
Voleva essere un duro. E c'è riuscito. Dopo Kean c'è Ranieri, anche lui un gol l'ha segnato
Minuto diciotto. L'Atalanta spinge a vele spiegate e sfonda sulla destra con Zappacosta, fendente in mezzo e Ademola Lookman, come spesso gli accade da quando veste nerazzurro, sbuca da sotto le foglie girando a botta sicura col piattone. Le braccia del nigeriano fanno quasi il movimento di alzarsi in area per esultare, un riflesso incondizionato abortito da un intervento salvifico del capitano di casa: è Luca Ranieri, l'acchiappasogni, che con un'estirada disperata cancella un gol fatto. Il suo non è un intervento, è una stoppata cestistica. Come LeBron James su Iguodala nel 2016, il capitano viola oscura la vallata e ricaccia nella gola dell'avversario l'urlo del gol. Poi fa la faccia cattiva, come sempre. Quello dello spezzino rientra nella casistica degli "interventi che valgono un gol". Al pari della fuga a campo aperto di Moise Kean, anzi forse più importante perché avvenuto in un momento che poteva indirizzare tutto il pomeriggio del Franchi.
La stoppata sul pallone d'Oro africano in carica è il punto più luminoso di una partita enciclopedica del numero tre: Ranieri non sbaglia un intervento, in anticipo o di rincorsa. Controlla Lookman ma si divide anche Retegui con Pablo Marì. In generale, lavora alla perfezione di reparto, sia con lo spagnolo, sia con un sontuoso Marin Pongracic. E lo fa sempre col suo solito tratto distintivo: la faccia cattiva. Meno swag del compagno con le treccine, come Kean, Ranieri è allo stesso modo potenza (e prepotenza) in campo. Poi, rispetto al numero venti, il killer instict è diverso: lo si vede a metà ripresa, quando a pochi metri dal luogo dell'intervento su Lookman, il difensore viola cancella un altro gol, ma per i suoi, facendo il solletico da pochi passi a Carnesecchi, centrato al momento di una banalissima conclusione. Poco importa per lui, che il suo nell'altra metà campo l'ha fatto. Come capita da ormai inizio stagione a questa parte: perché se si escludono un paio di uscite a vuoto (una partita pessima all'andata con l'Atalanta, un errore da matita blu in casa contro l'Udinese a fine dicembre) il rendimento di Ranieri è costante e alto.
Raffaele Palladino lo ha scelto come capitano perché incarna alla perfezione lo spirito indomito che deve avere la sua squadra. E lui lo ripaga non solo con prestazioni da "bava alla bocca" a livello agonistico, ma anche con letture che dimostrano una crescita esponenziale - sono passati meno di tre anni da quando, al rientro dal prestito alla Salernitana, era considerato un esubero scritto nella rosa viola, adesso ha festeggiato le 100 presenze in carriera col giglio sul petto (sono 104 in tutto, ma la maglia celebrativa è stata consegnata ieri) -. Poi, è chiaro, c'è soprattutto l'attitudine. Adrenalina pura in ogni piega della partita, un contatto fisico coi compagni (presi a spallate, amichevolmente, dopo ogni chiusura) e trash-talking con gli avversari. Luca Ranieri è un bullo, come lo ha definito Michael Folorunsho in una storia Instagram. In senso positivo, perché sul rettangolo verde i bulli son concessi. Voleva essere un duro. E ci sta riuscendo. E ieri, per Lookman, è stato "Lo scippatore che t’aspetta nel buio", come canta Lucio Corsi.







