ESCLUSIVA - Ambrosini: "Il bel gioco alla fine ripagherà il Como"
TuttoCalcioComo.it ha raggiunto in esclusiva l'ex difensore biancoblu Cesare Ambrosini, 151 presenze dal 2011 al gennaio 2017 tra Serie B e C.
Ciao Cesare grazie di aver raccolto il nostro invito: ti chiedo subito un tuo giudizio sul Como, che tutti ammirano per il bel gioco. Ma il bel gioco alla lunga durerà?
"Io credo proprio di si, semplicemente perchè ogni squadra ha bisogno di avere una sua identità che ti salva soprattutto nei momenti di difficoltà, ancor di più in Serie A. Identità vuol dire anche saper difendere duramente in certe fasi della partita, come ha fatto in passato la Juventus di Allegri. Per esempio il Napoli di Maurizio Sarri faceva la stessa cosa rifugiandosi nel bel gioco, e per il Como pensare questo concetto è bello perchè crea molto piacere agli stessi tifosi".
Nico Paz è sulla bocca di tutti come la stella assoluta di questa squadra: ma secondo te c'è un altro nome che meriterebbe più risalto nel Como attuale?
"A me innanzitutto fa specie che la gente si meravigli delle qualità di Nico Paz. Obiettivamente è un giocatore del Real Madrid, cresciuto nel loro settore giovanile, quindi si stupisce solo chi non è del settore. Io sposterei l'attenzione anche su quei calciatori che giocano meno o che hanno portato il Como fin qui, mi vengono in mente Gabrielloni e Iovine di oggi, che la società ha fatto benissimo a riconfermare anche in Serie A".
Quest'anno ci sembra giusto parlare di lotta salvezza per il Como: secondo te con chi se la giocherà?
"Giustissimo parlare solo di salvezza, bisogna fare step-by-step anche se si dispone di grandi risorse economiche, perchè la crescita va fatta di anno in anno. La Serie A è sempre difficile, varia la lotta in ogni campionato: l'importante è che il Como faccia più punti possibili con chiunque, su chi lotterà per non retrocedere bisogna secondo me aspettare ancora qualche mese".
Capitolo stadio "Giuseppe Sinigaglia": giusto investire su di esso, oppure bisogna seguire il calcio moderno che vira verso impianti più sofisticati ed impone di abbandonare quelli vecchi?
"Io sono un nostalgico, quindi molti dei nostri stadi li reputo chicche dal punto di vista monumentale. Como non ha nulla da invidiare vista la location sul lago, e una richiesta non eccessiva di spazio per il pubblico. Giusto rinnovarlo con upgrade mirati, avrebbe più senso in uno stadio imponente come quello di Milano o Napoli, dove i numeri sono nettamente più alti. Il "Sinigaglia" merita di essere rimesso a nuovo, come è stato fatto negli impianti di Atalanta e Albinoleffe per esempio. Il Como perderebbe tantissimo a lasciare casa sua, è unica nel mondo".
I tuoi ricordi passati in maglia Como: dal più bello al più brutto.
"Eh, ne ho visti davvero tanti. Mi viene in mente il triplice fischio finale di Bassano nella finale playoff di Lega Pro del 2015, ma più che i momenti ti direi le persone, molte delle quali sento ancora oggi e vanno aldilà del calcio. Il più brutto è quando me ne sono andato da Como, per motivi che ancora oggi non ho voglia di spiegare e raccontare. L'unica cosa che posso dire è che le poche volte che ho litigato e alzato la voce, è sempre stato per un motivo superiore, ovvero il bene della squadra, della maglia e della città. Molte dirigenze con le quali mi sono scontrato, non avevano alcun interesse in quel senso. Cosa che invece c'è eccome nell'attuale società del Como, con cui mi sarei trovato senz'altro benissimo".
Nella tua lunga esperienza col Como, c'è un allenatore che ti ha lasciato quel qualcosa in più?
"Sicuramente Giovanni Colella, perchè per quanto potesse sembrare cinico e pungente agli occhi esterni, è stato il gestore migliore avuto, è stato colui che ha creato e plasmato il gruppo che poi avrebbe conquistato la promozione in Serie B con una squadra allestita con un quindicesimo di budget rispetto alle altre di allora. Inoltre era molto innovativo a livello tattico, elemento nascosto dal fatto caratteriale, che non è riuscito a smussare a quei tempi. È un allenatore che ne ha da dire, ha vinto anche in Albania venendo bollato troppo presto in Italia. Ancora oggi lo sento, e sono felice per lui".
Ma oggi cosa fa Cesare Ambrosini nel mondo del calcio?
"Adesso sono un procuratore, ho iniziato questa strada che mi piace molto. Spero di affermarmi con l'agenzia che mi ha già seguito nella mia carriera di calciatore, è una cosa stimolante lavorare coi giovani. Sono pronto ed affamato come allora".