
Trapani, abbiamo un problema. Ma non è il campionato falsato. La teoria del complotto come coperta di Linus
La quarta sconfitta consecutiva del Trapani apre ufficialmente lo stato di crisi in casa siciliana: l’ingresso nei playoff è ancora alla portata ma con sei gare rimaste da giocare il margine di errore si è ridotto di molto. Il presidente Antonini si sente accerchiato e nella sua narrazione non perde occasione di rimarcare come il campionato sia stato falsato dalla presenza di Taranto e Turris (nel calderone viene inserito pure il Messina, la cui situazione però, per quanto critica, è leggermente differente).
Verità incontestabile, viene oggettivamente difficile dargli torto su questo punto, ma non esiste alcuna congiura per danneggiare una società piuttosto che un’altra: se poi ci si allontana dal giardino personale per spostare lo sguardo in avanti, con l’occhio più lungo, a rimetterci da questa situazione è il sistema calcio inteso nel complesso.
Se, a un mese dal termine della regular season, la formazione granata si trova in questa situazione di classifica non è per chissà quale complotto ordito nei propri confronti. Forse un po’ di sana autocritica sarebbe più costruttiva per comprendere a fondo i reali motivi di un campionato fin qui inversamente proporzionale alla magnitudine delle promesse estive.
La controversa cessione a gennaio del miglior bomber su piazza ha fatto da spartiacque: se fino a quel momento, pur tra fisiologici alti e bassi, il bilancio era comunque accettabile trattandosi pur sempre di una formazione neopromossa per quanto ambiziosa, da allora in poi il rendimento è andato decisamente in picchiata verso il segno negativo: il gol è diventato un problema atavico da risolvere e adesso il rischio concreto è quello di veder sfumare l’obiettivo minimo.
Tutto sommato non sarebbe un dramma, perché un anno di transizione per chi viene dalla Serie D è nell’ordine delle cose, a patto di fare tesoro dei tanti errori commessi, sul piano tecnico e comunicativo: dalla gestione fin troppo disinvolta e in prima persona del calciomercato (allontanare il direttore sportivo Mussi col senno di poi non si è rivelata una scelta azzeccata) a quelle degli allenatori che si sono alternati in panchina, probabilmente i meno colpevoli in assoluto.
La Serie C è una categoria infame, nel senso buono del termine, con delle dinamiche differenti, incomprensibili per chi viene da altre realtà: la storia è piena zeppa di esempi e sta lì a dimostrare un principio divenuto ormai insindacabile, quasi scolpito nella pietra: non basta investire valanghe di soldi e accaparrarsi i top player (o presunti tali) per arrivare al risultato sperato. E molto spesso, per non dire sempre, il basso profilo paga più dei proclami esagerati.







