
Dea, la notte più amara. Ma i sogni non hanno cartellino rosso
Ci sono notti in cui tutto sembra scritto. Come se il destino, impietoso, decidesse di mettere un punto definitivo là dove si era abituati ai puntini di sospensione. Atalanta-Inter doveva essere l'appuntamento con la storia, ma rischia di essere ricordata come la notte che può aver spezzato i sogni di gloria della Dea.
A nove giornate dalla fine, quei sei punti dalla vetta pesano come un macigno, soprattutto se a precederti ci sono squadre che non sbagliano praticamente mai. Eppure, in una serata vissuta sul filo sottile di equilibri e occasioni, quel rosso a Ederson appare quasi come un colpo basso alla storia recente di questa squadra: l'arbitro Massa forse avrebbe potuto avere più sensibilità, forse poteva intuire che quell’applauso era nervosismo e non arroganza. Ma, a volte, anche il calcio sa essere spietato.
Ora, però, è vietato guardarsi indietro. L’Atalanta deve reagire immediatamente, rialzarsi e ritrovare sé stessa. Nove partite, 27 punti: ancora troppi per alzare bandiera bianca, soprattutto per chi, come Gian Piero Gasperini, ama trasformare l’impossibile in routine. Ma proprio il tecnico nerazzurro è l’altro grande tema sospeso di questa stagione: perché se il presente dice che il sogno è ancora lì, appeso a un filo sottilissimo, il futuro di Gasp resta un rebus che tiene sveglia un’intera città.
«Voglio stare dove sono felice», ha detto con tono deciso. E Bergamo, con i suoi tifosi, con il suo calore, è forse l’unico posto che oggi può regalargli quella felicità. Ma la sensazione che non tutto dipenda soltanto da lui, che ci sia qualcosa, dentro le dinamiche del club, che potrebbe incrinare l’incantesimo, c’è. E fa paura.
In fondo, il calcio vive di sogni, di momenti irripetibili, di piccoli dettagli che decidono tutto. Questa Atalanta, costruita su idee e coraggio, ha regalato emozioni immense e non può fermarsi proprio adesso. Perché i sogni – nonostante tutto – non vanno mai in fuorigioco, né tantomeno espulsi.







