… in futuro?
“E’ molto più bravo di me a nuotare. Non credo. Per lui punto alle Olimpiadi del 2030 o giù di li (sorride, ndr)”.
Che consiglio dà a chi vuole avvicinarsi al suo mondo?
“Quello di essere preparati dal punto di vista professionale. Non concentrarsi soltanto sull’essere procuratori, il calcio ha bisogno di manager, direttori sportivi, generali, amministratori finanziari di alto livello. Bisogna essere manager, conoscere le lingue, essere preparati sul piano del scouting. Bisogna lavorare a tutto tondo. Consiglio di studiare. Ed essere sempre aggiornati”.

© foto di Federico Serra
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