PSG, prova di maturità fallita con l'Arsenal dopo il successo convincente col Girona: manca ancora personalità
Avvio di Champions League sull’altalena per il PSG di Luis Enrique. A inaugurare il nuovo corso dei parigini in Europa, segnato dalla – più o meno forzata – rinuncia ai fuoriclasse “globetrotter” da ingaggi faraonici a vantaggio di un collettivo più equilibrato e strutturato ruolo per ruolo, sono arrivati una vittoria e una sconfitta.
Minimo comune denominatore contro Girona e Arsenal: gli errori dei portieri
Entrambe le sfide, curiosamente, sono state caratterizzate da un minimo comune denominatore: gli errori clamorosi dei portieri. E se contro il Girona il PSG ha usufruito della topica colossale dell’estremo difensore argentino Gazzaniga, che proprio al 90’ ha consegnato su un piatto d’argento il successo a Marquinhos e compagni, per la legge del contrappasso nella trasferta londinese contro l’Arsenal due errori evidenti di Gianluigi Donnarumma hanno condannato l’undici di Luis Enrique.
Per il resto due partite completamente diverse tra di loro
Si è trattato, comunque, di due partite molto diverse. Contro il Girona, a fronte di un primo tempo poco convincente, il PSG è stato frenato dall’enorme mole di palle gol fallite nella ripresa (da Dembelé, come al solito impreciso e inconcludente, a Barcola e a Kolo Muani). Il successo per 1-0, seppur giunto in extremis e per una svista del portiere avversario, è parso dunque più che meritato. A Londra, viceversa, i francesi multimilionari hanno fallito il primo vero test della stagione. Una prova di maturità non superata, duole dirlo, anche per colpa di Donnarumma, quantomeno rivedibile nell’uscita “bucata” sul colpo di testa di Havertz e poi sorpreso dalla palla velenosa calciata da Saka dal lato corto di destra dell’area, che gli è sbucata davanti all’improvviso ma sulla quale avrebbe potuto essere più reattivo.
Senza i grandi big il fuoriclasse del PSG deve essere il collettivo
Ma, aldilà degli errori del portiere, il PSG in Inghilterra ha deluso anche sotto il piano del ritmo e dell’organizzazione di gioco, creando pochissime occasioni in fase offensiva e soffrendo, dalla cintola in giù, le folate dei Gunners di Mikel Arteta. Insomma, se è vero che a fronte delle partenze dei grandi big (ultimo in ordine di tempo Kylian Mbappé) il grande fuoriclasse dei transalpini dovrebbe essere il collettivo, Luis Enrique ha ancora parecchio da lavorare. Mancano infatti la personalità e la sicurezza tecnica necessarie per affrontare da protagonisti i big match a livello internazionale.