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Gli infiniti minuti dal Franchi all'ospedale. Bove è stato defibrillato in ambulanza
Sono stati attimi di puro terrore e di incredulità generale quelli vissuti al Franchi nel momento in cui Edoardo Bove, centrocampista della Fiorentina, è crollato da solo al suolo al minuto 17 della partita contro l'Inter. E l'edizione odierna di Repubblica - Firenze ricostruisce i minuti subito successivi al trasporto del calciatore sull'ambulanza.
Come prima cosa, per esempio, Bove è stato defibrillato dagli addetti sanitari presenti sul mezzo d'emergenza, prima dell'arrivo all'ospedale di Careggi in cui - si legge - il classe 2002 era già cosciente. La madre è la prima ad arrivare. Poi, pochi minuti più tardi, il padre. Scende dalla macchina correndo, la giacca stretta tra le mani e lo sguardo spaesato rivolto alle luci del pronto soccorso. "Sono il padre di Bove" riesce solo a dire, prima di attraversare il cordone di agenti a presidio dell’ingresso dell’ospedale. Passano pochi minuti e si precipitano la sorella, gli amici. I compagni di squadra e i dirigenti della Fiorentina, che poco prima l’avevano visto crollare sull’erba del Franchi. Un silenzio sospeso, nessuna parola, ma i volti raccontano l’angoscia per quei momenti.
Scorre il tempo e sopraggiunge un macchina che si ferma davanti agli agenti e un uomo chiede di salire le rampe destinate alle ambulanze: "Devo scaricare i dati del defibrillatore del calciatore". Quando viene diffuso il primo bollettino, che esclude danni acuti al sistema nervoso e cardio respiratorio, i volti sembrano farsi un po’ più distesi. "Uno di noi", dice un tifoso in modo quasi sommesso, con pudore. I giocatori se ne stanno in disparte, lontano dalle telecamere, fanno avanti e indietro a piccoli gruppi. Un altro tifoso osserva la scena a distanza, con l’aria di non vuole disturbare: "È un ragazzo, ha soltanto ventidue anni, deve riprendersi. Siamo tutti con lui". Un altro tifoso ancora, Fabio, dice: "Eravamo allo stadio, è stato un momento terribile, in uno stadio pieno per quella che doveva essere una giornata di festa. Sono cose che ti toccano, la speranza è che si riprenda presto".
Come prima cosa, per esempio, Bove è stato defibrillato dagli addetti sanitari presenti sul mezzo d'emergenza, prima dell'arrivo all'ospedale di Careggi in cui - si legge - il classe 2002 era già cosciente. La madre è la prima ad arrivare. Poi, pochi minuti più tardi, il padre. Scende dalla macchina correndo, la giacca stretta tra le mani e lo sguardo spaesato rivolto alle luci del pronto soccorso. "Sono il padre di Bove" riesce solo a dire, prima di attraversare il cordone di agenti a presidio dell’ingresso dell’ospedale. Passano pochi minuti e si precipitano la sorella, gli amici. I compagni di squadra e i dirigenti della Fiorentina, che poco prima l’avevano visto crollare sull’erba del Franchi. Un silenzio sospeso, nessuna parola, ma i volti raccontano l’angoscia per quei momenti.
Scorre il tempo e sopraggiunge un macchina che si ferma davanti agli agenti e un uomo chiede di salire le rampe destinate alle ambulanze: "Devo scaricare i dati del defibrillatore del calciatore". Quando viene diffuso il primo bollettino, che esclude danni acuti al sistema nervoso e cardio respiratorio, i volti sembrano farsi un po’ più distesi. "Uno di noi", dice un tifoso in modo quasi sommesso, con pudore. I giocatori se ne stanno in disparte, lontano dalle telecamere, fanno avanti e indietro a piccoli gruppi. Un altro tifoso osserva la scena a distanza, con l’aria di non vuole disturbare: "È un ragazzo, ha soltanto ventidue anni, deve riprendersi. Siamo tutti con lui". Un altro tifoso ancora, Fabio, dice: "Eravamo allo stadio, è stato un momento terribile, in uno stadio pieno per quella che doveva essere una giornata di festa. Sono cose che ti toccano, la speranza è che si riprenda presto".
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