FORZA MISTER, TI SIAMO VICINI. UNA SCONFITTA NON È UN DRAMMA. DOPO 10 RISULTATI UTILI PUO’ CAPITARE. NON DATO UN RIGORE NETTISSIMO SU 'GUD'. IL SOSPETTO? DUE NEL MEZZO SONO POCHI. UN INEDITO PRADÈ, UN ITALIANO ESAGERATO
Partiamo dalla vicinanza a Raffaele Palladino. Ieri mattina mentre stava facendo colazione gli hanno comunicato che sua mamma, la signora Rosa, era scomparsa. Un botta tremenda per il tecnico viola, uno choc che lo ha costretto a partire immediatamente per casa sua. Caro Mister, ti siamo vicini veramente. Sono solo parole, ma sentite in profondità.
La partita è cominciata così e sorvoliamo sul fatto che è un periodo tosto per la Fiorentina. I viola sapranno superare anche questo ostacolo. La gara è finita con una sconfitta della Fiorentina che si deve analizzare, ma non può essere vissuta come una catastrofe calcistica. Perché i viola venivano da 8 vittorie consecutive in A e sempre in campionato da 10 risultati utili. L’ultimo stop, fino a Bologna l’unico, era arrivato proprio 3 mesi fa, il 15 settembre a Bergamo. Due sconfitte ogni 15 partite possono essere una buona media: alla fine farebbero più o meno 5. Ce ne faremmo una ragione. Detto quindi che prima o poi, come la pioggia, una battuta d’arresto era da mettere in preventivo, si tratta adesso solo di guardare avanti e ripartire. Magari cercando di capire come sono maturate le cose.
Nel primo tempo ci è piaciuta più la Fiorentina del Bologna, stranamente rinunciatario, considerando la filosofia tattica di Italiano. I viola hanno avuto almeno 3 chance per segnare: prima con Gudmundsson, solo in area, tiro in diagonale e messo giù da Skorupski in uscita… è apparso un rigore nettissimo ed è inspiegabile come Fabbri non abbia fischiato. Sessanta secondi dopo ancora l’islandese protagonista, steso a pochi centimetri dall’area rossoblu da Pobega, giustamente ammonito. Prima dell’intervallo, ‘Gud’ ha servito Cataldi in solitaria davanti al portiere del Bologna, ma il viola si è fatto deviare la conclusione in corner. Dall’angolo di Adli testa di Kean, respinta di Skorupski sulla coscia di Beltran che non è riuscito a controllare il pallone. Il Bologna? Soltanto una possibilità per N’Doye, servito da Odgaard, col pallone finito vicino al palo di De Gea.
Una frazione così poteva far sperare e invece la Fiorentina stranamente è tornata in campo svagata, anzi assente. Calo fisico? Stanchezza mentale? O che altro? Ci può stare tutto dentro ad una stagione che fino ad adesso ha visto i viola viaggiare a 300 all’ora. Italiano ha indovinato la mossa giusta e ha cambiato la partita: dentro Ferguson per N’Doye infortunato, Odgaard spostato dalla trequarti in fascia sinistra e il brillante talento argentino Dominguez a destra. Dopo 15 secondi Castro ha centrato in pieno il palo e da quel momento in campo si è visto solo il Bologna. In tutto altre 4 occasioni nitide, con 3 parate splendide di De Gea, oltre al gol firmato da Odgaard. Ferguson e Dominguez hanno dominato, insieme ad Odgaard ed a un Bologna scatenato. Viene da pensare che una Fiorentina più in forma avrebbe creato più problemi agli uomini di Italiano. Adli e Cataldi hanno giocato al di sotto del loro rendimento, ma non hanno avuto nemmeno l’assistenza di Bove, centrocampista completo, anello di congiunzione tra i reparti, che sta mancando tantissimo alla Fiorentina. Per noi ora è insostituibile. Beltran si impegna, ma fa altro in campo. Sottil è bravissimo, ma è una punta. Morale: il sospetto è che la Fiorentina faccia fatica con due centrocampisti e basta dove infuria la battaglia. Citterio lo ha spiegato bene: “Fino a quando siamo corti e compatti, nessun problema, ma se ci allunghiamo facciamo fatica… Stiamo studiando delle soluzioni”. E’ il minimo.
Nessuna dramma, dunque. Si respira e si ricomincia. Iniziando da giovedì in Portogallo: ultimo appuntamento con la prima fase della Conference e siccome la classifica è intasata, i viola sono costretti a fare punti. Non sarà un picnic. Il Vitoria Guimares è davanti di una lunghezza alla Fiorentina. Una stagione è fatta di alti e bassi, importante è superare questi ultimi con freddezza.
Nel dopo partita ai microfoni dei canali di famiglia il diesse viola ha attaccato Italiano: “Non mi è piaciuto a fine gara il suo atteggiamento, non mi è piaciuta la sua esultanza di fronte ai nostri giocatori. L'ho trovata una mancanza di rispetto nei nostri confronti, nei confronti di Raffaele Palladino. Ce la teniamo dentro, e ho capito tante cose dell’uomo”. Un Pradè inedito. Di solito lo conosciamo per i suoi silenzi anche quando ci sarebbe da intervenire - vedi le dichiarazioni imbarazzanti del procuratore Giuffredi che non hanno trovato nessuna risposta ufficiale dal club - o per i suoi toni paludati. Stavolta abbiamo scoperto un Pradè incendiario. Ne prendiamo atto. Forse lui è scoppiato anche per storie pregresse con Italiano che non conosciamo o che soltanto immaginiamo. La speranza è che il dirigente viola possa trovare lo stesso animo battagliero pure in altri contesti.
E veniamo a Italiano. E’ un allenatore sicuramente molto preparato, i risultati ottenuti a Firenze e non solo, sono la testimonianza. Capiamo che per lui la Fiorentina sia un nervo scoperto e probabilmente dietro al suo addio ci sono tanti “non detto”. Comprendiamo pure che la voglia di vincere sia sacrosanta così come il desiderio di esternare la propria felicità. Ma ci sono modi e modi per farlo. Ognuno ha il proprio carattere, per carità, ma un allenatore che sogna una grande carriera, e Italiano è legittimato a farlo, deve sapersi contenere in panchina. Ancelotti, Ranieri o Prandelli, tanto per citarne tre molto famosi, tengono una postura serena e quando esultano non esagerano mai. Perché nell’esultanza ci sta anche il rispetto per l’avversario. Al netto che ieri era anche una giornata triste per la vicenda di Palladino. Talune indicazioni arrivate da Dodò e Ranieri fanno capire che i giocatori non ci sono rimasti bene. Italiano ha esagerato e quando ci ripenserà a mente fredda siamo certi che comprenderà. Per migliorare nella vita bisogna sbagliare, capita a tutti.